CAPITOLO VI

 

CONTRATTARE.

 

1.- Il caso Telestra. 2.- La BT inglese. 3.- La francese Bull. 4.- Il telelavoro in Svezia. 5.-  Lo status di telelavoratore in Italia. 6.- La caratteristica della prestazione del telelavoratore. 7.- Il telelavoratore subordinato. 8.- La distinzione tra l’art. 2094 c.c. e l’art. 2222 c.c.. 9.- Il telelavoro ed il contratto parasubordinato. 10.- Il problema dell’art. 4 della legge 300/1970. 11.- La sicurezza. 12.- La Corte di Giustizia europea e l’utilizzazione del video terminale.

 

 

1.- Il caso Telstra.

 

Il  fenomeno del telelavoro  ancora non è  stabilmente  concretizzato, soprattutto perché molte organizzazioni internazionali partono da definizioni diverse della  materia, denotano una certa insicurezza nel qualificare la fattispecie giocoforza  dover tramutare  le varie tipologie ed  applicazioni  del lavoro a distanza in norme imperative, provoca una forte instabilità di idee e di concetti.

Vediamo a livello legale alcuni casi di regolazione negoziale nel mondo, e poi successivamente in Italia.

Il contratto della Telecom australiana, la Telestra  ha in corso tre esperienze di telelavoro viste anche precedentemente  nel capitolo dedicato agli esperimenti stranieri,  queste tre esperienze sono: da casa per una vasta gamma di professionisti, e professionalità,  telelavoro mobile per i tecnici di assistenza che possono accedere  al data base dell’ufficio tramite computer portatili,  ufficio virtuale per gli account executive (1).

La progettazione del telelavoro ha coinvolto l’organizzazione sindacale del settore la Psu - Public Sector Union  ed ha dato luogo ad un contratto standard di telelavoro, poi certificato nel maggio dl 1994 dell’Australian industrial relation commission, l’accordo copre i seguenti aspetti (2):

-- la definizione delle tipologie di lavoro cioè la specificazione del lavoro da effettuare tramite il telelavoro, esempio, progettazione, ricerca, analisi di mercato etc.;

-- condizioni di rapporto di lavoro che rimangono uguali al contratto previsto per i lavoratori, che espletano attività lavorative all’interno dell’azienda con un tutela maggiore che è qualificata attraverso l’indennità di trasporto per gli spostamenti di servizio, che vengono calcolate non prendendo a base l’ufficio,  ma bensì il posto di lavoro ufficio o casa, ove il dipendente  spende la maggior parte del tempo;

-- l’organizzazione del lavoro prevede che il lavoratore non possa lavorare   dalla propria abitazione  per non più di 15 giorni ogni 20  e debba comunque garantire la presenza fisica in ufficio qualora questa sia richiesta per riunioni,  incontri o corsi di formazione;

-- il rapporto con i figli di tenera età, l’accordo afferma per legge che il telelavoro non è un mezzo per prendersi cura dei figli o dei familiari, quindi deve assicurare   che le persone che dipendono da lui  mentre egli lavora  della necessaria assistenza di terze persone;

-- la valutazione dei risultati, rimangono  in vigore per i telelavoratori  gli stessi meccanismi adottati per gli altri dipendenti, ma è specificato che eventuali  sistemi automatici di misurazione dei risultati  non verranno utilizzati come mezzo  esclusivo per l’assestamento  individuale dei telelavoratori ;

-- l’ambiente di lavoro e la sicurezza prevede il contratto un riferimento specifico alle norme previste  dalla Commonwealth Health and Safety Act del 1991, la certificazione dell’ambiente idoneo al telelavoro deve essere dato dal delegato alla sicurezza ambientale dell’azienda, tutte le ispezioni di qualsiasi tipo verranno comunicate almeno un giorno prima;

-- la cura degli apparati  sono affidati al lavoratore che li deve utilizzare solo per lavoro;

-- per la sicurezza delle informazioni aziendali si applica la stessa normativa esistente per i lavoratori in ufficio;

 -- le modalità di comunicazione con i superiori e i sindacalisti, generalmente se riguarda il manager in ufficio, ma l’accordo stabilisce anche che i superiori dei telelavoratori  possano recarsi a casa, con  preavviso di almeno un  giorno prima della visita: per i sindacalisti invece è prevista la riserva del lavoratore se accettare o no la visita.

L’accordo  sin qui delineato fissa soltanto un riferimento generico, in quanto esso prevede che le specifiche condizioni vengano discusse tra manager e singolo lavoratore  fissando i giorni, la durata i carichi di lavoro etc..

 

2.- La BT inglese.

 

Il telelavoro degli executives nella BT inglese prevedeva nell’accordo siglato nel 1992:

-- il candidato doveva essere fortemente motivato verso l’azienda, con ottima capacità auto organizzativa, questo faceva si che  questo tipo di lavoro poteva solo essere espletato da dirigenti.

--  il candidato doveva essere  capace di mantenere anche a distanza  il controllo dirigenziale  nonché i necessari contatti umani con i  dipendenti.

-- l’abitazione doveva avere un luogo isolato e sicuro dove non potessero entrare bambini e animali.

Queste, erano le condizioni generali per diventare un telelavoratore. Successivamente sarebbero state fissate in dettaglio con un accordo individuale le ulteriori regole. Così, ulteriori condizioni discusse con il sindacato e l’azienda, prevedevano :

 1 che l’orario lavorativo sarebbe rimasto invariato, a meno che l’interessato non avesse fatto una specifica richiesta;

2   retribuzione indennità di buonuscita e pensione sarebbero rimaste invariate;

3 le indennità di missione  sarebbero state calcolate  considerando l’appartamento come luogo di lavoro;

4  la maggiorazione prevista per i lavoratori basata nell’area londinese sarebbe rimasta in vigore soltanto per coloro che vi abitavano;

5 le spese aggiuntive per il riscaldamento e consumo di energia sarebbero state rimborsate dall’azienda;

6 la BT avrebbe dovuto assistere il dipendente negli adempimenti burocratici legati all’uso in casa di apparati da ufficio, in particolare l’azienda si impegnava a garantire che l’assicurazione sull’immobile non sarebbe stata soggetta a carichi aggiuntivi in virtù dell’uso promiscuo dell’appartamento (3);

7  nulla cambiava sulla corresponsabilità per la sicurezza sul lavoro, questo però comportava la libertà per il diretto superiore di poter fare delle visite periodiche;

8 ogni incidente avrebbe dato luogo alla stessa copertura assicurativa del personale in ufficio, se avvenuto in orario di lavoro;

9 obbligo di recarsi in ufficio per le riunioni;

10 stessa copertura assicurativa per i dirigenti;

11 stessa carriera.

 

3.- La francese Bull.

 

In Francia la Bull francese prevedeva  con l’accordo 94/95 i seguenti punti salienti (4):

A  volontarietà  del telelavoro, rafforzata da una clausola che permetteva al lavoratore l’interruzione dell’esperienza e il reintegro automatico nell’ufficio di appartenenza;

B l’obbligo  di presenza in ufficio per almeno un giorno alla settimana;

C stesse garanzie e trattamenti con i lavoratori  in sede;

D garanzia di mantenere l’orario pieno, escludendo per legge il part time;

E diritto alla privacy il telelavoratore è libero di organizzarsi la giornata lavorativa  secondo le sue preferenze e verrà  contattato  per via telefonica solo per casi urgenti;

F costi aggiuntivi tutti  a carico dell’azienda.

Superati gli ambiti ristretti dei contratti di azienda,  alcuni sindacati europei  si sono adoperati per definire dei CODE OF PRACTICE, linee guida, che le organizzazioni confederali o di categoria forniscono ai funzionari di base per metterli in condizione di stipulare , nelle loro specifiche realtà, contratti di telelavoro.

Sono delle vere e proprie norme sociali sul telelavoro, nelle quali si fissano,  mediante accordi, le direttrici per affrontare questa nuova disciplina, quindi la loro applicabilità supera tendenzialmente i confini del telelavoro dipendente  tutelato sindacalmente da contratti individuali.

 

4.- Il telelavoro in Svezia.

 

Il codice sul telelavoro svedese  “at just the right distance “ proposto nel 1987 si basa su 5 pilastri fondamentali (5):

1 volontarietà  ---- scelta individuale del dipendente, importante è segnalare che non può essere  esercitata l’autorità aziendale all’interno della casa del dipendente;

2 parità di condizioni;

3 parità dei pre requisiti ---- le attrezzature per i telelavoratori  devono essere paragonata a quelle in azienda, fornite dal datore, il quale è responsabile della loro predisposizione, tutti i costi dell’utilizzo a carico del datore;

4 sicurezza ---  polizze assicurative che prevedano il rischio di copertura per il telelavoratore e per i terzi;

Sostegno sindacale --- il telelavoratore ha gli stessi diritti del lavoratore in sede, il sindacalista può andare a  far visita durante l’orario di lavoro il lavoratore a distanza.

Analizziamo ora le esperienze contrattuali italiane, ci troviamo sempre in un’area di sperimentazione, e per inquadrare meglio  le varie tipologie di contratti  faremo uso di una tabella riassuntiva (6).

 

Tabella riassuntiva.

