Il
preliminare del preliminare
Pierluigi
Milite
Secondo l’opinione tradizionale, il
contratto preliminare, riconosciuto ma non definito dall’art.1351 c.c., è un
contratto mediante il quale una o più parti si obbligano alla stipulazione di
un successivo contratto, detto definitivo (1).
Le parti ricorrono al contratto
preliminare, quando, avendo determinato almeno i termini essenziali di un
affare conveniente, intendono "fermarlo", in vista della futura
conclusione di un contratto definitivo. Questo interesse al rinvio si ha
tipicamente in due situazioni. La prima, è quella in cui le parti, raggiunto
l’accordo su alcuni elementi essenziali, intendono vincolarsi senz’altro a
concludere l’affare, che al momento non sia realizzabile (ad es. edificio in
costruzione). La seconda ipotesi è quella in cui una almeno delle parti, pur
essendo già giunta ad una valutazione definitiva della convenienza economica
dell’affare, ritiene opportuno compiere determinati accertamenti e controlli
sui presupposti di validità e di regolarità del contratto.
Il preliminare con obbligo di una parte
sola (preliminare unilaterale) ha, invece, una funzione prossima a quella
dell’opzione, e, cioè, permettere al soggetto beneficiario di speculare sulle
fluttuazioni del mercato, fino all’ultimo giorno utile per l’esercizio del
diritto. Fini speculativi non sono, peraltro, estranei ai contratti preliminare
bi- e plurilaterali, come ad esempio nel caso in cui si eviti il doppio trapasso
di proprietà e le doppie spese contrattuali, facendo intercorrere il contratto
definitivo tra l’originario venditore ed il definitivo compratore, fra i quali
lo speculatore è inserito.
Il contratto preliminare si è affermato
nella pratica di tutti i paesi, ben prima che i legislatori lo regolassero e
che la dottrina lo classificasse. Esso è sempre più chiamato a rispondere alle
esigenze di una realtà economica in cui le tecniche di contrattazione sono in costante
mutamento. Un settore in cui tale istituto trova costante applicazione è quello
delle compravendite di beni immobili, nelle quali l’intervento delle c.d.
agenzie immobiliari ha dato vita ad un tipo di negoziazione molto articolata.
Con la sentenza n.9837, del 15 settembre 1999, la Suprema Corte di Cassazione
(2), ha riconosciuto la legittimità, dal punto di vista civilistico, della
previsione in sede di contratto preliminare di compravendita della possibile
attuazione, a richiesta del promissorio acquirente, della vendita in forma indiretta,
attraverso la consegna del bene, il pagamento del prezzo ed il rilascio di una
procura irrevocabile a vendere, diretto a soddisfare l’interesse
dell’acquirente, che abbia concluso il contratto preliminare per fini
speculativi e miri a rivendere il bene, evitando il doppio trasferimento e la
connessa duplicazione degli oneri tributari.
Normalmente, tuttavia, l’attività
negoziale immobiliare, che si svolge quasi sempre sotto l’egida delle predette
agenzie, si snoda attraverso cinque fasi: a.- nella prima fase, colui che ha
intenzione di alienare un immobile conferisce all’intermediario l’incarico di
ricercare un acquirente e sottoscrive un primo modulo, con il quale vincola
l’immobile ai fini di una futura compravendita; b.- nella seconda fase,
l’intermediario fa sottoscrivere ad uno o più potenziali acquirenti un altro modulo
denominato proposta irrevocabile di acquisto (di regola tale sottoscrizione è accompagnata
dal versamento di una somma di danaro da parte del sottoscrittore); c.- nella
terza fase, l’aspirante venditore accetta la proposta di acquisto che gli
appare più favorevole ed in seguito a tale accettazione si forma la fattispecie
definita come preliminare di preliminare; d.- la quarta fase, è quella della
stipulazione del preliminare vero e proprio, di regola presso un notaio; e.-
infine, nella quinta fase, viene stipulato il contratto definitivo di vendita
per atto pubblico (3).
