RIFLESSI DEL TELELAVORO NEGLI AMBIENTI LAVORATIVI E
SINDACALI.
1.- Il concetto di telelavoro. 2.- Il contratto d’opera. 3.- Il
telelavoro a domicilio. 4.- La preoccupazione del distacco dall’azienda e come
si è intervenuti.
1.- Il concetto di telelavoro.
In questo capitolo inizia quello che in un certo senso è il lato più interessante della
materia, vedere come è stato inquadrato
il telelavoro e se potrà esistere un
futuro giuridico per questa disciplina.
Semplificando occorre ricordare che il
telelavoro è una forma di lavoro che è
effettuata in un luogo distante
dall’ufficio centrale o dal centro di produzione, o da altri sedi (ed esempio
quelle dei clienti) mediante l’impiego diversificato ma non esclusivo di
tecnologia e che permette la separazione e facilita le comunicazioni (1).
Il decentramento è il primo aspetto che si porge
alla attenzione degli studiosi o di chi
è interessato al telelavoro.
La sistematicità ci porta forse a partire da
lontano, ma è bene ricordare che la Repubblica italiana tutela il lavoro in
tutte le sue forme ed applicazioni art. 35 Cost.; ma un riferimento si ha anche
nell’art. 2060 c.c. norma di carattere non precettivo, ma di garanzia ad ogni
tipo di lavoro.
I giuristi hanno cercato in questo ventennio 1977 - 1997 di eseguire un lavoro di
qualificazione ad hoc del telelavoro di encomiabile valore, ma occorre
ricordare che il prodotto ancora non è
ben perfezionato, infatti, l’art. 12 delle preleggi dichiara che se una controversia non può
essere decisa con una precisa disposizione, si ha al riguardo agli assetti che
regolano casi simili o materie analoghe, se il caso rimane dubbio, si decide
secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello stato.
2.- Il contratto d’opera.
In alcuni casi si potrà adattare la fattispecie del
lavoro autonomo dell’art. 2222 c.c. contratto d’opera, in quanto il prestatore
ha piena discrezionalità in merito al tempo,
al luogo, al modo di organizzarsi
la propria attività nei limiti
comunque sempre previsti nel contratto
o dalla natura dell’opera. Il telelavoratore presterà la propria attività in
sostanziale autonomia organizzativa rispetto
al committente. Per completezza diremo che il lavoro subordinato (locatio
operarum) è quel lavoro dove l’interessato è assoggettato alle direttive ed al continuo e costante
controllo del datore di lavoro, non tanto sul risultato, quanto sulle modalità,
e sulla disponibilità temporali del prestatore (art. 2094 c.c.); articolo che
permette di richiamare il concetto della remunerazione in base al tempo di presenza
sul posto di lavoro.
Il problema
va affrontato in un primo momento non tanto alla ricerca del concetto
qualitativo ma quantitativo, poiché
occorre partire da due concetti importantissimi, dottrina e giurisprudenza hanno da tempo messo a fuoco i profili del
lavoro latamente autonomo da quello espletato con vincolo di subordinazione.
Infatti la medesima attività lavorativa in alcuni casi può essere espletata
come lavoro subordinato, autonomo, o di agenzia. Pensiamo ai promotori di
servizi finanziari che ai sensi della legge del 2 Gennaio 1991, numero 1
disciplina l’attività di intermediazione mobiliare, essi possono prestare la propria opera in qualità di dipendenti
agenti o mandatari.
Tali soggetti
possono risultare accentuati nel caso del telelavoro dove le caratteristiche peculiari della
fattispecie non risiedono tanto nel
tipo di attività, quanto alle modalità di svolgimento: operatore che lavora a
distanza tramite una work-station, dotata
di personal computer, modem, fax, e software applicativo.
3.- Il telelavoro a domicilio.
Si potrebbe dire che il telelavoro visto il supporto
lavorativo, ma ancor meglio il luogo della prestazione, si potrebbe qualificare come lavoro a domicilio, specie
di lavoro subordinato, dalla legge 18 dicembre 1973 numero 877.
Una forma di lavoro molto utilizzata in Italia
pensiamo la settore delle confezioni: abbigliamento, calzaturiera ecc,
ricordando che è anche uno dei pochi casi dove è ammesso il cottimo,
obbligatorio per legge, art. 2100 c.c.,
ma che risulta quanto mai
inadeguata rapportandola a questa
tipologia di lavoro cara all’idea futuristico, per il suo ritorno al passato a concetti di lavoro
preindustriali o forme di lavoro ancor peggio precarie.
