Il preliminare del preliminare

 

Pierluigi Milite

 

 

 

 

Secondo l’opinione tradizionale, il contratto preliminare, riconosciuto ma non definito dall’art.1351 c.c., è un contratto mediante il quale una o più parti si obbligano alla stipulazione di un successivo contratto, detto definitivo (1).

Le parti ricorrono al contratto preliminare, quando, avendo determinato almeno i termini essenziali di un affare conveniente, intendono "fermarlo", in vista della futura conclusione di un contratto definitivo. Questo interesse al rinvio si ha tipicamente in due situazioni. La prima, è quella in cui le parti, raggiunto l’accordo su alcuni elementi essenziali, intendono vincolarsi senz’altro a concludere l’affare, che al momento non sia realizzabile (ad es. edificio in costruzione). La seconda ipotesi è quella in cui una almeno delle parti, pur essendo già giunta ad una valutazione definitiva della convenienza economica dell’affare, ritiene opportuno compiere determinati accertamenti e controlli sui presupposti di validità e di regolarità del contratto.

Il preliminare con obbligo di una parte sola (preliminare unilaterale) ha, invece, una funzione prossima a quella dell’opzione, e, cioè, permettere al soggetto beneficiario di speculare sulle fluttuazioni del mercato, fino all’ultimo giorno utile per l’esercizio del diritto. Fini speculativi non sono, peraltro, estranei ai contratti preliminare bi- e plurilaterali, come ad esempio nel caso in cui si eviti il doppio trapasso di proprietà e le doppie spese contrattuali, facendo intercorrere il contratto definitivo tra l’originario venditore ed il definitivo compratore, fra i quali lo speculatore è inserito.

Il contratto preliminare si è affermato nella pratica di tutti i paesi, ben prima che i legislatori lo regolassero e che la dottrina lo classificasse. Esso è sempre più chiamato a rispondere alle esigenze di una realtà economica in cui le tecniche di contrattazione sono in costante mutamento. Un settore in cui tale istituto trova costante applicazione è quello delle compravendite di beni immobili, nelle quali l’intervento delle c.d. agenzie immobiliari ha dato vita ad un tipo di negoziazione molto articolata. Con la sentenza n.9837, del 15 settembre 1999, la Suprema Corte di Cassazione (2), ha riconosciuto la legittimità, dal punto di vista civilistico, della previsione in sede di contratto preliminare di compravendita della possibile attuazione, a richiesta del promissorio acquirente, della vendita in forma indiretta, attraverso la consegna del bene, il pagamento del prezzo ed il rilascio di una procura irrevocabile a vendere, diretto a soddisfare l’interesse dell’acquirente, che abbia concluso il contratto preliminare per fini speculativi e miri a rivendere il bene, evitando il doppio trasferimento e la connessa duplicazione degli oneri tributari.

Normalmente, tuttavia, l’attività negoziale immobiliare, che si svolge quasi sempre sotto l’egida delle predette agenzie, si snoda attraverso cinque fasi: a.- nella prima fase, colui che ha intenzione di alienare un immobile conferisce all’intermediario l’incarico di ricercare un acquirente e sottoscrive un primo modulo, con il quale vincola l’immobile ai fini di una futura compravendita; b.- nella seconda fase, l’intermediario fa sottoscrivere ad uno o più potenziali acquirenti un altro modulo denominato proposta irrevocabile di acquisto (di regola tale sottoscrizione è accompagnata dal versamento di una somma di danaro da parte del sottoscrittore); c.- nella terza fase, l’aspirante venditore accetta la proposta di acquisto che gli appare più favorevole ed in seguito a tale accettazione si forma la fattispecie definita come preliminare di preliminare; d.- la quarta fase, è quella della stipulazione del preliminare vero e proprio, di regola presso un notaio; e.- infine, nella quinta fase, viene stipulato il contratto definitivo di vendita per atto pubblico (3).