La irrevocabilità della proposta è
destinata ad operare solo sul piano obbligatorio, poiché i moduli, forniti
dalle agenzie, prevedono espressamente la possibilità che essa venga revocata,
ricollegandovi come unico effetto la perdita della somma loro versata, prevista
al solo fine di non far sfuggire alle agenzie medesime il controllo
dell’affare, nel quale esse operano come nuncii delle parti, che sono riuscite
a porre in contatto.
La fase dell’iter esaminato che ha dato,
e tuttora dà, luogo ad ampi dibattiti giurisprudenziali e dottrinari è la terza
e, cioè, quella in cui il venditore sottoscrive la proposta di acquisto del
potenziale acquirente. E’, infatti, molto discussa la natura e la validità del
contratto cui le parti danno vita in tale ipotesi. Dalla scrittura privata
sottoscritta da entrambe risulta evidente il raggiungimento di un accordo, che
nella sequenza tipica, contratto preliminare – contratto definitivo, viene a
porsi come un anello intermedio, in forza del quale le parti si obbligano alla
futura stipulazione non del contratto definitivo, bensì di un contratto
preliminare, senza essere sottoposti alla possibilità di una esecuzione in
forma specifica, ma sottostando, per il suo perfezionamento, al vincolo della
forma scritta ad substantiam (4). Si vengono così a prospettare due tipi
di contratto preliminare: uno, il primo, aperto o informale, l’altro, il
successivo, chiuso o formale. La giurisprudenza (5) sembra propendere per
l’inammissibilità nel nostro ordinamento del c.d. preliminare del preliminare.
In particolare, si afferma con risolutezza che nel caso di specie non ricorrerebbe
la causa tipica del contratto preliminare e la mancanza di una concreta
giustificazione causale ed economica concreta, in grado di offrirne una
legittimazione ai sensi dell’art.1322 c.c., determinerebbe la nullità
dell’accordo stipulato. La funzione economica tipica del preliminare formale,
di vincolare le parti alla futura conclusione del contratto definitivo e,
dunque, di "fermare l’affare" in attesa che il compratore reperisca
il denaro e svolga ogni indagine necessaria sul cespite oggetto della
compravendita, non giustificherebbe la creazione di un contratto, anch’esso
preliminare, che impegni le parti non alla stipula di un definito, bensì di un
nuovo preliminare.
Tale giurisprudenza esprime la tendenza
ad usare il metodo decisionale della tipizzazione. Mediante questo metodo, che
si legittima in base al principio che al giudice compete la qualificazione
giuridica del contratto come opera di applicazione della norma al fatto, si
mira a ricondurre ogni ipotesi di rapporto negoziale atipico ad un rapporto
tipico. La ricerca del tipo spesso induce a non recepire le nuove figure
generate dalla prassi ed, anzi, a porvi un fiero ostacolo nel nome della
certezza dei rapporti giuridici. Ma la previsione legislativa di tipi negoziali
svolge, invece, un ruolo d’integrazione della volontà delle parti allo scopo,
non tanto di garantire una regolamentazione univoca e costante dei rapporti
economici o di soddisfare un’esigenza di certezza del diritto, quanto,
piuttosto, per sopperire alle normali e diffuse carenze dei privati ad
esprimere e concordare un compiuto regolamento di interessi nel momento in cui
intendono concludere l’affare (6). Nel caso del c.d. preliminare del
preliminare, la predetta giurisprudenza ha guardato con ostilità al nuovo
strumento creato dai privati e, una volta ritenuto che esso non fosse da inquadrare
nel tipo contratto preliminare, si è limitata ad affermare che la funzione che
concretamente sarebbe stata destinata a svolgere non era meritevole di tutela.