 

SARITEL

ITALTEL

DUN & BRADS TREET

TELECOM

DIGITAL

Data di stipula

 15/12/1994

  17/01/1995

 08/ 06/1995

  08/06/1995

 12/03/1996

Validità

   12 mesi

   6 mesi

  12 mesi

   24 mesi

  12 mesi

Motivazione dell’accordo

  ristrutturazione

 Adesione al progetto CEE Worknet

 ristrutturazione

 

ristrutturazione

 

ristrutturazione

Verifica dell’accordo

Dopo 6 mesi

4 incontri collegiali

Osservatorio bi laterale ed incontri trimestrali

Prevista ma non fissata

Prevista ma non fissata

Parti stipulanti

RSA , sindacati azienda

RSU  ,azienda

CDA, sindacati

Esterni all’azienda

Sindacati nazionali ed azienda

CDA e sindacati esterni all’azienda

Sede di stipula

  Intersind

   Azienda

  Azienda

   Azienda

  Azienda

Dipendenti interessati

 

 16  --- 60

   

         13

   

        32        

     

       200            

  

        10

Professionalità

Venditori  ed assistenza clienti     

 Progettisti e ricercatori

 Venditori  e sollecito telefonico

 Centralino e servizio 12

 Engineering

Criteri di adesione              

 Imposto per chiusura

 Volontario

Imposto per chiusura

Volontario

Volontario

Criteri di recessione

Non previsti

Dopo 1 mese

Previsti ma non specificati

Almeno 3 anni dopo l’inizio

Entro il primo mese o dopo sei

Spese aggiuntive

A carico dell’azienda

A carico dell’azienda

A carico dell’azienda

A carico dell’azienda

A carico dell’azienda

Compensi aggiuntivi

2 , 4 milioni

3 milioni

Non previsti

Previsti ma non qualificati

2,1 milioni

Distribuzione orario

Non specificato

  Flessibile

   Flessibile

     Rigido 

Flessibile

Reperibilità

Non specificata

2 ore giornaliere consecutive

Non quantificate

----------------------------------

2 ore giornaliere concordate

Sicurezza sul lavoro

Assicurazione da parte dell’azienda

Assicurazione da parte dell’azienda

Assicurazione da parte dell’azienda

Idoneità appartamento

DL 626/1994

Obblighi rientri in sede

       No

Per riunioni o per volontà del lavoratore

Si se considerati come orario di lavoro

No solo se richiesto dall’azienda

Si per riunioni e comunque comunicato almeno 3 giorni prima

Formazione

Non prevista

Non prevista

Prevista e finalizzata al progetto

Prevista e finalizzata al progetto

Prevista

Diritti sindacali speciali

Non affrontati

Generici

Generici

Molto generici

Generici

Diritti di assemblea

Non affrontati

Non affrontati

Non affrontati

Non affrontati

Non affrontati

Comunicazione con l’azienda

Fax email

Fax email

Telefono fax email

Telefono fax

Fax email

Comunicazione con il sindacato

Non affrontati

Fax email

Telefono fax email

Non affrontati

Fax email

 

5.-  Lo status di telelavoratore in Italia.

 

E’ bene porre l’attenzione  all’accordo di telelavoro, siglato a febbraio 1996 tra la DIGITAL e le rappresentanze aziendali dei metalmeccanici (7).

E’ un contratto che nasce un po’ come sperimentazione un po’ come  risposta alla necessità di riorganizzazione di alcuni settori dell’azienda, esso si applica, per un anno a 10 impiegati  del settore engineering  che lavoreranno da casa ottenendo, per questo un compenso aggiuntivo di 2,1 milioni di lire.

La postazione  lavorativa  viene  data in comodato d’uso, la sicurezza è demandata al singolo lavoratore  secondo quanto stabilisce il D.lgs 626/94, l’orario della prestazione verrà scelta dal singolo lavoratore,  fatto salvo un periodo di reperibilità,  inoltre viene richiesta una permanenza obbligatoria in ufficio di appena tre giorni al mese.

Questo potrebbe essere un facsimile di contratto futuro applicabile ai telelavoratori, che si affacceranno nel mondo del lavoro decentrato, ma  cerchiamo  di vedere se esistono punti discordanti o concordanti tra i vari tipi di accordi  presenti in Italia sino ad oggi.

I sei contratti  visti comparativamente, hanno dei sostanziali ed importanti punti di convergenza. Anzitutto  nessuno di essi modifica lo stato giuridico dei lavoratori, che rimangono dipendenti a tutti gli effetti, ne consegue che il nuovo posto di lavoro, quasi sempre la casa dell’interessato, diviene,  sotto il profilo funzionale organizzativo, parte della premies aziendale;  tuttavia  da diritto ad avere apparecchiature, linee telefoniche, assistenza di tecnici e assicurazioni varie dall’azienda, molto spesso,  anche ad un rimborso per quella parte di casa che viene  a volte ceduta in uso all’impresa, o per il mancato utilizzo della mensa aziendale.

Questo comporta una sostanziale cristallizzazione della questione: quali innovazioni normative comporta il telelavoro?

La durata della settimana lavorativa e la valutazione della prestazione rimangono, in quattro casi su sei,  ancorati stabilmente  ai contratti nazionali pensati per il lavoratore standard, quello che passa  38 o 40 ore in ufficio.

Nel caso D & B, l’unico in cui questo aspetto  viene affrontato apertamente, ha visto l’introduzione di un cottimo telematico, seppur attenuato dalla fissazione di carichi medi di lavoro.

Alla Digital, viceversa, le parti dopo aver affermato nella  premessa contrattuale, che il telelavoro non è soggetto alla distribuzione di orario secondo l’obbligo prestabilito, che l’attività è organizzata e definita per progetti  tendenti alla realizzazione di opere predeterminate, concludono che la struttura della retribuzione di chi telelavora non subirà modifiche rispetto a chi presta la sua opera nella misura aziendale. Ora dobbiamo  sostenere, che nessun contratto di quelli messi in tabella  si sforza  di fissare criteri di valutazione del telelavoratore, legati all’attività svolta anziché alla durata. Questo lascia  aperta la riflessione sulla validità, per i telelavoratori, non solo delle clausole contrattuali generali sulla distribuzione settimanale dell’orario, ma anche di quelle che ne fissano la durata nell’anno e nel mese.

Pensiamo infatti che molti telelavoratori lavorano, dalle tre alle dieci ore al giorno anche nei giorni di festa,  ciò dovrebbe per forza comportare una tutela   ben delineata  per coloro che fanno questo tipo di lavoro, e non allacciarsi  ad un principio comparativo di uguaglianza con i sistemi contrattuali già esistenti.

Un secondo aspetto, dei contratti sinora siglati, è che, quasi senza eccezioni, sono eminentemente difensivi,  le aziende non vedono nel telelavoro uno strumento per aumentare la flessibilità, la produttività, la motivazione dei dipendenti, ma solo un mezzo  da sperimentare, per poterlo poi rivendere ad altri magari più temerari, cercando così di ridurre le spese chiudendo uffici periferici, in modo quasi indolore.

Il terzo aspetto rilevato, e ricorrente nei contratti stipulati è che, qualora  finalizzati alla soppressione di uffici e dipartimenti, rischiano i annullare il rapporto con l’ambiente dell’azienda. Se all’inizio sotto l’influsso della novità la lontananza può non comportare eccessivi problemi per il telelavoratore, nel tempo può generare estraniazione dai colleghi, dalle gerarchie e dagli scopi dell’azienda, sono perdite che a lungo andare potrebbero a pesare sull’impresa, ciò potrebbe essere eliminato pensando ad un modello non vincolistico, basato sulla configurazione di lavoro tipica o atipica dei primi  esperimenti, ma con  modelli flessibili,in cui l’alternarsi casa ufficio faccia sempre inquadrare il lavoratore come un’entità vitale.

Ulteriore elemento debole dei contratti  posti all’attenzione riguarda la  genericità  con cui si affronta la questione sindacale, infatti, fatto salvo l’aspetto formale con enunciati di principio (stessi diritti degli altri), rimane aperta la questione del diritto sostanziale del telelavoratori di essere informati, (come  di chi sta in sede), delle vicende contrattuali; solo un accordo ad esempio, riconosce il tempo di spostamento necessario per partecipare ad un’assemblea come lavoro a tutti gli effetti. E pochi sono (appena la metà) gli articolati che prendono in considerazione le modalità di comunicazione tra sindacato e telelavoratore; la quale di logica,  dovrebbe avvenire  con gli stessi strumenti - posta elettronica, fax, utilizzati dall’azienda.

In Italia lo status del telelavoratore non è ancora  ben definito data la mancanza di una specifica legge  che individui esattamente le prestazioni al videoterminale e che qualifichi il telelavoro  quale nuova forma di prestazione dell’attività lavorativa.

Opera lavorativa che deve essere sempre ricompresa nell’ambito di applicazione del generale principio di tutela del lavoro sancito dall’art. 35 della Costituzione.

Inoltre, è bene ricordare, l’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, se una controversia  non può essere decisa  con una specifica  e precisa disposizione che regola casi simili o materie analoghe, per cui se il caso in esame rimane in dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello stato (8).

 

6.- La caratteristica della prestazione del telelavoratore.

 

Il problema è quello di stabilire a quale dei tipi legali  previsti dal nostro ordinamento possa essere ricondotto il telelavoro.

La dottrina ha evidenziato come l’elemento caratterizzante il telelavoro sia la mera esternazione dell’attività lavorativa (9), sicuramente possono esistere cinque tipi di telelavoro,  correlati da altrettanti sotto tipi legali di contratto: il telelavoro come oggetto di contratto d’appalto ex art. 1655 c.c., di contratto d’opera ex art 2222 c.c., di contratto di lavoro parasubordinato, di contratto di lavoro subordinato a domicilio.

Affrontiamo il discorso sul primo  tipo legale suddetto : il telelavoro come attività d’impresa.

IL telelavoro può essere svolto sul mercato in forma  imprenditoriale laddove l’imprenditore  si avvalga degli strumenti informatici  e telematici per fornire a distanza  beni o servizi, ma pensiamo al fatto che qualora l’imprenditore, il quale eserciti la sua attività d’impresa nella forma del telelavoro, stipuli un contratto d’appalto con un’impresa committente.

Perché si configuri un contratto d’appalto, ai sensi del 1655 del c.c., è necessario che l’imprenditore, singolarmente o in forma associativa, si obblighi ad eseguire  un’opera o un servizio con apporto prevalente rispetto al lavoro personale, di attrezzature e di mezzi  e/o di altri soggetti dipendenti e con assunzione del rischio economico (10).