La irrevocabilità della proposta è destinata ad operare solo sul piano obbligatorio, poiché i moduli, forniti dalle agenzie, prevedono espressamente la possibilità che essa venga revocata, ricollegandovi come unico effetto la perdita della somma loro versata, prevista al solo fine di non far sfuggire alle agenzie medesime il controllo dell’affare, nel quale esse operano come nuncii delle parti, che sono riuscite a porre in contatto.

La fase dell’iter esaminato che ha dato, e tuttora dà, luogo ad ampi dibattiti giurisprudenziali e dottrinari è la terza e, cioè, quella in cui il venditore sottoscrive la proposta di acquisto del potenziale acquirente. E’, infatti, molto discussa la natura e la validità del contratto cui le parti danno vita in tale ipotesi. Dalla scrittura privata sottoscritta da entrambe risulta evidente il raggiungimento di un accordo, che nella sequenza tipica, contratto preliminare – contratto definitivo, viene a porsi come un anello intermedio, in forza del quale le parti si obbligano alla futura stipulazione non del contratto definitivo, bensì di un contratto preliminare, senza essere sottoposti alla possibilità di una esecuzione in forma specifica, ma sottostando, per il suo perfezionamento, al vincolo della forma scritta ad substantiam (4). Si vengono così a prospettare due tipi di contratto preliminare: uno, il primo, aperto o informale, l’altro, il successivo, chiuso o formale. La giurisprudenza (5) sembra propendere per l’inammissibilità nel nostro ordinamento del c.d. preliminare del preliminare. In particolare, si afferma con risolutezza che nel caso di specie non ricorrerebbe la causa tipica del contratto preliminare e la mancanza di una concreta giustificazione causale ed economica concreta, in grado di offrirne una legittimazione ai sensi dell’art.1322 c.c., determinerebbe la nullità dell’accordo stipulato. La funzione economica tipica del preliminare formale, di vincolare le parti alla futura conclusione del contratto definitivo e, dunque, di "fermare l’affare" in attesa che il compratore reperisca il denaro e svolga ogni indagine necessaria sul cespite oggetto della compravendita, non giustificherebbe la creazione di un contratto, anch’esso preliminare, che impegni le parti non alla stipula di un definito, bensì di un nuovo preliminare.

Tale giurisprudenza esprime la tendenza ad usare il metodo decisionale della tipizzazione. Mediante questo metodo, che si legittima in base al principio che al giudice compete la qualificazione giuridica del contratto come opera di applicazione della norma al fatto, si mira a ricondurre ogni ipotesi di rapporto negoziale atipico ad un rapporto tipico. La ricerca del tipo spesso induce a non recepire le nuove figure generate dalla prassi ed, anzi, a porvi un fiero ostacolo nel nome della certezza dei rapporti giuridici. Ma la previsione legislativa di tipi negoziali svolge, invece, un ruolo d’integrazione della volontà delle parti allo scopo, non tanto di garantire una regolamentazione univoca e costante dei rapporti economici o di soddisfare un’esigenza di certezza del diritto, quanto, piuttosto, per sopperire alle normali e diffuse carenze dei privati ad esprimere e concordare un compiuto regolamento di interessi nel momento in cui intendono concludere l’affare (6). Nel caso del c.d. preliminare del preliminare, la predetta giurisprudenza ha guardato con ostilità al nuovo strumento creato dai privati e, una volta ritenuto che esso non fosse da inquadrare nel tipo contratto preliminare, si è limitata ad affermare che la funzione che concretamente sarebbe stata destinata a svolgere non era meritevole di tutela.