Concorda con essa parte della dottrina
(7), la quale sottolinea come sia da escludere l’ammissibilità di una serie di
vincoli, che non avvicinino progressivamente alla conclusione della fattispecie
definitiva. Così, si è affermato che il contratto preliminare, quale contratto
meramente obbligatorio avente ad oggetto la stipulazione d’un futuro contratto,
in tanto può avere una funzione in quanto il contratto, di cui prevede la
stipulazione, sia idoneo a produrre effetti diversi, più intensi o più
specifici di quelli offerti dal preliminare, cosa che non si verifica allorché
il secondo contratto abbia la identica portata obbligatoria del primo: il primo
o il secondo contratto sarebbe inutile (8). Tale risposta negativa è, però,
temperata, da chi ammette la possibilità che un contratto preliminare possa
prevedere la conclusione di un’altra fattispecie preliminare (es. preliminare
di opzione), che determini una intensificazione del vincolo tra le parti in prospettiva
di un futuro pieno soddisfacimento dei rispettivi interessi finali (quindi,
sarebbe inammissibile un’opzione di preliminare). Dunque, una successione di
contratti preliminari non potrebbe mai corrispondere ad un interesse concreto
delle parti e non troverebbe riscontro nella realtà del traffico giuridico (9),
anzi essa sminuirebbe la irrevocabilità dell’impegno di concludere il definitivo
ed il contratto preliminare si ridurrebbe a poco più di una dichiarazione di
trattativa (10). Il c.d. preliminare aperto, infatti, non sarebbe eseguibile in
forma specifica ai sensi dell’art.2932 c.c., poiché tale eseguibilità sarebbe,
comunque, implicitamente (11) o esplicitamente esclusa dal titolo.
Alcuni autori, pur vedendo nel
preliminare del preliminare una inutile tappa intermedia dell’attività di
negoziazione, hanno cercato, tuttavia, di offrirne una interpretazione, che ne
consentisse in qualche modo la conservazione, ma senza mai distaccarsi dalla
figura tipica del contratto preliminare, anzi cercando di qualificare la
fattispecie in esame in modo tale da individuare in essa un valido preliminare.
Così, si è affermato, che il difetto della causa tipica riscontrabile nella fattispecie
non deve portare automaticamente alla nullità definitiva ed assoluta del
contratto medesimo, potendosene prevedere, ai sensi dell’art.1424 c.c., la conversione
in un contratto preliminare ordinario. Essendo il preliminare del preliminare
sicuramente nullo, sarebbe, quindi, possibile interpretare la volontà delle
parti come solo apparentemente intesa ad obbligarsi alla futura conclusione del
preliminare formale. In realtà, il primo accordo integrerebbe un preliminare
vero e proprio, cui dovrà seguire la sottoscrizione di un definitivo. Il
contratto c.d. preliminare aperto non sarebbe, dunque, altro che un vero e
proprio contratto preliminare eseguibile in forma specifica ex art.2932 c.c.,
mentre il successivo c.d. preliminare chiuso, sarebbe in realtà un contratto
definitivo, che le parti si impegnano a concludere per atto notarile, ai fini
della trascrizione (12).
In una differente prospettiva, si è
ipotizzato che il secondo preliminare, quello c.d. chiuso, sia previsto solo
come riproduzione del preliminare c.d. aperto, che verrebbe, quindi, anche in
tal caso a porsi come l’unico vero preliminare, nel quale sono contestualmente
previsti due obblighi: l’obbligo di concludere un contratto definitivo e
l’obbligo di ripetere nella forma dell’atto pubblico il preliminare concluso
(13).
Tali soluzioni ermeneutiche non tengono,
tuttavia, nel dovuto conto la effettiva volontà manifestata dalle parti
contraenti, che nella fattispecie in esame hanno espresso, in forma espressa e
scritta, l’intenzione di volersi impegnare per la stipulazione di un contratto
preliminare e non di un contratto definitivo, in grado di dare finale
soddisfacimento ai propri interessi. Non si può parlare di mera puntuazione o
minuta, che si limiti a fissare i punti del futuro contratto, obbligando
soltanto alla continuazione delle trattative (14), né di contratto
preparatorio, che determini in maniera irrevocabile gli elementi essenziali del
futuro contratto, vincolando alla osservanza del regolamento, ma non alla
stipula di altro contratto (15). Indubbiamente, il c.d. preliminare aperto
contiene tutti gli elementi che l’art.1325 c.c. considera necessari, perché vi
sia un contratto, poiché l’immobile viene compiutamente descritto, il prezzo è
specificato ed il destinatario è indicato, sia pure per relationem. Proprio per
la completezza del suo contenuto sorge il problema di affermarne l’autonomia
dal successivo preliminare chiuso o formale, che, altrimenti, non avrebbe più
alcuna giustificazione causale. Infatti, una volta qualificata la fattispecie
come contratto, le parti rimarrebbero vincolate non solo a quanto esse stesse
hanno pattuito, ma anche alle conseguenze che da tale contratto derivano
secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità, sulla base
dell’art.1374 c.c.. Pertanto, il c.d. preliminare aperto, anche a non volerlo
considerare nullo, presentando tutti gli elementi essenziali del contratto
finale, sarebbe da ritenere, come visto sopra (16), un perfetto contratto
preliminare eseguibile in forma specifica, anche se le parti si fossero
riservate di contrattare su clausole accessorie, su cui interverranno, invece,
la legge, gli usi e l’equità. L’imperatività dell’art.1374 c.c. sembrerebbe,
pertanto, un insuperabile ostacolo alla ammissibilità nel nostro ordinamento di
un preliminare di un preliminare, inquadrato nello schema tipico tradizionale.