Questo implica che l’opera o il servizio  compiuti dall’appaltatore vengano  acquistati dal committente a titolo derivativo,  il risultato del lavoro cioè  passa in proprietà  del committente  una volta portato a termine, e non già a titolo originario come nel caso del  lavoro subordinato, dove invece il  risultato del lavoro non viene venduto dal lavoratore, volta per volta, ma appartiene immediatamente ad altri che hanno già acquistato per se  forza lavoro.

Se l’appaltatore esegue l’opera o il servizio commissionato a distanza dall’impresa  appaltante, attraverso l’utilizzo delle tecnologie informatiche, potrà essere estremamente difficile accertare, se   il soggetto obbligato debba essere considerato un vero e proprio imprenditore  ai sensi del 2082 cc,  oppure  il contratto stipulato, dovrà essere qualificato  come appalto ai sensi del 1865, poiché la difficoltà sta proprio  nel poter stabilire se l’appaltatore in questione gestisca  una vera e propria organizzazione imprenditoriale, oppure sia legato da un forte dipendenza economica con l’imprenditore committente.

Non è agevole individuare un tratto che delinei il confine tra l’organizzazione dell’imprenditore committente ed organizzazione aziendale, poiché il collegamento telematico può costituire un rete di rapporti  organizzativi molto  stretti  di quanto invece possono fare le tradizionali  forma di coordinamento tra imprese (11).

Un elemento idoneo a  svolgere  una funzione  da chiave di lettura potrebbe essere l’assunzione del rischio economico da parte dell’appaltatore il quale nell’area del lavoro dipendente  il subordinato non risulta essere coinvolto  nel risultato finale  cui l’organizzazione stessa è destinata,  visto che l’utilizzazione di sofisticati mezzi elettronici non concretizzano il concetto dell’uso prevalente di un metodo rispetto all’apporto di lavoro personale da impiegare nell’espletamento dell’attività lavorativa.

La dottrina ha suggerito che l’ipotetico appaltatore, in qualità di imprenditore individuale,  potrebbe essere considerato un lavoratore a domicilio ai sensi della legge n. 877 del 1973, che al comma I, dell’art. 1  ammette che il lavoratore  possa servirsi  di materie prime o accessorie sia di sua proprietà  sia di proprietà del committente (12).

Nell’ipotesi di lavoro associato o di imprenditore con dipendenti le possibilità di applicare la tutela lavoristica sono molte di più; infatti potremo considerare  il lavoratore a domicilio solo uno dei lavoratori associati  dimostrando che la prestazione degli altri lavoratori  è del tutto accessoria; oppure facendo ricorso al lavoro gemellato, job sharing, nel quale due soggetti occupano la stessa posizione lavorativa, dividendosi a loro piacimento la prestazione da effettuare.

Come possiamo notare il lavoratore resta personalmente vincolato e direttamente responsabile  dell’adempimento dell’intera obbligazione, se il gruppo esterno abbia assunto la forma giuridica  della società, sarà possibile configurare il rapporto di lavoro a domicilio tra imprenditore e ciascuno dei singoli soci,  rimanendo così il rapporto societario un fatto intero di una parte contraente.

 

7.- Il telelavoratore subordinato.

 

Un altro problema è quello di qualificare il contratto, quando è presente una prestazione lavorativa di determinati lavoratori, come appalto genuino, o come appalto di mere prestazioni di mano d’opera, vietato dall’ art. 1 della legge n. 1369 del 1960 (13).

Al comma III, dell’art 1 della legge sopra citata, si definisce mero appalto di prestazione di lavoro: ogni forma di appalto o sub appalto, anche per esecuzione di opere e di servizi ove l’appaltatore impieghi  capitali, macchine fornite dall’appaltante quand’anche per il loro uso venga corrisposto  un compenso all’appaltante, esiste in questo contesto il presupposto della violazione di intermediazione della manodopera, nel caso in cui questo si verifica, laddove la carenza dei materiali rende concretamente oggettivo il fatto che l’imprenditore non gestisca una vera e propria impresa ma  agisca come un intermediario di manodopera.

In questo caso allora dobbiamo considerare a tutti gli effetti i lavoratori come dipendenti della impresa committente, unica beneficiaria della prestazione.

Importante è, comunque, segnalare, che la giurisprudenza, soprattutto amministrativa, restringe molto l’applicazione per motivi concreti della legge n. 1369 del 1960 soltanto nei casi di interposizione fraudolente, cioè nei casi in cui l’appalto dell’opera mira all’elusione degli obblighi previdenziali.

 

8.- La distinzione tra l’art. 2094 c.c. e l’art. 2222 c.c..

 

Il telelavoro, nell’ambito del lavoro autonomo, per forza di cose fa riferimento  ai contratti riferiti al contratto d’opera artt. 2222 – 2230 c.c., etc.. (14).

La teleprestazione, dedotta in contratto, potrà essere riportata  nell’ambito della disciplina  del lavoro autonomo  di cui al titolo III,  del libro V, del codice civile, quando il telelavoratore  si obblighi a compiere, verso un corrispettivo,  un’opera o un servizio con un lavoro prevalentemente proprio  e senza vincolo di subordinazione.

E’ questo un contratto d’opera, ai sensi dell’art. 2222 c.c., o se l’attività prestata  dal soggetto obbligato  ha natura  intellettuale  è un contratto d’opera intellettuale  dell’art. 2230 c.c..

Per inquadrare la teleprestazione, oggetto del contratto in discussione dell’art. 2222 c.c., l’oggetto del contratto deve essere  costituito da un’opera o servizio, quindi l’esito  deve essere un effetto  che abbia le caratteristiche da poter essere visto come risultato perfetto, a differenza  del lavoro  subordinato in cui  l’oggetto del contratto  viene in rilievo non come risultato  ma come mera attività lavorativa, cioè il prestatore di lavoro  subordinato, si obbliga contrattualmente, a porre a disposizione dell’imprenditore committente le proprie energie psicofisiche, quindi il risultato per effetto e concreto è del tutto irrilevante nel contesto della qualificazione oggettiva del contratto.

La caratteristica dell’opera è la sua indivisibilità nel tempo, cioè ratione temporis, l’esecuzione dell’opera deve essere esaurita giuridicamente in un atto,  in altre parole il prestatore d’opera adempie all’obbligazione assunta in forza del contratto al momento del compimento dell’impresa la cui esecuzione non è suscettibile di adempimenti parziali a differenza del lavoro subordinato dove prevale il  concetto della illimitata divisibilità della prestazione.

L’obbligazione del prestatore d’opera, inoltre deve essere occasionale,cioè deve avere ad oggetto una singola opera se invece le obbligazioni hanno ad oggetto  una serie di opere, o di servizi  determinati,  la prestazioni autonome si configureranno come rapporti di collaborazione continuativa,  e rientreranno nel campo della parasubordinazione.

E’ questo un rapporto di durata  intesa come il protrarsi di fatto della prestazione lavorativa nel tempo, diretta a soddisfare un interesse durevole del committente (15).

Ai sensi del dell’art. 2222 c.c. la prestazione deve concludersi in un breve lasso di tempo, altro elemento dell’art. 2222 c.c. è l’assunzione del rischio economico  da parte del prestatore,  inteso come assunzione di responsabilità  contrattuale per il compimento  dell’opera perfetta, l’opera passa  di proprietà del committente, una volta portato a termine  secondo le condizioni stabilite il contratto.

Inoltre, la teleprestazione potrà essere ricondotta nell’area del lavoro autonomo, solo se, il lavoro personale risulti prevalente rispetto all’apporto di manodopera esterna e di attrezzature lavorative (16).

L’attività lavorativa in questione, necessaria per conseguire l’opera, deve svolgersi senza il vincolo di subordinazione; naturalmente il committente può impartire direttive  stabilendo quali caratteristiche debba avere l’attività, ma il prestatore, solo lui è libero di determinare le modalità di espletamento  della prestazione il luogo ed il tempo della sua esecuzione.

Il telelavoro, come oggetto di contratto parasubordinato, può essere visto solo nell’ottica  dell’art. 409, comma III, c.p.c., anche se l’espressione lavoro parasubordinato è stata creata  dalla dottrina, a causa della difficoltà di qualificare giuridicamente  rapporti di lavoro, caratterizzati  dalla compresenza di elementi  propri ,del lavoro autonomo  e del lavoro subordinato.

Il dell’art. 409 c.p.c. ha esteso la disciplina  del processo del lavoro anche a questo tipo di lavori.

Poiché questo articolo indicherebbe soltanto la forza o la debolezza contrattuale del prestatore  d’opera, caratteristica essenziale della parasubordinazione.

Il requisito di coordinamento deve essere individuato nel collegamento  funzionale della prestazione  con l’attività esercitata  dal destinatario della prestazione medesima,  ovvero, nel perseguimento delle finalità proprie  del committente (17).

Il requisito della continuità deve essere inteso per la parasubordinazione, visto che l’oggetto dell’attività dedotta in questo contesto è rappresentato da un opus,  e come tale indivisibile ratione temporis; l’espressione prestazione continuativa  è quella riferita all’art. 409, comma III, c.p.c., dove si intende il rapporto di lavoro parasubordinato, il quale è caratterizzato da una prestazione d’opera, avente ad oggetto un’opus indivisibile, svolta in forma prevalentemente personale  e senza vincolo di subordinazione.

 

9.- Il telelavoro ed il contratto parasubordinato.

 

La parasubordinazione ricorre, quando l’attività espletata attraverso reiterate prestazioni , pur in mancanza di direttive,  sia svolta, o tende a realizzare  quello che appare l’interesse fondamentale  dell’azienda  con cui collabora (18).

I telelavoratori liberi  di determinare il tempo , luogo e modalità della esecuzione potranno quindi prestare  la propria  attività alle dipendenze dell’imprenditore  sotto forma di collaborazione continuativa e coordinata, ricorrendo quindi la fattispecie della parasubordinazione quando le attività non siano dedotte in contratto soltanto come prestazioni occasionali, riferite solo ad una singola opera,  ma caratterizzate da una continuità o meglio prestazione di durata, per un periodo apprezzabile  non necessariamente a tempo indeterminato (19).