Concorda con essa parte della dottrina (7), la quale sottolinea come sia da escludere l’ammissibilità di una serie di vincoli, che non avvicinino progressivamente alla conclusione della fattispecie definitiva. Così, si è affermato che il contratto preliminare, quale contratto meramente obbligatorio avente ad oggetto la stipulazione d’un futuro contratto, in tanto può avere una funzione in quanto il contratto, di cui prevede la stipulazione, sia idoneo a produrre effetti diversi, più intensi o più specifici di quelli offerti dal preliminare, cosa che non si verifica allorché il secondo contratto abbia la identica portata obbligatoria del primo: il primo o il secondo contratto sarebbe inutile (8). Tale risposta negativa è, però, temperata, da chi ammette la possibilità che un contratto preliminare possa prevedere la conclusione di un’altra fattispecie preliminare (es. preliminare di opzione), che determini una intensificazione del vincolo tra le parti in prospettiva di un futuro pieno soddisfacimento dei rispettivi interessi finali (quindi, sarebbe inammissibile un’opzione di preliminare). Dunque, una successione di contratti preliminari non potrebbe mai corrispondere ad un interesse concreto delle parti e non troverebbe riscontro nella realtà del traffico giuridico (9), anzi essa sminuirebbe la irrevocabilità dell’impegno di concludere il definitivo ed il contratto preliminare si ridurrebbe a poco più di una dichiarazione di trattativa (10). Il c.d. preliminare aperto, infatti, non sarebbe eseguibile in forma specifica ai sensi dell’art.2932 c.c., poiché tale eseguibilità sarebbe, comunque, implicitamente (11) o esplicitamente esclusa dal titolo.

Alcuni autori, pur vedendo nel preliminare del preliminare una inutile tappa intermedia dell’attività di negoziazione, hanno cercato, tuttavia, di offrirne una interpretazione, che ne consentisse in qualche modo la conservazione, ma senza mai distaccarsi dalla figura tipica del contratto preliminare, anzi cercando di qualificare la fattispecie in esame in modo tale da individuare in essa un valido preliminare. Così, si è affermato, che il difetto della causa tipica riscontrabile nella fattispecie non deve portare automaticamente alla nullità definitiva ed assoluta del contratto medesimo, potendosene prevedere, ai sensi dell’art.1424 c.c., la conversione in un contratto preliminare ordinario. Essendo il preliminare del preliminare sicuramente nullo, sarebbe, quindi, possibile interpretare la volontà delle parti come solo apparentemente intesa ad obbligarsi alla futura conclusione del preliminare formale. In realtà, il primo accordo integrerebbe un preliminare vero e proprio, cui dovrà seguire la sottoscrizione di un definitivo. Il contratto c.d. preliminare aperto non sarebbe, dunque, altro che un vero e proprio contratto preliminare eseguibile in forma specifica ex art.2932 c.c., mentre il successivo c.d. preliminare chiuso, sarebbe in realtà un contratto definitivo, che le parti si impegnano a concludere per atto notarile, ai fini della trascrizione (12).

In una differente prospettiva, si è ipotizzato che il secondo preliminare, quello c.d. chiuso, sia previsto solo come riproduzione del preliminare c.d. aperto, che verrebbe, quindi, anche in tal caso a porsi come l’unico vero preliminare, nel quale sono contestualmente previsti due obblighi: l’obbligo di concludere un contratto definitivo e l’obbligo di ripetere nella forma dell’atto pubblico il preliminare concluso (13).

