TRIBUNALE
DI FIRENZE
La N.V. Sabena S.A., con
sede in Belgio in av. E. Mounierlaan, Brussels, ha chiesto provvedimento
cautelare ex artt. 700 c.p.c., 63 R.D. 21/06/42, n. 929.
Sosteneva di essere titolare di marchio internazionale ''Sabena'', registrato l’08/10/93, valido anche in Italia e di avere, tra la fine del 1999 e l’inizio dell’anno successivo, deciso di pubblicizzare e commercializzare i propri servizi in Italia anche attraverso un sito internet, realizzato appositamente per l’utenza italiana. Fra le regole adottare dalla Naming Aythority italiana figura il principio first come, first served, per effetto del quale un determinato domain name può essere registrato a nome di un unico soggetto, che ne diventa detentore esclusivo, e viene assegnato in base alla priorità cronologica della richiesta. Principio derivante in modo necessario dallo stesso protocollo di comunicazione utilizzato da internet, basato su una sequenza numerica univoca (IP number) tale da rendere possibile l’identificazione e l’accesso del computer cui sia assegnato un determinato IP number alla generalità di tutti gli altri computer connessi in rete. Per agevolare l’utilizzo della rete, la navigazione, all’IP number è stato affiancato un altro sistema, il DSN (Domain name System), basato sulle lettere dell’alfabeto con le quali possono essere composte parole anche di senso compiuto, quali nomi, denominazioni identificative di organizzazioni, imprese, etc.. In applicazione del principio first come, first served, la Registration Authority italiana rigettava la domanda di registrazione del nome formulata dalla ricorrente per attivare il proprio sito internet, in quanto il nome a dominio www.sabena.it risultava già essere stato assegnato in data 26/01/2000, alla agenzia A&A di Castellani Alessio. Chiedeva quindi che venisse vietato alla predetta l’uso in qualsiasi forma, anche sulla rete internet, del marchio ''Sabena'', vietando l’utilizzazione del nome di dominio internet www.sabena.it; che le venisse ordinato di rinunciare all’assegnazione del domain name www.sabena.it, con fissazione di una penale per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento; in subordine, o nel caso di mancata spontanea ottemperanza, ordinare alla Registration Authority italiana di revocare l’assegnazione del domain name www.sabena.it alla Agenzia A&A di Castellani Alessio e registrarlo a nome della ricorrente.
Inaudita altera parte veniva emesso decreto con
cui si inibiva a Castellani Alessio l’utilizzo del nome di dominio da lui
registrato www.sabena.it.
Venivano ritualmente convocate le parti e l’Agenzia A&A di Castellani
Alessio si costituiva contestando in diritto quanto dedotto dall’avversaria.
Veniva quindi concesso ulteriore termine per il deposito in cancelleria di
memorie e repliche.
Punto nevralgico della decisione, nella presente sede cautelare,
è lo stabilire se esista nell’ordinamento italiano il diritto di registrare un
domain name corrispondente al proprio marchio, così tutelandolo, pretermettendo
ed estromettendo chi abbia già validamente registrato quello stesso domain name
in precedenza.
Le norme di internet costituiscono un ordinamento fondato su regole di contenuto
strettamente tecnico. Fra queste il ricorrente stesso ha ricordato la regola
dell’unicità del dominio ed il principio, adottato dalle Autorità che
provvedono alla registrazione dei nomi a dominio, del first come, first served.
Non vi è dubbio che, in quanto genericamente attività umana, anche la produzione
e presentazione di pagine o siti sul web non sfugga a regole dell’ordinamento
giuridico generale, relative per es. all’ordine pubblico o al buon costume,
salve, naturalmente, le enormi difficoltà di attuazione ed esecuzione di
qualunque tutela, data la caratteristica costitutiva di internazionalità della
rete. Siti inneggianti al nazismo, per esempio, ben potrebbero essere considerati
contrari all’ordine pubblico e conseguentemente sanzionati. Ma, come si vede,
ne deriverebbe esclusivamente una questione di contenuti di un determinato sito
web. Cosa diversa, invece, è considerare lo stesso domain name, traduzione in
qualche modo testuale dell’IP number, come parte di una sfera individuale tutelabile
ovvero sanzionabile e, in ogni caso, giuridicamente rilevante.