Altro aspetto è quello del telelavoro come oggetto di contratto di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c., dove il pieno assoggettamento del lavoratore  al potere eterodirezione del datore di lavoro, dove si enuclea il vincolo di natura personale, che assoggetta il prestatore al potere direttivo, con una valevole  compressione della libertà del lavoratore (20).

Ricordiamo che, in questo contesto, l’imprenditore,  in virtù della sua forza, può intervenire in qualsiasi momento  nel corso dello svolgimento dell’attività lavorativa.

Per far questo occorre che, la prestazione sia esercitata  in un determinato luogo,  e in un preciso orario, quindi il coordinamento spazio temporale deve essere considerato al pari dell’assoggettamento pieno  da un controllo esterno, elemento necessario perché si configuri il rapporto di lavoro subordinato ai sensi del 2094 c.c. (21).

Cerchiamo di trovare delle conferme nel spiegare  questo aspetto facendo riferimento  all’art. 1, della legge n.877 del 1973, sul lavoro domicilio.

La norma,al fine di rendere possibile la qualificazione, come subordinata  di una fattispecie caratterizzata dalla mancanza del coordinamento spazio temporale,  ha introdotto  una nozione di subordinazione espressamente diversa da quella contenuta nell’art. 2094 c.c., imperniata su una nozione speciale di eterodirezione; in quanto la prestazione del lavoratore a domicilio è una subordinazione tecnica, quella del lavoratore subordinato tecnico funzionale.

La specialità del concetto è connessa alla mancanza del coordinamento spazio temporale poiché se il prestatore è libero di determinare il luogo e il momento della prestazione  non è ipotizzabile  un potere contrattuale del creditore di intervenire in qualsiasi istante nel corso dello svolgimento  dell’attività lavorativa, in questo caso il potere direttivo potrà essere esercitato  solo attraverso ordini impartiti all’inizio quindi predeterminati ed il controllo circa la conformità dell’attività lavorativa potrà essere effettuato solo al termine dell’esecuzione  della prestazione (22).

Sulla base delle premesse indicate, la teleprestazione, caratterizzata dal vincolo contrattuale, circa il luogo di svolgimento della attività lavorativa, dovrebbe essere esclusa dal campo di applicazione dell’art. 2094 c.c., poiché nel telelavoro è possibile la perfetta integrazione del lavoratore nell’organizzazione imprenditoriale del creditore, nonostante la prestazione venga resa  al di fuori dei locali aziendali.

Questo è possibile  nel lavoro on line già affermato precedentemente,  poiché  il videoterminale utilizzato dal telelavoratore è collegato in maniera continuativa e interattiva con il computer madre, realizzando una perfetta sinergia tra l’attività personale svolta dal lavoratore, e il resto dell’apparato organizzativo presupposto necessario del 2094, con la differenza che nel telelavoro tale sinergia non si realizza attraverso il coordinamento spaziale, ma per mezzo di un ordine informatico telematico.

Attraverso tale coordinamento il telelavoratore  può espletare le proprie mansioni come se fossero svolte all’interno dell’azienda e il datore di lavoro  può impartire le direttive per via telematica ed in tempo reale controllare l’attività lavorativa, in questo modo al telelavoratore concretamente  on line, può essere applicata a lui  la disciplina dell’orario di lavoro   con il sistema retributivo ad orario.

Equiparando quindi tutti gli istituti della retribuzione  a tempo.

Ora, le considerazioni svolte consentono di ricondurre le forme di telelavoro indicate nell’ambito del 2094 c.c., ma occorre individuarne il contenuto, capire se l’assoggettamento pieno ed eterodirezionale può esistere nel telelavoro.

Alcuni autori, come Ichino, ritengono esso non deve essere identificato nel semplice rispetto delle procedure  imposte dal sistema informatico  operativo del computer madre, attraverso il software di base; vincolo che comunque incide  nello svolgimento dell’attività lavorativa, può essere assimilato come aspetto tecnico, che caratterizza l’uso di queste macchine, in questo modo non esisterebbe nessun contrasto  con l’autonomia della prestazione (23).

Il potere direttivo datoriale, andrebbe individuato nella possibilità  di scelta unipersonale e unidatoriale di cambiare il sistema  o programma operativo, in questo modo il telelavoratore sarebbe, per forza vincolato alle direttive inserite  nel programma  per il buon funzionamento della macchina, inoltre il 2084 c.c., ci delinea il fatto che la teleprestazione deve essere svolta in forma individuale, ovvero prestata senza un titolo esterno, neppure accessorio dei propri familiari, ma questo per il lavoro informatico è di difficile controllo. Anche il requisito della infungibilità della prestazione del lavoro subordinato può essere obiettata, infatti  per le mansioni non altamente qualificanti  il telelavoratore  potrebbe servirsi dei propri familiari o di conoscenti.

Inoltre, aspetto assai importante è che l’attività lavorativa deve essere svolta  senza alcuna organizzazione anche  minima, di mezzi ed attrezzature,  di conseguenza la teleprestazione  non può essere qualificata come subordinata, ex art. 2084 c.c., allorquando il datore di lavoro  pretenda  che il telelavoratore disponga  già di un video terminale di sua proprietà.

Il telelavoro come oggetto di contratto di lavoro subordinato a domicilio, pone il problema di qualificare il lavoro a domicilio, il quale  in base all’art. 1, della legge n. 877 del 1973, è il lavoro prevalentemente personale retribuito e prestato per conto  di uno o più imprenditori  presso l’abitazione del lavoratore o di altro locale di pertinenza dell’imprenditore committente. Devono utilizzarsi ed attrezzature proprie,dello stesso imprenditore anche se fornite per tramite di terzi (24), quest’ultima ipotesi  riguardo all’apporto di materiali  e di attrezzature  che potrebbe pervenire dal lavoratore e committente oppure dal solo lavoratore è stato chiarito dalla legge n. 858 del 1980 nella fattispecie tipica del lavoro a domicilio.

Quando la prestazione abbia le caratteristiche indicate   essa può essere qualificata come subordinata se abbia per oggetto un’attività che consiste nell’esecuzione parziale, o nel completamento della lavorazione di prodotti dell’imprenditore (25) committente,  e quando il lavoratore sia tenuto ad osservare le direttive  dell’imprenditore circa  le modalità di esecuzione.

La teleprestazione, se non rientra in questo tipo legale del lavoro subordinato in azienda ex art. 2094 c.c., può essere subordinata per la legge 877/73, sul lavoro a domicilio, se la prestazione viene  resa presso l’abitazione del telelavoratore, o in altro locale di sua disponibilità, e ricorrano i requisiti dell’assoggettamento a direttive predeterminate e dell’omogeneità della prestazione rispetto  all’attività dell’imprenditore.

Tuttavia  interpretando estensivamente  l’art. 1 della legge 877/73 sul lavoro subordinato a domicilio,  il quale  riferisce all’esecuzione di prestazioni di natura manifatturiera, al fine di includere nel campo della legge  anche le professioni impiegatizie  in versione informatica (26).

Le funzioni di direzione e di controllo vengono esercitate  dal committente  in una nuova forma, utilizzando al tal fine lo stesso computer impiegato per l’esecuzione della prestazione.

L’assoggettamento del telelavoratore alle direttive dell’imprenditore, per lo svolgimento della prestazione saranno date tramite e non solo, il cd software di base, ma anche con l’ausilio di software applicativi, programma che svolgono  al meglio la funzione direttiva eterodirezionale questo dovrebbe essere installato all’inizio del rapporto, senza la possibilità di intervenire unilateralmente nel corso dello svolgimento dell’attività (27).

Inoltre, per quanto attiene al requisito dell’omogeneità, va rilevato che, nel lavoro decentrato, non manifatturiero, può essere di difficile individuazione la stretta corrispondenza tra l’oggetto  dell’attività lavorativa  dedotta in contratto e quello dell’attività vera e propria del committente.

Infatti se nel lavoro manifatturiero a domicilio si evidenzia il fatto che la prestazione lavorativa e quindi della lavorazione viene fatta sugli stessi prodotti  oggetto dell’attività dell’imprenditore; nel lavoro decentrato non manifatturiero, invece,l’attività lavorativa, assumendo una connotazione prevalentemente intellettuale, non sempre appare direttamente correlata con il prodotto finale  dell’impresa committente.

Il problema, certo non si pone, nel caso dell’impresa del settore terziario, la cui attività consiste nella produzione degli stessi servizi,  che costituiscono  oggetto dell’attività del lavoratore :  qui la sussistenza del requisito della omogeneità  è indiscutibile si pensi, ad una impresa produttrice  di software informatico  che si avvalga di un programmatore  collegato a distanza  mediante videoterminale.

Se la teleprestazione non abbia per oggetto direttamente gli stessi prodotti o servizi  offerti sul mercato dall’azienda committente, essa può comunque essere qualificata come subordinata ai sensi della legge sul lavoro a domicilio, qualora l’attività  del prestatore costituisca una fase propria  del ciclo produttivo aziendale.

Ricordiamo, allora,che i maggiori e sicuri tratti distintivi che ci permettono di individuare il lavoro subordinato a distanza ed a domicilio, sono le figure di telelavoro off-line e one way, in quanto il telelavoratore non essendo collegato interattivamente e continuamente con l’impresa dalla quale dipende, non potrà essere soggetto ad un obbligo continuo di obbedienza, ma solo al rispetto delle direttive impartitegli magari dal software di base applicativo.

Al telelavoratore che opera off-line, oppure one way, non potrà essere applicata la disciplina dell’orario di lavoro, con conseguente impossibilità di corrispondere una retribuzione a tempo, siccome il telelavoratore off-line, non essendo soggetto a vincolo di orario, dovrà essere retribuito con il sistema del cottimo pieno.

Occorre ricordare anche, che il telelavoro off-line permette comunque un controllo remoto e quindi non in tempo reale, del numero di ore effettivamente lavorate, è un modo questo che consente di  adottare il sistema retributivo orario.