Tali soluzioni ermeneutiche non tengono, tuttavia, nel dovuto conto la effettiva volontà manifestata dalle parti contraenti, che nella fattispecie in esame hanno espresso, in forma espressa e scritta, l’intenzione di volersi impegnare per la stipulazione di un contratto preliminare e non di un contratto definitivo, in grado di dare finale soddisfacimento ai propri interessi. Non si può parlare di mera puntuazione o minuta, che si limiti a fissare i punti del futuro contratto, obbligando soltanto alla continuazione delle trattative (14), né di contratto preparatorio, che determini in maniera irrevocabile gli elementi essenziali del futuro contratto, vincolando alla osservanza del regolamento, ma non alla stipula di altro contratto (15). Indubbiamente, il c.d. preliminare aperto contiene tutti gli elementi che l’art.1325 c.c. considera necessari, perché vi sia un contratto, poiché l’immobile viene compiutamente descritto, il prezzo è specificato ed il destinatario è indicato, sia pure per relationem. Proprio per la completezza del suo contenuto sorge il problema di affermarne l’autonomia dal successivo preliminare chiuso o formale, che, altrimenti, non avrebbe più alcuna giustificazione causale. Infatti, una volta qualificata la fattispecie come contratto, le parti rimarrebbero vincolate non solo a quanto esse stesse hanno pattuito, ma anche alle conseguenze che da tale contratto derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità, sulla base dell’art.1374 c.c.. Pertanto, il c.d. preliminare aperto, anche a non volerlo considerare nullo, presentando tutti gli elementi essenziali del contratto finale, sarebbe da ritenere, come visto sopra (16), un perfetto contratto preliminare eseguibile in forma specifica, anche se le parti si fossero riservate di contrattare su clausole accessorie, su cui interverranno, invece, la legge, gli usi e l’equità. L’imperatività dell’art.1374 c.c. sembrerebbe, pertanto, un insuperabile ostacolo alla ammissibilità nel nostro ordinamento di un preliminare di un preliminare, inquadrato nello schema tipico tradizionale. Rimanendo nella prospettiva che impone la necessaria individuazione del contratto tipico, si è osservato, tuttavia, che non può restringersi il campo di applicazione del preliminare nell’obbligo della successiva stipula del contratto definitivo, potendosi ipotizzare il preliminare di qualsiasi altro tipo contrattuale o di qualsiasi contratto innominato (17). Così, l’autonomia privata potrebbe scegliere liberamente di far precedere il definitivo da laboriose trattative, consacrate in sequenze successive di più preliminari e, secondo un autore (18), ove le parti non prevedessero l’obbligo di stipulare un contratto definitivo, non potrebbe che ipotizzarsi un preliminare del preliminare, purchè "si rispetti la diversità di fattispecie nell’iter progressivo di avvicinamento al compiuto regolamento di interessi. L’unico requisito che possa richiedersi in un siffatto iter è, infatti, che la fattispecie preliminare preluda ad una fattispecie che, nell’avvicinarsi maggiormente alla formazione della fattispecie definitiva, non sia identica a quella precedente" (19). Ma, abbiamo visto sopra, come la tesi della intensità crescente del vincolo contrattuale sia stata già prospettata, ma in relazione ad atti negoziali, aventi differente giustificazione causale e non soltanto un differente contenuto materiale (20), che sembra, effettivamente, non in grado da solo di sottrarre il contratto originario ad una nullità per mancanza della causa.

Una parte della giurisprudenza (21) sta, tuttavia, consolidando, in maniera sempre più determinata, una nuova chiave di lettura della fattispecie in esame. E’ in particolare, la scuola napoletana che continua nel tentativo di delineare una sua giustificazione causale, sulla base dell’art.1322 c.c.. Così, è stato da ultimo affermato, che deve ritenersi del tutto ammissibile e meritevole di tutela nel nostro ordinamento, in virtù del principio dell’autonomia della volontà negoziale, il c.d. contratto preliminare del preliminare, qualora lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato dell’iter progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi, "ben potendo le parti dapprima addivenire ad un contratto in cui siano precisati i soli elementi strettamente essenziali della stipulanda vendita (cosa, prezzo, modalità di pagamento, etc.), indi ad un contratto che, pur non costituendo vendita definitiva, puntualizzi dettagliatamente e con precisione tutti gli elementi della stessa per poi, infine, giungere alla stipula della vendita definitiva con effetti reali". La scrittura privata redatta dalle parti conterrebbe, dunque, un contratto atipico a contenuto ed effetti obbligatori, diretto alla successiva stipulazione del contratto preliminare di compravendita immobiliare, un contratto, cioè, avente una sua autonoma funzione economico-sociale, che, a compravendita conclusa, consentirà, comunque, di inquadrarlo nel più vasto e complesso iter avente come punto di arrivo la stipulazione del contratto di compravendita. Tale orientamento sembra stia iniziando a superare gli angusti confini del distretto napoletano, atteso che una recentissima pronuncia del Tribunale di Firenze afferma la nullità della convenzione intercorsa tra mediatore ed un potenziale acquirente in base alla quale è stabilito l’obbligo di quest’ultimo di corrispondere al mediatore medesimo una somma a titolo di provvigione in virtù della mera conclusione del preliminare del preliminare, che viene implicitamente considerato contratto valido e non suscettibile di esecuzione in forma specifica, così da non integrare un’ipotesi di conclusione dell’affare ai sensi dell’art.1755 c.c., ristretta dalla giurisprudenza (22) ai soli casi in cui le parti possano ottenere ope iudicis gli effetti del contratto (23). Una sentenza del Tribunale di Genova statuisce, inoltre, che l’accordo qualificato come preliminare di contratto preliminare determina la nascita di un vincolo giuridico, comunque tale vincolo voglia definirsi (24).