Giurisprudenza e dottrina largamente maggioritarie hanno ritenuto in effetti
che tale debba essere considerata la registrazione di un dominio, ritenendo
conseguentemente applicabile la legge sui marchi, anche in sede di cautela. La
dottrina, tuttavia, ha di gran lunga prevalentemente esaminato la questione
partendo dalle posizioni della tutela del marchio nel diritto industriale,
dalle posizioni di impresa. La domanda che più frequentemente risulta dai contributi
presenti sullo steso web è: come può essere tutelato il marchio anche su
internet? E si è data una risposta nel senso che sia possibile considerare il
domain name parte integrante fra gli elementi individuativi della persona,
parte del patrimonio personale. Occorre invece, a questo punto, domandarsi se
sia forse qualcosa di più che insolito, strano, curioso o bizzarro che
Registration Authority e Naming Authority, gli organismi che consentono a
internet di esistere e svilupparsi, considerino invece il domain name alla
stregua di un mero indirizzo, un mero numero di telefono, sia pure tradotto in
lettere alfabetiche. L’elemento funzionale, operativo, non sembra affatto poter
essere semplicemente obliterato. Il domain name è l’indirizzo internet di un
computer collegato alla rete. Le pagine del sito internet prodotte dal soggetto
che utilizza quel computer esporranno al pubblico l’attività di quel soggetto,
offriranno i suoi servizi on line, esibiranno la sua denominazione. Mediante il
domain name solamente si raggiungerà quel sito, non diversamente, si potrebbe
opinare, da quanto avviene raggiungendo un certo numero civico di una certa via
per andare a trovare qualcuno o comporre un numero di telefono per parlare con
una data persona. Il beneficio di potersi far raggiungere dall’utente-cliente
digitando direttamente un nome sulla form del browser è relativo e opinabile e
non tale da rendere comunque indefettibile e tutelabile la corrispondenza fra
marchio e dominio. L’utente esperto, infatti, sa perfettamente della possibile
non corrispondenza, in un’infinità di casi, fra dominio e marchio o
denominazione d’impresa esposti e corrispondenti al sito cui vuole collegarsi.
L’utente inesperto, che voglia comunque raggiungere il sito di un’impresa determinata,
per esempio per fruire dei suoi servizi on line, potrà altrettanto se non più
agevolmente reperirlo partendo da uno degli innumerevoli portali oggi esistenti
ovvero, come impone la normale consultazione del web da quando questo esiste,
attivando la ricerca da uno dei numerosissimi motori. Ciò in quanto la visibilità
e reperibilità di un determinato sito internet è data essenzialmente dal suo
contenuto, fra cui anche il marchio e/o la denominazione d’impresa, non meno
che dal domain name. E che corrispondenza fra marchio o denominazione di impresa
non vi sia in una infinità di casi è facilmente verificabile, appunto, con una
semplice ricerca su un apposito motore, come, per quanto attiene ad esempio al
comparto bancario, risulta manifesto per i siti del Banco Ambrosiano Veneto
(www.ambro.it), del Credito Italiano (www.credit.it), dell’Istituto di Credito
San Paolo di Torino (www.sanpaolo.it) e della Banca di Roma (www.bancaroma.it),
così come si può constatare dalle stampe che seguono. In sostanza, la corrispondenza
marchio-dominio, non è un bene assoluto, non è un valore assoluto e, soprattutto,
non è un principio positivamente sancito nel nostro ordinamento, tanto che
moltissime imprese, consce delle possibilità che la rete offre ben al di là della
corrispondenza di cui si discute, puntano su altro, cioè sulla qualificazione e
apprezzamento del proprio sito, sui servizi offerti on line, sui collegamenti
ad altri siti e/o servizi comunque utili per l’utenza. Tanto che, proprio per
regolare il settore, sono stati recentemente predisposti dei disegni di legge
già presentati al Parlamento. Ma finché internet in Italia non è regolata,
normata ed in qualche modo inclusa nell’ordinamento giuridico generale, questo
Giudice è convinto che gli aspetti operativi, tecnici e logici propri del
Domain name System prevalgano sull’utilità che la singola impresa può ricavare
dalla corrispondenza nome-dominio; che tali aspetti operativi, tecnici e logici
assimilino più il domain name ad un indirizzo che ad un segno identificativo di
un soggetto. Questo Giudice è convinto, in sostanza, che la funzione del Domain
name System sia quella di consentire a chiunque di raggiungere una pagina web
e, in quanto mezzo operativo e tecnico-logico, non può porsi per esso un
problema di violazione del marchio di impresa, della sua denominazione o dei
suoi segni distintivi. È d’altra parte la natura interattiva di internet, la
cui effettiva dimensione non sembra essere stata ancora valutata a pieno, che
desta perplessità in relazione ai precedenti giurisprudenziali. Non si digita
un nome sulla form del browser di navigazione per arrivare ad ogni sito
desiderato come si cambia canale TV premendo un tasto, né si può pretendere che
la rete sia o che diventi così, date le sue proprie caratteristiche di unicità
del dominio ed il conseguente principio first come, first served per la
registrazione del domain name, che non è qui in discussione. Soprattutto il
processo di reperimento del sito non si può pretendere che sia sempre e
necessariamente diretto dall’esterno rispetto all’utente, cioè dalle imprese
che riuscissero, in ipotesi, tutte quante a registrare il dominio corrispondente
al proprio marchio. Il fumus non sussiste, il ricorso dovrà essere
rigettato, l’inibitoria concessa revocata ed il ricorrente condannato alle
spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
visti gli artt. 669 septies,
c.p.c
il ricorso e per l’effetto revoca il proprio precedente
decreto in data 12-13/04/00.
Pone le spese del presente procedimento, che liquida in complessive
£.1.200.000, di cui £ 100.000 per spese.
Firenze lì 29/06/00
Il Giudice
Roberto Monteverde