Rimanendo nella prospettiva che impone la necessaria individuazione del
contratto tipico, si è osservato, tuttavia, che non può restringersi il campo
di applicazione del preliminare nell’obbligo della successiva stipula del
contratto definitivo, potendosi ipotizzare il preliminare di qualsiasi altro
tipo contrattuale o di qualsiasi contratto innominato (17). Così, l’autonomia
privata potrebbe scegliere liberamente di far precedere il definitivo da
laboriose trattative, consacrate in sequenze successive di più preliminari e,
secondo un autore (18), ove le parti non prevedessero l’obbligo di stipulare un
contratto definitivo, non potrebbe che ipotizzarsi un preliminare del preliminare,
purchè "si rispetti la diversità di fattispecie nell’iter progressivo di
avvicinamento al compiuto regolamento di interessi. L’unico requisito che possa
richiedersi in un siffatto iter è, infatti, che la fattispecie preliminare
preluda ad una fattispecie che, nell’avvicinarsi maggiormente alla formazione
della fattispecie definitiva, non sia identica a quella precedente" (19).
Ma, abbiamo visto sopra, come la tesi della intensità crescente del vincolo
contrattuale sia stata già prospettata, ma in relazione ad atti negoziali,
aventi differente giustificazione causale e non soltanto un differente
contenuto materiale (20), che sembra, effettivamente, non in grado da solo di
sottrarre il contratto originario ad una nullità per mancanza della causa.
Una parte della giurisprudenza (21) sta,
tuttavia, consolidando, in maniera sempre più determinata, una nuova chiave di
lettura della fattispecie in esame. E’ in particolare, la scuola napoletana che
continua nel tentativo di delineare una sua giustificazione causale, sulla base
dell’art.1322 c.c.. Così, è stato da ultimo affermato, che deve ritenersi del
tutto ammissibile e meritevole di tutela nel nostro ordinamento, in virtù del
principio dell’autonomia della volontà negoziale, il c.d. contratto preliminare
del preliminare, qualora lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato
dell’iter progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi,
"ben potendo le parti dapprima addivenire ad un contratto in cui siano
precisati i soli elementi strettamente essenziali della stipulanda vendita
(cosa, prezzo, modalità di pagamento, etc.), indi ad un contratto che, pur non
costituendo vendita definitiva, puntualizzi dettagliatamente e con precisione
tutti gli elementi della stessa per poi, infine, giungere alla stipula della
vendita definitiva con effetti reali". La scrittura privata redatta dalle
parti conterrebbe, dunque, un contratto atipico a contenuto ed effetti
obbligatori, diretto alla successiva stipulazione del contratto preliminare di
compravendita immobiliare, un contratto, cioè, avente una sua autonoma funzione
economico-sociale, che, a compravendita conclusa, consentirà, comunque, di
inquadrarlo nel più vasto e complesso iter avente come punto di arrivo la
stipulazione del contratto di compravendita. Tale orientamento sembra stia
iniziando a superare gli angusti confini del distretto napoletano, atteso che
una recentissima pronuncia del Tribunale di Firenze afferma la nullità della
convenzione intercorsa tra mediatore ed un potenziale acquirente in base alla
quale è stabilito l’obbligo di quest’ultimo di corrispondere al mediatore
medesimo una somma a titolo di provvigione in virtù della mera conclusione del
preliminare del preliminare, che viene implicitamente considerato contratto
valido e non suscettibile di esecuzione in forma specifica, così da non integrare
un’ipotesi di conclusione dell’affare ai sensi dell’art.1755 c.c., ristretta dalla
giurisprudenza (22) ai soli casi in cui le parti possano ottenere ope iudicis
gli effetti del contratto (23). Una sentenza del Tribunale di Genova statuisce,
inoltre, che l’accordo qualificato come preliminare di contratto preliminare
determina la nascita di un vincolo giuridico, comunque tale vincolo voglia definirsi
(24).