Il telelavoro off line non avendo un coordinamento telematico, continuativo ed interattivo, rende l’idea di lavoro subordinato a distanza, qualora il domicilio sia di pertinenza del lavoratore, pertanto in riferimento  alla disciplina della sussunzione e qualificazione, nel momento in cui  non siamo in grado di qualificare  un lavoro come subordinato  ai sensi del 2094 c.c. in azienda, il riconoscimento della subordinazione della teleprestazione andrà fatto  ai sensi della 877/1973 sul lavoro a domicilio (28).

Problemi, invece, si possono avere per la qualificazione o individuazione  del telelavoro on line, infatti potrà essere qualificato come subordinato ai sensi del 2094 c.c., venendo meno il rigido criterio di distinzione tra lavoro subordinato in azienda  ed a  domicilio, basato sul luogo della prestazione.

L’indice che potrebbe qualificare  la varie differenze,  potrebbe essere quello che si basa sulla differenza  della modalità di esercizio del potere direttivo, in modo tale da ricondurre  al tipo legale  del lavoro subordinato in azienda, i lavoratori  per i quali è possibile una continua ingerenza nel corso dello svolgimento dell’attività lavorativa, ed in quello del lavoro subordinato a domicilio, quelli ai quali le direttive non possono  essere impartite  continuativamente, e di conseguenza sottoponibili  ad un mera verifica dell’esecuzione della prestazione lavorativa.

La soluzione  potrebbe  essere quella di qualificare come  lavoro subordinato ex art 2094 c.c., tutte le prestazioni on line, sulle quali è sempre possibile esercitare un controllo, ma così facendo, si pone   lo stesso problema di ricondurre  il telelavoro on line  nell’uno o nell’altro tipo legale,  di lavoro subordinato, non tenendo conto di quelle forme di telelavoro interattivo, nelle quali,  pur essendo possibile  un continuo esercizio del potere  direttivo e di controllo, venga contrattualmente riconosciuta  al lavoratore un’ampia discrezionalità nella determinazione della modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.

Le stesse perplessità si hanno in riferimento  a quei casi in cui il telelavoratore  non sia soggetto ad un orario prestabilito, pur essendo sempre sotto posto ad un controllo vigilante del datore,  la difficoltà si trova quando il lavoratore, pur essendo  libero da vincoli d’orario, venga retribuito con uno stipendio fisso mensile, infatti anche se si dovessero  considerare  lavoratori a domicilio quei lavoratori non soggetti a vincoli d’orario, è sufficiente che nel contratto venga inserita una clausola disciplinante una fascia oraria di reperibilità perché il lavoratore possa pretendere di essere considerato lavoratore subordinato in azienda ai sensi dell’art. 2094 c.c..

Facciamo l’esempio dei telelavoratori della D.B.K., (29) i quali pur non essendo soggetti né ad un obbligo di orario prestabilito, né ad un risultato prefissato dallo stretto rapporto  tra orario giornaliero  di lavoro e prestazione, hanno l’obbligo  di assicurare la reperibilità per almeno due ore consecutive  giornaliere.

Nelle ipotesi considerate la presenza, nello stesso rapporto di lavoro, di elementi che caratterizzano la fattispecie lavorativa  di un tipo legale o di un altro, pongono all’interprete una difficile attività  atta a qualificare la fattispecie,  sarebbe meglio fin dalla prima seduta di stipulazione del nomen iuris da dare al contratto, venga fuori la reale volontà delle parti.

Anche la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza 3 marzo 1990, ha rivalutato nel caso di dubbio  sullo svolgimento e qualifica di un rapporto di lavoro, la volontà delle parti  ai fini della qualificazione giuridica di un rapporto o meglio di un contratto di lavoro da stipulare.

Qualificare un rapporto di lavoro autonomo o subordinato facendo leva soltanto sugli artt. 2094 e 2222 del c.c., sarebbe come fermarsi alla prima stazione, quando, invece, dovremmo scendere alla  trentesima, soprattutto per l’enorme mole di giurisprudenza della Cassazione che in questo tema, non si è davvero risparmiata.

Dei segni, distintivi, sempre presenti  possiamo prenderli come veri per il lavoro subordinato. La continuità, cioè la illimitata indivisibilità della prestazione nel tempo, la non occasionalità della prestazione, quindi siamo in presenza di un  rapporto di durata, l’inserimento fisico del lavoratore nell’organizzazione produttiva  dell’imprenditore committente, l’assenza del rischio, e la modalità di erogazione della retribuzione, oltre che l’esistenza di un orario di lavoro.

Elementi che secondo la cassazione  non sarebbero tanto qualificanti, se non si facesse leva sul concetto primario dell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro,  elemento necessario per accertare l’esistenza di un vincolo di vera subordinazione.

Gli altri elementi potrebbero insorgere nel momento in cui la eterodirezione  non fosse tanto chiara, nello svolgersi del rapporto (Cass. 3 aprile 1990, n. 2680; Cass. 10 giugno 1993,  n. 6469).

Vediamo se questi elementi possono non snaturarsi  vicino al telelavoro, uno dei requisiti che sembra perdere il valore è quello proprio della subordinazione quando la rapportiamo all’inserimento fisico del lavoratore nell’organizzazione aziendale, sostituzione che avviene per l’uso del computer e del sistema di rete informatico, oltre che al dovere di obbedienza continuo che il telelavoratore può anche disattendere per la sua reale distanza.

Circa il luogo di esecuzione della prestazione, si potrebbe avere una riflessione sull’orario di lavoro ma non è sicuramente elemento  snaturante in quanto può essere determinata come  vogliono le singole parti.

Si dovrà intervenire sulla quantità di lavoro, che dovrebbe essere determinata  in termini di informazioni raccolte, elaborate, trasmesse, o al limite determinando solo principalmente il quantum della prestazione  attraverso un fisso mensile.

Questo comporterebbe una sicura confusione tra obbligazione di risultato e di mezzi  facendo perdere il senso al concetto di continuità, inoltre il telelavoro affievolisce anche il concetto dell’assoggettamento  dell’attività lavorativa al potere direttivo del datore, poiché nel telelavoro a distanza informatico qualunque sia la forma giuridica del rapporto,  l’attività è caratterizzata  tra un dialogo continuo tra il prestatore di lavoro ed il computer  grazie al software informatico inserito all’interno di esso.

Da quanto detto emerge che la netta distinzione già  rilevata precedentemente tra lavoro autonomo e subordinato nel telelavoro non è molto netta, tuttavia dobbiamo sempre tenere bene a mente che, il lavoratore, qualificato giuridicamente come subordinato sarà soggetto ad un potere direttivo e di controllo,  al quale non sarebbe sottoposto  in eguale misura  se non fosse qualificato autonomo.

Nel telelavoro, l’assoggettamento al potere datoriale, deve essere identificato non già nel rispetto delle direttive  inserite nel programma con cui funziona il computer aziendale, (il quale caratterizza sia  il lavoro subordinato, che quello autonomo), ma è nella facoltà contrattuale  del creditore di scegliere, o di sostituire il software applicativo necessario per l’esecuzione della prestazione.

Qualora l’esercizio di questa scelta  non emerga nel contesto del rapporto di lavoro,  all’interprete non rimarrà altro che  attribuire valore decisivo ai fini della qualificazione della fattispecie, alla volontà negoziale espressa dalle parti al momento della stipula del contratto di lavoro (30).

Basarsi solamente sulla distinzione tratta dall’art. 2094 c.c. e dall’art. 2222 c.c., i quali individuano la differenza della prestazione lavorativa come subordinata o autonoma, in una visione sociale tipica mutevole in un batter d’occhio, è quanto mai, se ancora una volta ce ne fosse bisogno, riduttiva .

Proprio perché cambiano troppo in fretta le condizioni lavorative informatiche , che non permettono, a colui che presta, e a colui che da lavoro, di poter essere sicuri in una  qualificazione netta e dettagliata.

Quindi, si potrebbe intervenire correggendo gli indici tradizionali della subordinazione detti precedentemente, quando si è parlato della differenza tra il lavoro autonomo e quello subordinato, di conseguenza  si dovrebbero  cambiare  anche quelli del lavoro autonomo (31).

Infatti, i lavori connessi all’informatica, o supportati dall’informatica, andrebbero rivisti anche alla luce degli elementi, quali la fiducia, la professionalità e la volontà negoziale, ritenuti invece sempre secondari, al fine di riavvicinare anche le  tutele sull’attività lavorativa, pensiamo all’assicurazione obbligatoria, la quale dovrebbe essere uguale per tutti  subordinati ed autonomi, oltre che dovrebbe essere garantito  anche un equo indennizzo  in caso di recesso del datore di lavoro.

Altro aspetto, è quello, invece, di orientarsi sulla figura del telelavoro, sull’individuazione delle esigenze di protezione della parte economicamente più debole a prescindere da qualunque  qualificazione giuridica si voglia dare alla prestazione lavorativa.

Il circolo sull’individuazione delle varie problematiche, porta sempre a doverci soffermare sulle  due distinzioni classiche;  anche se alcuni giuristi  più evoluti  hanno voluto portare il loro contributo a questo complesso fenomeno, parlando di un terzo genere  di lavoro il quale si dovrebbe collocare  in una zona intermedia  tra il lavoro autonomo e quello subordinato.

Viene chiamato lavoro coordinato, questo tipo di proposta è stata presentata al CNEL il 26 maggio 1996 durante un seminario di diritto del lavoro presso l’università di Roma la Sapienza (32).

La proposta parte dalla considerazione che oggi, i classici elementi  di distinzione vanno cadendo in disuso, per la continua mutazione giuridica, sociologica, che il lavoro prende nei vari concreti utilizzi; quindi troppo facilmente si dice subordinazione a causa delle mutevole condizioni, oppure si fa questo uso socialtipico della parola perché non si vuole fare un adeguato sforzo per far inserire  prepotentemente questa tipologia di lavoro, giacché  l’intero apparato  va a scontrarsi con il modello storico del lavoratore subordinato, che svolge un’attività prevalentemente esecutiva,  nell’interesse esclusivo del datore di lavoro,  con marcato assoggettamento all’orario di lavoro e con esonero di responsabilità per quanto attiene alla produzione del  risultato.