Le ragioni per cui procedere alla stipula di più negozi atipici prima di giungere alla stipula del contratto definitivo sono sicuramente diverse e valide e la loro utilità pratica è rivelata dall’interesse che possono avervi le parti, che è sicuramente vario. Nelle trattative che intercorrono con le agenzie immobiliari, il contenuto dei contratti sottoscritti è di solito predefinito dal mediatore, cosicché la previsione della conclusione di un successivo preliminare formale avrebbe la concreta funzione di consentire un maggiore approfondimento dell’operazione contrattuale, attraverso l’eventuale intervento di un professionista, notaio o avvocato, che permetta di definire tutti gli elementi del contratto.

Nella interpretazione della fattispecie fornita dai giudici napoletani, rimane, tuttavia, la difficoltà di appurare, caso per caso, quando le parti abbiano effettivamente inteso superare lo "schema contrattuale tipico" offerto dal legislatore (25).

Dalla lettura della scrittura privata, da entrambe sottoscritta e denominata preliminare del preliminare, sembrerebbero non esservi dubbi che l’unica volontà da loro espressa sia quella di concludere un futuro contratto preliminare. Le interpretazioni conservative (26), sopra esposte, che individuano in tale fattispecie il vero preliminare, chiuso e formale, e nel successivo atto una mera ripetizione ovvero addirittura un definitivo, non si vede da dove possano desumere la volontà delle parti in tal senso. Quest’ultime espressamente si impegnano soltanto a concludere un nuovo contratto preliminare e non un contratto finale. L’art.1351 c.c. prevede che il preliminare deve avere a pena di nullità la stessa forma del definitivo, cosicché nei casi in cui sia richiesta la forma scritta ad substantiam, tale forma deve essere rivestita anche dal preliminare. E’ massima ricorrente in giurisprudenza quella secondo cui il requisito della forma scritta a pena di nullità è soddisfatto solo quando il documento sia posto in essere al fine specifico di manifestare la volontà delle parti e, più in particolare, si afferma che "ove per un determinato negozio sia richiesta la forma scritta ad substantiam, il relativo requisito può dirsi soddisfatto solo quando il documento costituisca l’estrinsecazione formale diretta della volontà contrattuale delle parti e sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà". La manifestazione di volontà diretta ed espressa presente nell’atto sottoscritto dalle parti è una soltanto e non due o più, per cui se essa non è volontà di impegnarsi per la stipulazione di un futuro preliminare, ma è volontà di impegnarsi a stipulare un contratto definitivo, con eventuale ulteriore impegno a ripetere in forma pubblica il preliminare perfetto, è evidente che ciò può solo desumersi implicitamente, ma in tal caso il preliminare, ritenuto valido, dovrebbe essere nullo per mancanza di forma. Non rimarrebbe, dunque, che giungere, per diversa via, alla soluzione offerta dalla giurisprudenza contraria all’ammissibilità nel nostro ordinamento del c.d. preliminare del preliminare: nullità assoluta del contratto concluso.

Invero, rimanendo legati allo schema del preliminare tradizionale non si riuscirà mai a superare le conseguenze che esso comporta. Non ci si potrà limitare ad individuare una regolamentazione sempre più capillare (27), perché sugli elementi accessori può intervenire l’art.1374 c.c. e, inoltre, la possibilità di ricorrere al rimedio previsto dall’art.2932 c.c. non si può escludere se non espressamente. La soluzione prospettata dalle Corti Napoletane sembra l’unica in grado di consentire di varcare il guado in mezzo al quale ci si viene a trovare non volendo rinunciare allo schema tipico, pur rendendosi, tuttavia, conto dell’importanza pratica che potrebbe rivestire un accordo relativo alla futura stipula di un preliminare.