Ricordiamo che il lavoratore a domicilio è chiunque,
con vincolo di subordinazione esegue
nella propria abitazione o in locale in
cui abbia disponibilità, anche con l’aiuto, accessorio di altri membri della
sua famiglia conviventi a carico, ma
con l’esclusione della manodopera salariata e di apprendisti, lavoro retribuito per conto di uno o più
imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie o
dello stesso imprenditore, anche se
fornite per il tramite di terzi.
L’inquadramento della disciplina del telelavoro nel lavoro a domicilio trova subito una smentita, in quanto l’attività a domicilio ha per oggetto un’attività materiale diretta
alla produzione di beni ugualmente materiali, quantificabili e fungibili, mentre il telelavoro si
configura per l’elaborazione di dati immateriali, cioè qualsiasi sia la
produzione riguardo all’oggetto, il lavoro viene svolto mediante algoritmi
matematici elaborati, sì da un programma che volendo potrebbe sempre
costruire qualsiasi oggetto ma
comunque i dati sono sempre immateriali.
Da non trascurare poi, e lo vedremo successivamente,
il concetto di lavoro interinale, di cui oggi tanto si parla, ma che ancora è
in via di grosso sviluppo.
Cerchiamo ora di scorgere come la contrattazione collettiva che non si è potuta sottrarre allo studio dei profili del lavoro a
distanza e dell’impatto che avrà nei futuri contratti collettivi, anche se
l’atteggiamento dei sindacati è più orientato verso un concetto negativo o di
indifferenza, vuoi forse per il deterioramento stabile delle relazioni
sindacali, o per la mancanza di volontà visti i gravi problemi di fine anni 90
in materia di lavoro affrontati da questi ultimi. L’interesse delle imprese invece
è soprattutto quello di valutare le implicazioni organizzative produttive che
consentono di ridurre i costi di produzione, elevare l’efficienza e la
produttività, soddisfacendo così uno dei requisiti iniziali, ma che comportano la forza e la stabilità di chi vuole
emergere nel mercato affollato della produttività;
quale: l’avviamento di un impresa, maggiore sarà la produzione rispondente ad
uno standard qualitativo ottimale, tanto più
la stessa potrà stare nel mercato svolgendo ruolo determinante per
l’equilibrio macroeconomico di mercato alla domanda marshalliana tanto cara
agli economisti.
Quindi la tendenza da individuare, é nella
flessibilità degli strumenti disponibili
nel mercato, per questo il telelavoro potrebbe decollare se si
caratterizza una flessibilità gestionale particolarmente elevata .
4.- La preoccupazione del distacco dall’azienda
e come si è intervenuti.
Una preoccupazione del sindacato emersa più di una volta nelle tavole rotonde è
quella di perdere il controllo dei telelavoratori e dell’attività di lavoro in
genere, di non poter gestire la solidarietà sindacale, di favorire il lavoro
sommerso e i cottimisti telematici.
Le organizzazioni dei lavoratori sappiamo che sono
attente a non disperdere la loro forza contrattuale, l’impatto della categoria,
onde evitare, di non poter garantire ai lavoratori tutela adeguata, o comunque
pari a quello di cui oggi fruiscono i dipendenti stabilmente inseriti in
imprese, dove il rapporto di lavoro è molto contrattato e tendenzialmente
governato dalle regole del lavoro subordinato, secondo la tradizionale
impostazione, che mira alla tutela del contraente più debole e cioè del lavoratore.
Non è certo questione irrilevante, basti pensare,
che nel mondo lavorativo europeo in
generale, dal punto di vista della parte forte, cioè degli imprenditori, il
tradizionale rapporto di lavoro risulta comunque regolato in modo troppo
rigido, nel senso che le garanzie
riconosciute ai lavoratori sono molto elevate e determinano un alto costo del lavoro
e insufficiente flessibilità
lavorativa.
In ITALTEL, ma anche in TELECOM (2), si è dimostrato,
come sia difficile sfuggire a tale effetto, abbiamo visto nel capitolo
riguardante i vari modelli di
telelavoro in Italia, come la
preoccupazione sindacale era in merito al fatto che il rapporto continuasse ad essere regolato dal contratto
nazionale di categoria e dagli accordi aziendali in atto , con salvaguardia dei
diritti economico - professionali e di quelli sindacali.
Il telelavoratore doveva perciò continuare ad essere
un lavoratore a pieno titolo senza il timore del distacco permanente, quindi il
telelavoro non doveva essere
l’anticamera di uscita dall’azienda.
Ora detto questo, è d’obbligo porre
il telelavoro in un possibile
contratto collettivo, con i vincoli attualmente presenti per i lavoratori
tradizionali , pensiamo all’orario di lavoro. Si è detto che la prestazione del
telelavoratore debba essere flessibile, anzi in alcuni casi può risultare più
efficace lavorare in orari meno tradizionali ed in giorni diversi della
settimana rispetto al classico
periodo lunedì - Venerdì. Si potrebbero
ipotizzare formule di lavoro circoscritte al week-end o comunque al
part-time o allo job-sharing.