Nell’ambito della disciplina degli artt. 2222 ss., c.c. e art. 2229, c.c., andrebbero ricondotte quelle prestazioni caratterizzate dall’assenza di un coordinamento, oppure dalla partecipazione all’interesse della realizzazione dell’opera e del rispetto di un programma del committente.

Qualora non ricorrano le suddette caratteristiche, le tutele andrebbero differenziate, si potrebbe far riferimento ad un’area intermedia di lavoro, comprensiva di una serie di rapporti, che implicano una elevata interdipendenza o integrazione funzionale tra le prestazioni lavorative e l’attività imprenditoriale del committente, detto appunto lavoro coordinato.

Dovrebbero essere ricomprese quelle posizioni lavorative caratterizzate dalla personalità continuativa della prestazione, dalla partecipazione del prestatore d’opera all’interesse, in vista del quale questa impresa è stata realizzata, dall’autonomia della esecuzione, nei limiti  derivanti dal necessario rispetto di un programma  predisposto dal committente, oltre che dalla conseguente responsabilità della produzione del risultato per quanto attiene alla determinazione dell’esito.

Al lavoro coordinato verrebbero quindi ricondotte tutte quelle figure intermedie che tanto importanti sono  per una qualificazione e quantificazione della prestazione: compito svolto all’interno dell’impresa, con accentuazione dei profili di professionalità applicata, creatività ed autoregolamentazione, il lavoro nei teams autogestiti, i compiti dirigenziali, la fornitura inerente al ciclo produttivo etc..

Tutto questo rientra, o potrebbe rientrare, in modo prepotente nel telelavoro, in quanto questi elementi caratterizzano fortemente il grado di integrazione nel ciclo produttivo dell’impresa, considerando la prestazione esterna del lavoratore remoto.

Il lavoro coordinato dovrebbe sempre caratterizzassi per una prestazione continuativa personale, dedotta sempre dal contratto, ma il lavoratore  sarebbe obbligato alla produzione di un risultato dal quale dipenderebbe non solo l’entità, ma anche lo stesso diritto al compenso,  con la conseguenza che questo lavoratore  e quindi telelavoratore non potrebbe essere considerato eterodiretto.

A differenza del lavoratore autonomo, quello coordinato non sarebbe obbligato,  nell’esecuzione dell’opera, all’osservanza di istruzioni predeterminate, dal momento che essendo dedotta in contratto la produzione di più risultati,  non sarebbe possibile predeterminare le caratteristiche di ciascuno di essi, poiché l’interesse del debitore potrebbe mutare  nel tempo.

Quindi il coordinamento deve essere inteso come quella modalità organizzativa  che, consente alle parti di adeguare concretamente e costantemente la prestazione continuativa del datore all’interesse del creditore.

Dovrebbe anche essere previsto il diritto del committente di impartire la prestazione con istruzioni riguardanti le caratteristiche del risultato atteso, nonché il corrispondente obbligo del prestatore di attenersi a tale istruzioni art. 1146 c.c..

Il committente dovrebbe avere il potere di controllare l’osservanza delle istruzioni impartite (art. 2224 c.c.) e di rifiutare la prestazione, quando il risultato del prodotto  non sia conforme alle caratteristiche oggetto di quelle istruzioni  art. 2226 c.c..

A questo telelavoratore coordinato dovrebbe essere garantita   la previsione  di un regime  previdenziale obbligatorio, per le minime o reali esigenze di vita ,  norme sulla garanzia personale, sulla sicurezza e sulla discriminazione oltre che il riconoscimento delle libertà sindacali.

Per il corrispettivo della prestazione coordinata e continuativa,  dovrebbe valere il principio della libera determinazione consensuale facendo riferimento alle tariffe professionali o accordi collettivi  di settore se esistenti.

Tale nuovo inquadramento dovrebbe operare in primo luogo,  per coloro che stipuleranno un contratto di lavoro, dopo l’entrata in vigore di una legge di riforma, ma potrebbe riguardare  anche i rapporti esistenti, convertendoli secondo un procedimento garantito adeguatamente, è un’opportunità in conclusione, questa verso l’avvento del telelavoratore su ampia scala , anche se, continuano a resistere incertezze sulla qualificazione legale lavorativa  da applicare, che risponda ad una tutela giuridica di pari dignità delle parti in discussione.

Un aspetto interessante è quello dei mutamenti che il telelavoro può apportare  alla nozione classica di subordinazione.

L’enorme utilizzo di sistemi informatici e telematici cui più volte si è fatto riferimento in questo scritto, ha sicuramente reso l’idea di un assioma quanto mai oggi certo, quello che il ciclo produttivo visto attraverso l’evoluzione informatica del lavoro ha portato sicuramente a stravolgere, o meglio ad affievolire, l’ingerenza del datore di lavoro  nello svolgimento dell’attività lavorativa  permettendo al telelavoratore di poter eseguire una sempre più libera prestazione lavorativa, aumentando  a livello logico anche la qualità del lavoro e del prodotto che successivamente debba entrare nel mercato globale della vendita.

In questo contesto ,il prototipo di lavoro subordinato caratterizzato, da un coordinamento spazio temporale  penetrante e da modalità  vincolate della sua esecuzione, è  sostituito da un nuovo modello  di lavoro subordinato , caratterizzato  da una minore soggezione  e da una maggiore cooperazione, voltato ad una concreta riscoperta  della produttività e del rischio, verso la correlazione tra corrispettivo e risultato della prestazione.

Quindi il ritenere che il telelavoro porti ad un impoverimento della subordinazione, causata dall’avvicinamento all’autonomia (fermo restando che la differenza tra autonomia e subordinazione), l’obbligo assunto con il contratto determina un aspetto aleatorio, poiché  il risultato è in mano al committente.

Oppure, tale rapporto di lavoro dovrebbe essere piuttosto qualificato, come lavoro parasubordinato, nel quale anche il rischio economico  del lavoro si trasferirebbe al telelavoratore.

Ma comunque l’aspetto che realmente cambia è quello esteriore della subordinazione, e non la sua struttura giuridica, in quanto l’assoggettamento del telelavoratore sempre esiste, nei confronti del potere di eterodirezione del datore;  infatti, il datore può sempre intervenire anche quando, di fatto, sembrerebbe non poterlo fare, quindi  se quest’ultimo decidesse di intervenire  nell’impartire una direttiva, il non rispettare quel comando comporterebbe il non ottemperamento alla prestazione richiesta causando  un inadempimento contrattuale.

Precisiamo anche che il lavoro remoto informatizzato e più in generale quello proprio informatizzato, può accentuare lo stato di soggezione del lavoratore.

Pensiamo all’uso di apparecchi  sofisticati da parte del datore per il controllo del personale, causando comunque una stato di soggezione apparente, ma trasformabile in concreto, in quanto il telelavoratore potrebbe pensare all’utilizzo di virus che catturino il suo comportamento  lavorativo, comportando  magari  continui sbagli sul suo adempimento contrattuale, oppure all’utilizzo di questo tipo di lavoro solo per attività meramente meccaniche che non permettono nessun  svago e nessun spazio di autonomia nel prestare l’opera lavorativa.

Il telelavoro ha due grossi componenti all’interno di se, una accentuazione della subordinazione, ed una sua attenuazione, soprattutto questo facendo riferimento al livello professionale del telelavoratore coinvolto.

La maggior parte degli accordi conclusi in materia di telelavoro, non hanno modificato lo status giuridico dei lavoratori coinvolti che resta quello del lavoratore subordinato in azienda di cui all’art. 2094 del c.c. (33).

Ricordiamo che l’accordo più esplicito in tal senso è quello siglato da TELECOM ITALIA, applicato agli operatori del  servizio 12, nel quale le parti si danno atto che il telelavoro, nella configurazione prospettata, rappresenta una mera modifica  del luogo di adempimento  dell’obbligazione lavorativa,  non incidendo  nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e sul conseguente controllo del datore di lavoro.

Negli accordi  considerati, quindi il telelavoro,  continua ad essere regolato da norme  legali e contrattuali  disciplinanti lavoro subordinato in azienda.

Tuttavia, nel rispetto delle parti sociali, sono state introdotte delle clausole che disciplinano aspetti particolari del telelavoro Telecom  tenuto conto  della specificità  del  luogo di lavoro e di modalità di espletamento della prestazione.

Il diritto alla riservatezza e all’esercizio del potere direttivo e di controllo,  è stato  visto innanzitutto attraverso il telelavoro on line, o modalità on line,un   computer  nel domicilio del lavoratore collegato con la società; con tale  tipo di collegamento interattivo, il committente può controllare in tempo reale  lo svolgimento dell’attività lavorativa,  proprio come  se avvenisse il tutto in azienda .

 
10.- Il problema dell’art. 4 della legge 300/1970.

 

In relazione alle particolari modalità della teleprestazione, le parti sociali hanno stabilito che le ordinarie funzioni gerarchiche tra le quali la direzione ed il controllo, naturalmente inerenti al lavoro subordinato, vengano espletate per via telematica si pone a questo punto il problema  della violabilità dell’art. 4 della legge n.300 del 20 maggio 1970.

Dall’analisi di questo articolo si enuclea, il fatto, che non è espressamente  indicato, il bene tutelato dalla norma, tuttavia è comunque individuabile, nella dignità della persona del lavoratore ed in particolare nel diritto del lavoratore alla riservatezza del luogo di lavoro; occorre specificare che il legislatore del 1970 non ha inteso vietare i controlli del datore  sull’operato del lavoratore,  ciò che si è inteso vietare attraverso l’art. 4 è l’abuso di tale potere.

Gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito sono gli impianti audiovisivi  e di altre apparecchiature verso una utilizzazione con esclusiva finalità di controllo dei lavoratori.

Riguardo al concetto di impianti audio visivi poco c’è da rilevare; invece per il concetto di altre apparecchiature  la disciplina è molto chiara. 