Una ulteriore utilità in tal senso è messa ben in evidenza dalle nuove norme dettate in materia di trascrizione del contratto preliminare (28). Infatti, entrambe le parti o una di esse potrebbero avere interesse alla stipulazione concreta di un accordo, che imponga la conclusione di un contratto preliminare dinanzi al notaio al fine di poter ottenere la trascrizione prevista dall’art.2645 bis c.c..

Quindi, una scrittura privata che preveda l’obbligo delle parti contraenti di concludere un determinato contratto preliminare dinanzi ad un notaio, va inquadrato nel campo dei contratti atipici con efficacia obbligatoria sicuramente meritevole di tutela ex art.1322 c.c. La giurisprudenza e la dottrina che nè lo inquadrano nello schema del contratto preliminare, nè lo ritengono meritevole di tutela, non considerano la profonda duttilità dello strumento negoziale in esame. Esso, invece, è in grado di offrire soddisfazione a tutti quegli interessi concreti ai quali le parti non potrebbero dare attuazione ricorrendo allo schema tipico.

E’ dunque, da ritenere che il c.d. preliminare del preliminare sia un contratto atipico, che presenta la sua effettiva idoneità a realizzare interessi privati concreti, da rilevare, caso per caso, nella prospettiva di dare in futuro vita a nuove figure contrattuali.

 

NOTE

 

[1] C. M. BIANCA, Diritto Civile, 3, Il contratto, 1999, 185; P. TRIMARCHI, Istituzioni di diritto privato, Milano,198, 311; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1994, 620; F. MESSINEO, Dottrina generale del contratto, Milano, 1952, 199; ID., Contratto preliminare, in Enc. Dir., Milano, 1962, X, 166; A. TORRENTE, Manuale di diritto privato, Milano, 1997, 472; L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1958, 278; R. SACCO, La preparazione del contratto, in Trattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, Torino, 1982, 10, 361; G. GABRIELLI, Contratto preliminare, in Enc. Giur., Roma, 1997; A. CHIANALE, Contratto preliminare, in Digesto Discipline privatistiche, Sez. Civile, 276; P. FORCHIELLI, Contratto preliminare, Nov. Dig., Torino, 1959, IV, 683.

[2] In Notariato, 2000, 10.

[3] AA. VV., Dalle proposte di acquisto al preliminare formale. Analisi di una prassi immobiliare, in Quaderni del Notariato, Milano, 1995..

[4] Cass., 5 marzo 1987, n.2325, pronunciata in tema di prelazione è da ritenere esprima un principio applicabile anche alla fattispecie in esame "Il patto di prelazione concernente una vendita immobiliare, in quanto (sia pur obbligatoriamente) vincola la libera disponibilità del bene, richiede le forma scritta ad substantiam".

[5] Pret. Bologna, 9 aprile 1996, in Giur. It., 1997, 1, II, 540; Trib. Napoli, 21 febbraio 1985, in Diritto e giur., 1986, 725; Trib. Napoli, 23 novembre 1982, in Giust civ., 1983, I, 283; Trib. Salerno, 23 luglio 1948, in Diritto e giur., 1949, 101; Trib. Napoli, 30 luglio 1947, n.2298.

[6] U. MAJELLO, I problemi di legittimità e disciplina dei negozi atipici, in Riv. dir. civ., 1987, 487.

[7] F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, 826.

[8] A. MARTINI, Profili della vendita commerciale e del contratto estimatorio, Milano, 1950, 78.

[9] E. PEREGO, I vincoli preliminari e il contratto, Milano, 1974, 124.

[10] A. SACCO, Il contratto, Torino, 1975, 683.

