ART.  81,  D.P.R.  22  DICEMBRE  1986,  N.  917

Antonio Milite

 

In caso di cessione a titolo oneroso di un terreno agricolo ricevuto per successione ereditaria e divenuto edificabile in base al piano regolatore generale, il corrispettivo di tale cessione deve essere dichiarato ai fini Irpef? Nel caso di specie è fondamentale la lettura dell’art. 81, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come risultante dalle modifiche apportate dall’art. 11, lettera f), della L. 31 dicembre 1991, n. 413:

Art.81: Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:

a)      le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici;

b)      le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

Con la legge 30 dicembre 1991, n. 413, il legislatore ha introdotto tra le fattispecie impositive comprese tra i “redditi diversi” una nuova ipotesi di plusvalenza e precisamente le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione; si precisa che tali plusvalenze costituiscono redditi diversi, anche se si tratta di terreni ricevuti per successione o donazione.

Unico elemento individuante la fattispecie è la natura edificatoria del terreno a prescindere da qualsiasi attività speculativa del contribuente.

Molto si è discusso sul significato della locuzione “suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”. La conclusione cui si è giunti è che tale formula risulti molto ampia e “non può far riferimento che a strumenti urbanistici già perfezionati, ossia completati in tutto il loro iter” (G. Gavelli, Mod. 740/95 Plusvalenze da cessione di terreni. Più ombre che luci, il fisco, 1995, 4930).

Conseguetemente non è sufficiente per definire “suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione “ la mera inclusione del terreno nel piano regolatore generale, anche se regolarmente approvato dalle autorità competenti; inoltre perché la fattispecie in oggetto si realizzi occorre essere in presenza di una destinazione di edificabilità reale ed attuale, prevista dagli strumenti urbanistici particolareggiati regolarmente approvati al momento del trasferimento” (Nel caso considerato dalla risoluzione ministeriale 6 dicembre 1990, n. 431291, il terreno, seppur inserito nella variante di fabbricazione, veniva considerato non suscettibile di utilizzazione edificatoria in quanto non era stata perfezionata la convenzione di lottizzazione, e pertanto a tale momento non era possibile da parte degli enti competenti rilasciare alcuna concessione edilizia).

In merito all’art. 81, lettera b), D.P.R. 1986, n. 917, “si è concordemente ritenuto che il riferimento agli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione indichi che il legislatore ha inteso limitare la tassazione alle plusvalenze realizzate con la cessione di terreni per i quali la destinazione di edificabilità è reale ed attuale, in base agli strumenti urbanistici  (piano regolatore generale, piano particolareggiato, piano di fabbricazione) regolarmente approvati al momento del trasferimento, non rilevando la mera previsione di utilizzazione edificatoria individuata dallo strumento urbanistico generale adottato o, anche, approvato dagli enti competenti. Il piano regolatore generale contiene, infatti, norme programmatiche che per essere tradotte in pratica hanno bisogno di ulteriori specifiche disposizioni esecutive” ( L. Del Federico, Brevi riflessioni in tema di qualificazione di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria e trattamento ai fini Iva, il fisco, 1995, 1343; così anche: L. Bellini, Plusvalenze da cessioni di terreni edificatori e da indennità da esproprio, Corr. Trib., n. 6/1992, 388; M. Leo – F. Monacchi – M. Schiavo, Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 1993, 1253; G. Fanzini, Le plusvalenze immobiliari, L’imposta sul reddito delle persone fisiche, AA.VV., Torino, 1994, II, 965; C. Berliri, Cessioni ed espropriazioni di aree fabbricabili – Dubbi interpretativi e di incostituzionalità dell’art. 11 della L. 30 dicembre 1991, n. 413, il fisco, 1992, 7583: “Si ritiene che un terreno incluso nel piano regolatore generale, ma non ricompreso in un piano particolareggiato ovvero in un piano di fabbricazione approvato, rientra certamente tra i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria, ma non anche tra quelli suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione e quindi detto terreno non dovrebbe rientrare tra le nuove ipotesi di plusvalenze tassabili previste dall’art. 11).

Esemplare, sulla necessità di un iter urbanistico già perfezionato , è la sentenza di Cassazione n. 10406 del 1994, in cui tra l’altro, si osserva che, “laddove il legislatore abbia ritenuto di dare rilievo agli strumenti urbanistici non ancora perfezionati, non ha mancato di esprimersi in modo coerente con tale intenzione. Si faccia l’esempio dell’art. 8, comma 2, della L. n. 590/1965, sulla prelazione agraria, che esclude la suddetta prelazione quando i terreni siano destinati ad utilizzazione edilizia in base ai piani regolatori, anche se non ancora approvati”.

Seguendo quindi l’orientamento sopra descritto, se ancora non è stato approvato né un piano di lottizzazione né un piano particolareggiato (ex multis Cass. 113/80: “I piani di lottizzazione sono strumenti urbanistici di dettaglio equiordinati e normalmente alternativi rispetto ai piani particolareggiati”), la plusvalenza realizzata con la cessione a titolo oneroso dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione stessa, non dovrebbe essere dichiarata quale reddito diverso ai sensi dell’art. 81 del D.P.R. 917/86.

Contrariamente all’opinione di tale dottrina, nelle istruzioni ministeriali al Mod. 740/95, approvato con D.M. 15 febbraio 1995, segnatamente nella Sezione I al quadro M, lett. e), si legge: “Plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. Al riguardo si precisa che per terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria s’intendono quelli qualificati come edificabili dal piano regolatore generale, o, in mancanza, dagli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione e che la plusvalenza si realizza anche se il terreno è stato acquisito per successione o donazione ovvero è stato acquistato a titolo oneroso da più di cinque anni”.