Generalmente si ritiene che con essa ci si riferisca a qualsiasi mezzo idoneo a riprodurre a distanza l’attività del lavoratore prescindendo da una riproduzione visiva di quest’ultima, il riferimento esteso può essere tuttavia fatto per macchine  o strumenti  che danno una rappresentazione analogica della realtà cioè telecamere e microfoni aperti  o anche intercettazioni telefoniche.

Per il secondo elemento la norma è stata oggetto di una analisi esegetica, visto che è prevista anche la sanzione penale con riferimento all’art. 38 della legge 300/70, infatti occorre proporsi  la domanda se l’art. 4 della 300/70 riguarda  l’attività di lavoro in senso stretto o più in generale l’attività lavorativa.

Dottrina e giurisprudenza ritengono che nell’ambito del divieto debba rientrare anche quest’ultima, cioè tutti quei comportamenti ininfluenti ai fini dell’esecuzione della prestazione di lavoro, pensiamo alle licenze comportamentali, che non consentono di distinguere  il soggetto  prestatore di lavoro  da quello considerato come persona.

La nozione di distanza, è stata vista sotto varie elaborazioni, riferendosi  non solo al controllo spaziale, ma anche al controllo temporale,ossia a quel controllo  realizzabile attraverso le memorie elettroniche.

Nell’ambito ancora del divieto di cui all’art. 4 della 300/1970, rientrano anche tutti i tipi di controllo, comunque realizzati a macchina spenta o solo installata, a quella che individua la violazione dell’art. 4, solamente nel caso, in cui, ci sia continuità e permanenza del controllo.

Infine occorre anche distinguere tra i controlli  coperti dal divieto assoluto, sanciti al primo comma dell’art. 4, da quelli del secondo comma dello stesso articolo.

I primi definiti controlli intenzionali, hanno solamente lo scopo di ledere la dignità di colui che lavora, i secondi sono ammessi solo se l’installazione d’impianti, o altre attrezzature, è dettata da esigenze motivazionali, organizzative, produttive e di sicurezza.

In quest’ultimo caso l’esigenza di cause vere e giustificatrici  rende lecito il controllo a distanza  anche se potrebbe comunque sempre derivarne un controllo occulto, (come una sorta di controllo preterintenzionale); ma siccome ci sono le cause di sicurezza che giustificano l’utilizzo di queste apparecchiature, l’installazione comunque deve essere considerata lecita.

Occorre sempre tuttavia  un accordo con le rappresentazioni sindacali  aziendali,  oppure con una commissione interna, se esiste un difetto di accordo o non esiste, su istanza del datore di lavoro, provvede l’ispettorato del lavoro dettando l’utilizzo per le modalità dell’uso  delle apparecchiature e se possono essere installate ai sensi dell’art. 4, comma II, della legge 300/70.

Esaminiamo ora l’applicabilità dell’art. 4 della legge 300/70 al telelavoro. Una parte della dottrina ha ritenuto che, il divieto di cui all’art. 4 sia totalmente inapplicabile allorquando vengano impiegate, per il controllo a distanza, le tecnologie informatiche e telematiche ,  argomentando il divieto di analogia in materia penale (34), poiché gli artt. 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori  costituiscono normativa penale, cioè di stretta interpretazione (art 14 preleggi), e delle nuove tecniche di controllo  non è  prevista né la condotta né l’evento.

Si deve ritenere, al contrario,che il generico riferimento alle apparecchiature di cui al primo comma dell’art. 4, comprenda anche l’impiego di questo tipo di strumenti, la cui diffusione certo non poteva essere prevista all’inizio degli anni ‘70, in quanto la finalità della norma è quella di considerare  vessatorio ogni controllo a distanza, in qualsiasi forma attuato (35).

Ora consideriamo se il controllo esercitato per mezzo di sistemi informatici e telematici debba essere considerato vietato oppure  lecito.

 

11.- La sicurezza.

 

Nel telelavoro, in quanto forma a distanza di lavoro, il controllo del datore sulla prestazione o teleprestazione, fa parte del  suo legittimo potere dispositivo, il quale non può che essere esercitato nella forma suindicata.

Quindi, il controllo effettuato a distanza deve essere considerato funzionale allo svolgimento del rapporto oltre che richiesto da precise esigenze organizzative dell’impresa;  inoltre, nel telelavoro, il potere di controllo è intrinseco nella stessa attività lavorativa, in quanto inserito nello stesso software di base per l’espletamento della prestazione, rientra nella cosiddetta  nella vigilanza  preterintenzionale, e come tale da concordare con le R.S.A. da sottoporre al parere dell’ispettorato del lavoro.

Questi strumenti informatici  intrinsecamente, oltre che soddisfare l’esigenza lavorativa ed organizzativa, giustificano, un controllo penetrante e costante ipso iure; anche se è facile  affermare che questo tipo di verifica  serve solo per la fase solutoria del rapporto, ma  non è di difficile comprensione che possa esserci anche  una ispezione subdola; la strada da percorrere non è certo molto lunga  pensiamo alla registrazione degli errori commessi, oppure le soste effettuate, il tempo per aprire ogni programma; oltre che dare la possibilità con appositi programmi di navigazione di entrare senza che il prestatore si accorga all’interno del suo ambiente lavorativo e controllarlo in ogni frazione di secondo, questo però potrebbe essere evitato  attraverso una analisi legittima dei controlli, i quali debbono essere valutati caso per caso senza  estendere a tutti i casi l’art. 4 della legge n.300 del 1970.

Occorrerà considerare non già le potenzialità dello strumento informatico  nel suo complesso, ma le funzioni che i singoli programmi sono in grado di svolgere.

Ma, nel telelavoro soprattutto quello on line,  non è agevole  dividere il controllo  lesivo dalla riservatezza e dignità del lavoratore, fatto sta che per ammettere questo tipo di telelavoro, sarebbe allora  indicato  proteggere la linea usata dal prestatore con programmi antiintrusione,  con accesso a chiave elettronica conosciuta solamente dal lavoratore e dalla società che permette l’uso della chiave e del suo codice.

Finora negli accordi raggiunti,  questo aspetto non è stato sicuramente garantito , infatti le funzioni gerarchiche, tra le quali quella del controllo  sono esercitate avvalendosi della linea telematica del  telelavoratore (36).

Questo è presente nell’esperimento che sta portando  avanti la Telecom Italia (37), la quale ritiene di soddisfare al pieno ciò che è garantito nell’art 4 della legge 300/70, in quanto trattandosi di norma inderogabile, la contrattazione collettiva non può disporre in peius, per la stessa ragione è irrilevante che il telelavoratore sia a conoscenza delle verifiche  suddette  e delle forme in cui esse vengono esercitate, consapevolezza che si evince dalla libera adesione dei lavoratori alle sperimentazioni di telelavoro.

Ecco perché occorre una legislazione sicuramente più accurata per questi aspetti tecnico lavoristici di tutela del teleprestatore, facendo leva  sul concetto  della chiave digitale o firma digitale la, quale permetterebbe un sicuro controllo non abusivo sulla paternità dell’operato del lavoratore, secondo anche le esigenze dell’azienda, nonchè una certa sicurezza da parte del teleprestatore, nella non violazione dei suoi  diritti garantiti sulla persona e sulla prestazione a livello di controllo.

Il diritto alla salute e alla incolumità del lavoratore nei luoghi di lavoro, ha il suo fondamento nella costituzione, ed in particolare nell’art.32, I comma, che considera la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e nell’art.41, II comma, che contempera la libera iniziativa economica  con la tutela della sicurezza , libertà e dignità umana (38).

Per la legislazione ordinaria il tutto è disciplinato dall’art 2087 c.c., che obbliga l’imprenditore ad attuare tutte le misure di sicurezza obiettivamente necessarie in relazione al tipo di ambiente e di lavoro.

Obbligo del 2087 c.c. per il datore, ma anche diritto dei lavoratori, di controllare il buon funzionamento delle macchine e degli ambienti di lavoro, il livello di igiene , oltre che trovare in base all’art. 9 della 300/70, insieme  alle rappresentanze sindacali,  le condizioni migliori per poter espletare una ottima prestazione lavorativa nell’interesse generale delle parti.

La salute del lavoratore ha trovato  una rete di protezione in una normativa dettagliata contenuta  nel D.lgs. n. 626/94, recante norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, sostituito ed integrato dal D.lgs n. 242 del 19 marzo 1996 (39).

La nuova normativa deve essere applicata anche al telelavoratore inquadrato nella fattispecie  di cui all’art. 2094 c.c., in ragione della natura subordinata  del rapporto di lavoro, e considerato che l’attività lavorativa, benché espletata  al di fuori dei locali aziendali, si svolge con l’uso di attrezzature fornite dall’imprenditore e secondo modalità  produttive da quest’ultimo decise (40).

La c.d. 626, benchè destinata al lavoro interno all’impresa, può essere anche applicata al telelavoro sia pure con certi tipi di adattamenti, in ogni caso questi ultimi dovrebbero essere valutati in base ai contratti che si intendono stipulare per un determinato tipo di teleprestazione.

Ai telelavoratori è, comunque, applicabile tutto il titolo VI, uso di apparecchiature munite di video terminale. Modificato dalla 242/96, oltre al fatto che la postazione di lavoro remoto domestico rientra nella definizione dell’art 51 lettera b) di posto di lavoro, che lo individua in quell’insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera o altro sistema di immissione dati, oppure software per l’interfaccia uomo-macchina (41).

Quindi compresi anche gli accessori opzionali, apparecchiature connesse, comprendenti unità a dischi, telefono, modem supporto per i documenti, sedia ecc .

Inoltre i telelavoratori rientrando nella categoria dei lavoratori destinatari della tutela in commento, il predetto art. 51 lettera c) individua  il campo soggettivo di applicazione di tutto il titolo IV definendo il lavoratore  come colui che utilizza  una attrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico ed abituale, per almeno quattro ore consecutive giornaliere, dedotte le interruzioni di cui all’art. 54 per tutta la settimana lavorativa (42).