[11] Si ritiene che l’esclusione dell’eseguibilità ex art.2932 c.c. "non debba essere espressa, ma possa anche essere desunta se pure in maniera poco equivoca, dalla valutazione complessiva delle circostanze. Il fatto che si faccia espresso riferimento alla necessità di una scrittura privata ulteriore che definisca compiutamente il contenuto del contratto implica, a nostro avviso, la volontà di escludere che, fintanto che con questa scrittura privata non ci si sia in concreto confrontati, possa operare il rimedio giurisdizionale" TASSINARI, Dalle proposte di acquisto al preliminare formale. Analisi di una prassi immobiliare, in Riv. del notariato, 1994, 55. Contra Cass., 26 novembre 1971, n.3445, in Rep. Foro it., 1971, 708.

[12] G. GABRIELLI, Contratto preliminare. Sintesi di informazione, in Riv. dir.div., 1987, II, 422; P. CARBONE, Contratto preliminare di preliminare: un contratto inutile?, in Diritto e giur., 1995, 464; Pret. Firenze, 19 dicembre 1989, in Giur Merito, 1990, 466.

[13] Pret. Bologna, 9 aprile 1996, in Giur. It., 1996, 1, II, 540, con nota conforme di F. A. MAGNI, Puntuazione di contratto, preliminare e preliminare di preliminare.

[14] C. M. BIANCA, op. cit, 233; CANDIAN, Sulla formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., 1916, 54. Cass., 22 agosto 1997, n.7857, in Corr. giur., 1998, 113..

[15] TAMBURRINO, I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto, Milano, 1954, 111. L’unica differenza tra il contratto normativo ed il contratto preparatorio sta nel fatto che, mentre il contratto normativo è diretto a regolare una serie, quanto meno potenziale, di rapporti, il contratto preparatorio opererebbe analogamente, ma riguardo ad un unico futuro contratto.

[16] In entrambe le ipotesi il primo contratto è un preliminare valido, solo che mentre nell’ una il contratto preliminare prevede solo l’obbligo di concludere un successivo contratto definitivo (Gabrielli, Carbone), nell’altra esso conterrebbe due obblighi: quello di stipulare il definitivo e quello di ripetere in forma pubblica il preliminare concluso (Magni).

[17] F. CARNELUTTI, Dottrina generale del contratto, 1952, 199.

[18] M. D’AMBROSIO, Contratto preliminare e contratto definitivo. Contratto preparatorio e preliminare del preliminare, in Riv. del notariato, 1980, 1546.

[19] Pretura Bologna, 9 aprile 1996, in Giur. It., 1997, 1, II, 540.

[20] E. PEREGO, op. cit., 126.

[21] Trib. Napoli, 28 febbraio 1995, n.2039, in Diritto e giur., 1995, 463; Trib. Napoli, 11 gennaio 1994, in Diritto e giur., 1996, 501; Trib. Napoli, 8 maggio 1991; Trib. Napoli, 19 febbraio 1992; Trib. Napoli, 19 dicembre 1986 n..595/87; App. Napoli n.1796 del 1990; App. Napoli, 11 ottobre 1967, in Diritto e giur., 1968, 550.

[22] Cass., 22 agosto 1953, n.2833; Cass., 23 gennaio 1962, n.101; Cass., 7 marzo 1964, n.486. Contra Cass., 18 giugno1981, n.3980.

[23] Trib. Firenze, 10 luglio 1999, in Gius, 2000, 6.

[24] Tribunale Genova, 7 settembre 1993, in Giur. It, 1995, I, 2, 530.

[25] E. CAMILLERI, Dal preliminare ai preliminari: la frammentazione dell’istituto e la disciplina della trascrizione, in Contratto impresa, 1999, 98. Secondo l’autore, il contratto preliminare più che come contratto tipico sia da configurare come uno, sfornito di una propria causa e destinato di volta in volta a colorarsi causalisticamente in base ala funzione economico sociale del diverso contratto prescelto.

[26] Gabrielli, Carbone da un lato e Magni dall’altro.

[27] A tale interpretazione, tuttavia, sembra ancora legata la giurisprudenza napoletana, quando parla di elementi essenziali.

[28] D.l. 31 dicembre 1996, n.669, convertito nella L. 28 febbraio 1997, n.30 con modifiche.