Le ragioni per cui procedere alla stipula
di più negozi atipici prima di giungere alla stipula del contratto definitivo
sono sicuramente diverse e valide e la loro utilità pratica è rivelata
dall’interesse che possono avervi le parti, che è sicuramente vario. Nelle
trattative che intercorrono con le agenzie immobiliari, il contenuto dei
contratti sottoscritti è di solito predefinito dal mediatore, cosicché la
previsione della conclusione di un successivo preliminare formale avrebbe la
concreta funzione di consentire un maggiore approfondimento dell’operazione
contrattuale, attraverso l’eventuale intervento di un professionista, notaio o
avvocato, che permetta di definire tutti gli elementi del contratto.
Nella interpretazione della fattispecie
fornita dai giudici napoletani, rimane, tuttavia, la difficoltà di appurare,
caso per caso, quando le parti abbiano effettivamente inteso superare lo
"schema contrattuale tipico" offerto dal legislatore (25).
Dalla lettura della scrittura privata,
da entrambe sottoscritta e denominata preliminare del preliminare,
sembrerebbero non esservi dubbi che l’unica volontà da loro espressa sia quella
di concludere un futuro contratto preliminare. Le interpretazioni conservative
(26), sopra esposte, che individuano in tale fattispecie il vero preliminare,
chiuso e formale, e nel successivo atto una mera ripetizione ovvero addirittura
un definitivo, non si vede da dove possano desumere la volontà delle parti in
tal senso. Quest’ultime espressamente si impegnano soltanto a concludere un
nuovo contratto preliminare e non un contratto finale. L’art.1351 c.c. prevede
che il preliminare deve avere a pena di nullità la stessa forma del definitivo,
cosicché nei casi in cui sia richiesta la forma scritta ad substantiam, tale
forma deve essere rivestita anche dal preliminare. E’ massima ricorrente in
giurisprudenza quella secondo cui il requisito della forma scritta a pena di
nullità è soddisfatto solo quando il documento sia posto in essere al fine
specifico di manifestare la volontà delle parti e, più in particolare, si
afferma che "ove per un determinato negozio sia richiesta la forma scritta
ad substantiam, il relativo requisito può dirsi soddisfatto solo quando il
documento costituisca l’estrinsecazione formale diretta della volontà
contrattuale delle parti e sia posto in essere al fine specifico di manifestare
tale volontà". La manifestazione di volontà diretta ed espressa presente
nell’atto sottoscritto dalle parti è una soltanto e non due o più, per cui se
essa non è volontà di impegnarsi per la stipulazione di un futuro preliminare,
ma è volontà di impegnarsi a stipulare un contratto definitivo, con eventuale
ulteriore impegno a ripetere in forma pubblica il preliminare perfetto, è
evidente che ciò può solo desumersi implicitamente, ma in tal caso il
preliminare, ritenuto valido, dovrebbe essere nullo per mancanza di forma. Non
rimarrebbe, dunque, che giungere, per diversa via, alla soluzione offerta dalla
giurisprudenza contraria all’ammissibilità nel nostro ordinamento del c.d.
preliminare del preliminare: nullità assoluta del contratto concluso.
Invero, rimanendo legati allo schema del
preliminare tradizionale non si riuscirà mai a superare le conseguenze che esso
comporta. Non ci si potrà limitare ad individuare una regolamentazione sempre
più capillare (27), perché sugli elementi accessori può intervenire l’art.1374
c.c. e, inoltre, la possibilità di ricorrere al rimedio previsto dall’art.2932
c.c. non si può escludere se non espressamente. La soluzione prospettata dalle
Corti Napoletane sembra l’unica in grado di consentire di varcare il guado in
mezzo al quale ci si viene a trovare non volendo rinunciare allo schema tipico,
pur rendendosi, tuttavia, conto dell’importanza pratica che potrebbe rivestire
un accordo relativo alla futura stipula di un preliminare.