Per interruzioni si intende non solo la pausa lavorativa, ma anche il cambiamento di attività.

Per i telelavoratori interessati dagli accordi finora esistenti, la discrezionalità ad essi riconosciuta nella distribuzione dell’orario di lavoro nell’arco della giornata può essere limitata dalla necessità di lavorare per almeno quattro ore consecutive, al fine di rientrare nel campo di applicazione soggettivo della  tutela  sancita.

Consideriamo il fatto che la definizione dell’art 51 lettera c) non ha nessun riscontro nella letteratura scientifica mondiale, (che parla di ore giornaliera) e contrasta con la norma comunitaria (Direttiva CEE 90/270, art. 32, lettera c),  che definisce lavoratore qualunque individuo che utilizzi regolarmente, durante un periodo significativo del suo lavoro normale, un’attrezzatura munita di videoterminale.

 

12.- La Corte di Giustizia europea e l’utilizzazione del video terminale.

 

Su questo punto si è espressa la sezione V della Corte di giustizia europea con sentenza del 12 dicembre 1996, la quale ha evidenziato ed escluso che il lavoratore utilizzi un video terminale tutti i giorni della settimana, ma non tutti i giorni per almeno 4 ore consecutive, oppure che il lavoratore possa raggiungere almeno 4 ore consecutive  tutti i giorni della settimana tranne uno.

La corte ha deciso che gli obblighi  di tutela e prevenzione  sanciti dagli articoli 4 e 5 della Direttiva 90/270 devono essere interpretati, nel senso che sono applicabili a tutti i posti di lavoro con videoterminali; naturalmente questa  sentenza non ha alcuna efficacia diretta nei confronti dello stato italiana,  mentre si pone come autorevole canone interpretativo sulla questione della legge 626/94.

Gli obblighi del datore di lavoro sono fissati dagli artt. 52 - 55 del decreto in esame; il datore deve, dopo la valutazione fatta sul rischio delle attrezzature in funzione analizzare gli aspetti che riguardano la vista, gli occhi, affaticamento fisico generale, oltre che dimensionare la prestazione lavorativa cercando di renderla meno monotona possibile.

Da ricordare anche, che il datore con  il Ministro del lavoro  e della previdenza sociale  di concerto con il Ministro della sanità, sarà tenuto ad informare i lavoratori delle evoluzione tecnologiche avvenute  sia riguardo alla organizzazione della mansione lavorativa che  alla salute  del lavoratore.

Facendo riferimento alla contrattazione collettiva, in  un solo accordo quello della DIGITAL EQUIPMENT  si è fatto esplicito riferimento all’applicabilità del suddetto decreto.

Le parti sociali oltre ad avere convenuto di applicare al telelavoro il D.lgs. 626/94, hanno previsto, previa richiesta, visite da parte del responsabile aziendale di prevenzione e protezione e da parte del delegato della sicurezza, per verificare la corretta applicazione delle norme a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, relativamente anche  alla postazione lavoro ed attrezzature utilizzate.

Ciascun telelavoratore è tenuto ad utilizzare la postazione di lavoro  nel rispetto delle norme vigenti sulla sicurezza,  a non  manomettere gli impianti, la clausola  di cui trattasi contiene poi un esplicito riferimento all’art. 5 del decreto suindicato, in base al quale ciascun lavoratore deve prendersi cura  della propria incolumità  e della propria salute in prossimità del suo spazio lavorativo.

Nel telelavoro, la responsabilità del lavoratore in ordine alla tutela della propria salute e sicurezza, assume sicuramente un peso maggiore, se si considera che per il datore di lavoro, non sussiste la concreta possibilità di verificare e controllare che il lavoratore adempia  agli obblighi imposti in qualità di soggetto attivo  dal predetto articolo.

Per quanto riguarda la tutela della salute del telelavoratore a domicilio anch’essa è garantita da un complesso di norme di cui fa parte l’art. 2, comma I, della legge 877/73, dichiara divieto generale e diretto, per quelle  lavorazioni a domicilio le quali comportino l’impiego di sostanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute del lavoratore e dei familiari.

All’obbligo negativo detto testé, si aggiunge quello del 2087 c.c. e dell’art 9 dello Statuto dei lavoratori.

Riguardo al decreto 626 /94, la normativa ivi contenuta si applica  ai sensi del comma 3 dell’art 1 nei riguardi dei lavoratori a domicilio di cui alla legge del 18 dicembre 1973, n. 877 limitatamente ai casi previsti.

Il primo riferimento è previsto nell’art. 21, comma II, nel quale si impone al datore di lavoro l’obbligo di provvedere alla informazione dei lavoratori  riguardo alla sicurezza  ed al tipo di mansione richiesta nel loro domicilio.

In un accordo concluso, quello della Dun & Bradstreet Kosmos, le parti hanno convenuto di applicare al telelavoratore, inquadrato nella fattispecie di cui alla legge 877/73, il decreto legislativo 626/94.

Sono state consentite, su richiesta, visite del responsabile aziendale per la sicurezza per verificare la corretta applicazione  della norme contenute nel decreto con riferimento alle attrezzature applicate al domicilio.

Per il telelavoratore invece è sempre previsto dall’art 5, del D.lgs. 626/94, il controllo e manutenzione effettiva delle apparecchiature utilizzate, sollevando la responsabilità della società da ogni responsabilità.

 

NOTE

 

(1) Dati dell’Associazione Lavoro e Tecnologia.

(2) Da Telework International, rivista elettronica dedicata ai casi di telelavoro .

(3) De Nicola, Telelavoro, Notiziario del lavoro, 1995, 75.

(4) Da Teletravail Magazine, 1996, I.

(5) Dati tratti da www.europa.eu.int.

(6) Dati del progetto Cee worknet da Prime esperienze di telelavoro, Milano, 1997.

(7) Fiom e telelavoro, su www.cgil.it/fiom/telev/index.htm

(8) Analogia legis e analogia iuris.

(9) M. Dell’olio, Nuove tecnologie di lavoro dipendente, 1984; G. Bracchi, Telelavoro oggi: esperienze ed opportunità, Bari, 1997.

(10) Frabbis, Organizzazione, autorità, parità di rapporto di lavoro,  in Imprenditore ed  impresa.

(11) P. Ichino, Telelavoro e normativa: le prospettive concrete per l’Italia, in Diritto e pratica del lavoro, 1991, 78.

(12) Mazziotti, Contenuto ed effetti legali del contratto.

(13) Ai sensi dell’art. 1, comma I, della legge n. 1369 del 1960, è vietato all’imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi forma, anche a società cooperative, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o dall’intermediario, qualunque sia la natura dell’opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono .

(14) Santoro Passatelli,  Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1985.

(15) P. Ichino, Libertà formale e materiale del lavoratore nella qualificazione della prestazione come autonoma o subordinata, in RIDL, 1987, II, 76.

(16) P. Pascucci, Quadro giuridico del telelavoro, in AA.VV., Il telelavoro nelle banche e nelle assicurazioni, Roma, 1995.

(17) Cass. 9 Maggio 1983, n.3198.

(18) Cass. 15 aprile 1982, n. 2273.

(19) P. Ichino, Problemi giuridici del telelavoro, in Notiziario del lavoro, 1996, 75.

(20) Cass. 3 aprile 1990, n. 2680, in Rivista giuridica del lavoro, 1991, II.

(21) P. Ichino, Lavoro subordinato: definizione dell’art. 2094 c.c., Milano,1992.

(22) M. Dell’Olio, Art. 4 dello Statuto dei lavoratori ed elaboratori elettronici, in Dir. Lav., 1986.

(23) P. Ichino, Il lavoro subordinato: definizione ed inquadramento, Milano, 1992.

(24) Cass. 15 luglio 1987, n. 6197.

(25) Pretura Torino 26 novembre 1987, in Orientamenti giurisprudenziali del lavoro, 1989.

(26) G. Gaeta, In lavoro a distanza, Napoli, 1994.

(27) P. Ichino, Il lavoro a distanza, in Diritto e pratica del lavoro, 1991.

(28) P. Pizzi, Brevi considerazioni sulla qualificazione giuridica del telelavoro, in Rivista giuridica del lavoro, 1997.

(29) Pagine dedicate dalla Fiom ai contratti di telelavoro

(30) G. Cassano e S. Copatriello, Ricerche di diritto dell’informatica, Padova, 1996.

(31) G. Gaeta, Lavoro a distanza, Napoli, 1995.

(32) Seminario organizzato dal centro studi di diritto del lavoro di D. Napoletano Università la Sapienza di Roma in collaborazione con Confindustria ( De Luca Tanniso , Luciano Gallino).

(33) Riferimento agli accordi conclusi dalle società Saritel, Italtel, Telecom, da prime esperienze italiane di telelavoro, Milano, 1996.

(34) G. Pera, Innovazioni tecnologiche e statuto dei lavoratori in quaderni  di diritto del lavoro italiano, 1989, 7.

(35) P. Zanelli, Nuove tecnologie legge e contrattazione collettiva, Milano, 1993.

(36) Manacorda, Il telelavoro: l’ufficio a distanza, Napoli, 1995.

(37) Negli accordi telecom, le parti prendono atto che risulta soddisfatta la condizione di cui all’art. 4, comma II, della legge 300/70.

(38) Galgano e Rodotà, Rapporti economici, in Comm. Cost., 1982.

(39) Il D.gls 242/96 corregge ed integra il D.lgs 626/94 attenuando la rigidità della disciplina originaria, modellando alcune prescrizioni in modo da rendere più agevole il loro adempimento nella unità organizzativa.

(40) S. Margiotta, La nuova mappa della sicurezza, in Dir. Prat. Lav., 1996.

(41) Compresi modem, telefono dischi rigidi, stampanti, etc..

(42) Lettera “a” modificata dall’art. 1, comma II, D.gls. 242/96: operatore al video terminale è colui che utilizza tele-attrezzature per almeno quattro ore consecutive.