Basterebbe che in alcuni casi il contratto fra
l’impresa e il telelavoratore sia condensato in due o tre ore della giornata, lasciando
poi libero l’interessato di gestire la sua prestazione , di auto organizzarsi,
soprattutto nei casi in cui si configura un’obbligazione di risultato.
Si evidenzia il fatto che comunque il distacco
dall’impresa non è radicale, fatto sta che potrebbe applicarsi ai contratti in essere “l’istituto della reperibilità “, essa consiste nell’obbligo a carico del lavoratore di non
assentarsi dalla propria residenza senza previa segnalazione all’azienda, per
effettuare determinati interventi in caso di necessità.
Nel contratto dei bancari ad esempio la normativa è
applicabile, fra l’altro gli addetti
alla sicurezza dei presidi di impianti tecnologici, agli addetti ai servizi
automatizzati, all’utenza Bancomat, pos e
gestione sportelli telematici. Visto che il telelavoratore svolge
funzioni di controllo o di manutenzione saltuari od episodici si può rendere
applicabile questa prospettiva della reperibilità.
In questo caso però occorre affrontare il
problema della limitazione della
libertà di movimento del soggetto in reperibilità. Alla luce di un certo indirizzo della Cassazione, secondo il
quale si determina anche in assenza di prestazione , un disagio per
l’interessato, cui si richiede la disponibilità, potrebbero essere sufficienti,
alcune accortezze quali la rotazione tra più addetti o comunque evitare che
l’interessato sia vincolato ad essere reperibile per periodi troppo lunghi (
tutti i weekend ); rafforza questa
soluzione il caso del Credito Emiliano che già nel 90 aveva introdotto delle
forme di telelavoro per risolvere
alcuni problemi di copertura
dell’operatività della sala macchine durante i giorni festivi .
Con l’utilizzo del telelavoro, il sistema avverte
l’operatore in caso di anomalia ed esso
può intervenire da casa; utilizzando la reperibilità si può assicurare
la copertura 24 ore su 24, evitando, che il dipendente, debba recarsi sul posto
per affrontare inconvenienti minimi o comunque risolvibili a distanza (3).
Tuttavia il contesto legislativo è caratterizzato da vincoli la legge n.1369 del 1960 contempla il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e contiene una disciplina rigida dell’impiego di manodopera negli appalti di opere e di servizi. Pensiamo al sistema contrattuale bancario (4) dove esiste una certa resistenza delle organizzazioni sindacali in funzione del decentramento produttivo applicabile in quel settore. L’attuale sistema, configura una nozione di area contrattuale del settore credito, molto ampia, nella quale confluiscono ed esempio le elaborazioni dati, detti C.E.D.; sono considerati facenti parte essenziale del ciclo produttivo delle imprese del comparto bancario, queste ricomprendono sicuramente importanti funzioni telelavorabili.
In questo scenario la possibilità di dare in
appalto, a società esterne, (a prescindere comunque dall’appalto); l’utilizzo
di elaborazioni dati con telelavoro non
circoscritto a pochi casi pilota, ma eventualmente proseguito dall’impresa, su
larga scala, (attività che sono al di fuori del predetto ciclo produttivo)
anche con propri dipendenti, potrebbe configurare una rilevante
riorganizzazione o decentrata tale da revisionare nell’ambito applicativo delle previsioni contrattuali, che disciplinano
il settore bancario con riferimento all’art. 140 del contratto collettivo del
23 novembre 1990.
Le questioni attuative del telelavoro si legano alle
problematiche occupazionali, il libro bianco di J. Delors individua proprio nel
telelavoro uno dei mezzi per affrontare
la crisi occupazionale che riguarda l’intera Europa.
Mantenendoci sulla linea bancaria pensiamo alle banche virtuali esistenti in internet, o all’home-banking ed in genere ai servizi, alle imprese, che in senso lato ,configurano una forma di telelavoro rispetto alla quale, di fronte alle prime iniziative si registra qualche segno di ottimismo da parte delle organizzazioni sindacali.
(1) Scarpitti e Zingarelli, Il telelavoro:
teorie ed applicazioni, Milano, 1993.
(2) AA.VV., Rapporto Telecom: potenzialità
e fattori critici del telelavoro in Italia, in NT, Notiziario del lavoro,
11, 1996.
(3) Oggi telelavoro da casa, in Unità
11 marzo 1995.
(4) Problematiche del libro bianco di
Delors sulla crescita e competitività per entrare nel XXI Sec., in
Bollettino delle Comunità Europee, 1993, 6, 14.