Tale orientamento, confermato da altra autorevole dottrina (A. Fantozzi, Diritto Tributario, II ed., UTET, 1998), induce a ritenere che in caso di cessione a titolo oneroso di un terreno agricolo ricevuto per successione ereditaria e divenuto edificabile in base al solo piano regolatore generale, il corrispettivo di tale cessione deve essere dichiarato ai fini Irpef.

In riferimento al calcolo della plusvalenza nelle istruzioni ministeriali al Mod. 740/95, approvato con D.M. 15 febbraio 1995, precisamente nell’appendice, si legge: “Quando si tratti di terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, ed in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo inerente, nonché dell’Invim e dell’imposta di successione. A differenza dell’acquisto a titolo oneroso, in questo caso non può essere effettuata rivalutazione (Circ. 27 maggio 1994, n. 73/E/430/Segr.)”. Sono costi inerenti: spese notarili, oneri fiscali (imposte registro, Invim, successione, …), spese per l’eventuale divisione ereditaria (Commiss. Trib. Centr., 23.04.82, n. 2053: è arbitraria l’esclusione dalle spese d’acquisto di quanto corrisposto per imposta sulla divisione, in quanto era indispensabile lo scioglimento della preesistente comunione ereditaria per l’attribuzione a ciascun dividente delle ragioni di sua spettanza), spese di costruzione ed incrementative, spese per liberare l’immobile da servitù oneri ed altri vincoli e per demolire le costruzioni esistenti sulle aree utilizzate a fini edificatori.

Nelle stesse istruzioni si legge che, sebbene i contribuenti, in quanto persone fisiche, non abbiano “alcun obbligo di contabilizzare i costi e di conservare la relativa documentazione”, tuttavia “ai fini della determinazione plusvalenza i contribuenti possono tener conto solo dei costi per i quali abbiano conservato la relativa documentazione”.

Da ultimo si rileva che nel caso di specie è applicabile la tassazione separata. Infatti l’art 16 del D.P.R. 917/86, alla lett. g-bis), afferma che l’imposta si applica separatamente sulle plusvalenze di cui alla lett. b) del comma 1 dell’art. 81 realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici  vigenti al momento della cessione.

In tale ipotesi “la previsione del beneficio della tassazione separata si deve all’assenza di un comportamento attivo finalizzato alla valorizzazione del terreno da parte del contribuente” (G. Gavelli, Mod. 740/95 Plusvalenze da cessione di terreni. Più ombre che luci, il fisco, 1995, 4932).

A mente dell’art. 18 del D.P.R. 917/86 “per i redditi tassati separatamente l’imposta è determinata applicando all’ammontare percepito, l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla percezione ….” .

Che cosa è quindi tassabile separatamente?

E’ tassabile separatamente la plusvalenza, ex l’art. 16, lett. g-bis (F. Lefebvre, Fiscale 1999, Memento pratico, IPSOA, 1999, 332), oppure l’ammontare percepito (nel nostro caso il corrispettivo della cessione) ex art. 18 del D.P.R. 917/86?

L’art. 16, lett. g-bis, si riferisce chiaramente alla “plusvalenza”, ma diverge dall’art. 18, che invece parla di “ammontare percepito”.

Se è tassabile separatamente l’ammontare percepito, al contribuente conviene optare per la tassazione ordinaria: “Come altre volte accaduto, l’estensore della norma, intervenendo con l’intento di riconoscere un’agevolazione al contribuente, ha finito, a causa di una palese svista, per dare origine ad un monstrum che rischia di penalizzare fortemente il soggetto agevolato” (G. Gavelli, Mod. 740/95 Plusvalenze da cessione di terreni. Più ombre che luci, il fisco, 1995, 4932).

Quindi “tali plusvalenze sono determinate in base al prezzo riscosso, ma detratto l’originario costo dei terreni, i successivi costi inerenti ad essi, nonché l’Invim. Pertanto le plusvalenze soggette a tassazione separata vanno determinate al netto di tali costi, in mancanza di che oggetto di tassazione separata sarebbero non già le plusvalenze, bensì i ricavi, che sono cosa ben diversa dal reddito” ( C. Berliri, Cessioni ed espropriazioni di aree fabbricabili – Dubbi interpretativi e di incostituzionalità dell’art. 11 della L. 30 dicembre 1991, n. 413, il fisco, 1992, 7587).

La tassazione separata avviene applicando l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla percezione ovvero in cui è stato percepito il corrispettivo della cessione: “in tal modo l’incidenza del prelievo viene mantenuta allo stesso livello cui mediamente si era attenuta nell’arco temporale immediatamente precedente il conseguimento dei redditi in questione; in mancanza di reddito nel biennio anzidetto si applica l’aliquota stabilita dall’art. 11 per il primo scaglione di reddito” (P. Russo, Manuale di diritto tributario, III ed., Milano, 1999, 576; così anche A. Fantozzi, Diritto Tributario, II ed., UTET, 1998, 637; E. De Mita, Principi di diritto Tributario, Milano, 1999, 240).

In conclusione la plusvalenza realizzata con la vendita dei terreni de quibus deve essere dichiarata ai fini Irpef, dal momento che è difficilmente sostenibile la tesi che per “strumenti vigenti al momento della cessione” si debbano intendere oltre al P.R.G. anche gli strumenti attuativi (piano particolareggiato o piano di lottizzazione) regolarmente approvati.

Il venditore può però usufruire della tassazione separata ai sensi della lett. g-bis dell’art. 16 del D.P.R. 917/86 ed applicare alla plusvalenza realizzata (e non all’ammontare percepito) l’aliquota prevista dall’art. 18 dello stesso D.P.R..