Una ulteriore utilità in tal senso è
messa ben in evidenza dalle nuove norme dettate in materia di trascrizione del
contratto preliminare (28). Infatti, entrambe le parti o una di esse potrebbero
avere interesse alla stipulazione concreta di un accordo, che imponga la conclusione
di un contratto preliminare dinanzi al notaio al fine di poter ottenere la
trascrizione prevista dall’art.2645 bis c.c..
Quindi, una scrittura privata che
preveda l’obbligo delle parti contraenti di concludere un determinato contratto
preliminare dinanzi ad un notaio, va inquadrato nel campo dei contratti atipici
con efficacia obbligatoria sicuramente meritevole di tutela ex art.1322 c.c. La
giurisprudenza e la dottrina che nè lo inquadrano nello schema del contratto
preliminare, nè lo ritengono meritevole di tutela, non considerano la profonda
duttilità dello strumento negoziale in esame. Esso, invece, è in grado di
offrire soddisfazione a tutti quegli interessi concreti ai quali le parti non
potrebbero dare attuazione ricorrendo allo schema tipico.
E’ dunque, da ritenere che il c.d.
preliminare del preliminare sia un contratto atipico, che presenta la sua
effettiva idoneità a realizzare interessi privati concreti, da rilevare, caso
per caso, nella prospettiva di dare in futuro vita a nuove figure contrattuali.
[1] C. M. BIANCA, Diritto Civile, 3, Il contratto, 1999, 185; P. TRIMARCHI,
Istituzioni di diritto privato, Milano,198, 311; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova,
1994, 620; F. MESSINEO, Dottrina generale
del contratto, Milano, 1952, 199; ID., Contratto
preliminare, in Enc. Dir., Milano, 1962, X, 166; A. TORRENTE, Manuale di diritto privato, Milano,
1997, 472; L. CARIOTA FERRARA, Il negozio
giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1958, 278; R. SACCO, La preparazione del contratto, in
Trattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, Torino, 1982, 10, 361; G.
GABRIELLI, Contratto preliminare, in
Enc. Giur., Roma, 1997; A. CHIANALE, Contratto
preliminare, in Digesto Discipline privatistiche, Sez. Civile, 276; P.
FORCHIELLI, Contratto preliminare,
Nov. Dig., Torino, 1959, IV, 683.
[2] In Notariato, 2000, 10.
[3] AA. VV., Dalle proposte di acquisto al preliminare formale. Analisi di una
prassi immobiliare, in Quaderni del Notariato, Milano, 1995..
[4] Cass., 5 marzo 1987, n.2325,
pronunciata in tema di prelazione è da ritenere esprima un principio
applicabile anche alla fattispecie in esame "Il patto di prelazione
concernente una vendita immobiliare, in quanto (sia pur obbligatoriamente)
vincola la libera disponibilità del bene, richiede le forma scritta ad substantiam".
[5] Pret. Bologna, 9 aprile 1996, in Giur. It., 1997, 1, II, 540; Trib.
Napoli, 21 febbraio 1985, in Diritto e
giur., 1986, 725; Trib. Napoli, 23 novembre 1982, in Giust civ., 1983, I, 283; Trib. Salerno, 23 luglio 1948, in Diritto e giur., 1949, 101; Trib.
Napoli, 30 luglio 1947, n.2298.
[6] U. MAJELLO, I problemi di legittimità e disciplina dei negozi atipici, in Riv.
dir. civ., 1987, 487.
[7] F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, 826.
[8] A. MARTINI, Profili della vendita commerciale e del contratto estimatorio,
Milano, 1950, 78.
[9] E. PEREGO, I vincoli preliminari e il contratto, Milano, 1974, 124.
[10] A. SACCO, Il contratto, Torino, 1975, 683.
[11] Si ritiene che l’esclusione
dell’eseguibilità ex art.2932 c.c. "non debba essere espressa, ma possa
anche essere desunta se pure in maniera poco equivoca, dalla valutazione
complessiva delle circostanze. Il fatto che si faccia espresso riferimento alla
necessità di una scrittura privata ulteriore che definisca compiutamente il
contenuto del contratto implica, a nostro avviso, la volontà di escludere che,
fintanto che con questa scrittura privata non ci si sia in concreto confrontati,
possa operare il rimedio giurisdizionale" TASSINARI, Dalle proposte di acquisto al preliminare formale. Analisi di una
prassi immobiliare, in Riv. del notariato,
1994, 55. Contra Cass., 26 novembre
1971, n.3445, in Rep. Foro it., 1971,
708.
[12] G. GABRIELLI, Contratto preliminare. Sintesi di informazione, in Riv. dir.div., 1987, II, 422; P.
CARBONE, Contratto preliminare di
preliminare: un contratto inutile?, in Diritto
e giur., 1995, 464; Pret. Firenze, 19 dicembre 1989, in Giur Merito, 1990,
466.
[13] Pret. Bologna, 9 aprile 1996, in Giur. It., 1996, 1, II, 540, con nota conforme di F. A. MAGNI, Puntuazione di contratto, preliminare e
preliminare di preliminare.
[14] C. M. BIANCA, op. cit, 233;
CANDIAN, Sulla formazione progressiva del
contratto, in Riv. dir. comm.,
1916, 54. Cass., 22 agosto 1997, n.7857, in Corr.
giur., 1998, 113..
[15] TAMBURRINO, I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto,
Milano, 1954, 111. L’unica differenza tra il contratto normativo ed il
contratto preparatorio sta nel fatto che, mentre il contratto normativo è
diretto a regolare una serie, quanto meno potenziale, di rapporti, il contratto
preparatorio opererebbe analogamente, ma riguardo ad un unico futuro contratto.
[16] In entrambe le ipotesi il primo
contratto è un preliminare valido, solo che mentre nell’ una il contratto
preliminare prevede solo l’obbligo di concludere un successivo contratto
definitivo (Gabrielli, Carbone), nell’altra esso conterrebbe due obblighi:
quello di stipulare il definitivo e quello di ripetere in forma pubblica il
preliminare concluso (Magni).
[17] F. CARNELUTTI, Dottrina generale del contratto, 1952, 199.
[18] M. D’AMBROSIO, Contratto preliminare e contratto definitivo. Contratto preparatorio e
preliminare del preliminare, in Riv.
del notariato, 1980, 1546.
[19] Pretura Bologna, 9 aprile 1996, in Giur. It., 1997, 1, II, 540.
[20] E. PEREGO, op. cit., 126.
[21] Trib. Napoli, 28 febbraio 1995,
n.2039, in Diritto e giur., 1995,
463; Trib. Napoli, 11 gennaio 1994, in Diritto
e giur., 1996, 501; Trib. Napoli, 8 maggio 1991; Trib. Napoli, 19 febbraio
1992; Trib. Napoli, 19 dicembre 1986 n..595/87; App. Napoli n.1796 del 1990;
App. Napoli, 11 ottobre 1967, in Diritto
e giur., 1968, 550.
[22] Cass., 22 agosto 1953, n.2833;
Cass., 23 gennaio 1962, n.101; Cass., 7 marzo 1964, n.486. Contra Cass., 18 giugno1981, n.3980.
[23] Trib. Firenze, 10 luglio 1999, in Gius, 2000, 6.
[24] Tribunale Genova, 7 settembre 1993,
in Giur. It, 1995, I, 2, 530.
[25] E. CAMILLERI, Dal preliminare ai preliminari: la frammentazione dell’istituto e la
disciplina della trascrizione, in Contratto
impresa, 1999, 98. Secondo l’autore, il contratto preliminare più che come
contratto tipico sia da configurare come uno, sfornito di una propria causa e destinato
di volta in volta a colorarsi causalisticamente in base ala funzione economico
sociale del diverso contratto prescelto.
[26] Gabrielli, Carbone da un lato e
Magni dall’altro.
[27] A tale interpretazione, tuttavia,
sembra ancora legata la giurisprudenza napoletana, quando parla di elementi
essenziali.
[28] D.l. 31 dicembre 1996, n.669,
convertito nella L. 28 febbraio 1997, n.30 con modifiche.