Nullità dell’atto di citazione per la mancanza, nell’invito al convenuto a costituirsi prima dell’udienza indicata nell’atto medesimo, dell’indicazione del termine di venti giorni, di cui all’art.163 c.p.c., n.7.

(Nota a Tribunale di Vallo della Lucania, Ordinanza 5 luglio 2000, G.I. Verdi)

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Tribunale di Vallo della Lucania: Ordinanza 5 luglio 2000,  G.I. Verdi

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………. omissis

Il G.I.

rilevato che parte attrice nell’atto di citazione ha invitato il convenuto a costituirsi nei termini previsti dall’art.166 c.p.c.;

ritenuto che per orientamento giurisprudenziale prevalente la vocatio in ius non si perfeziona con il mero invito al convenuto a costituirsi nei modi e nei termini previsti dall’art.166 c.p.c., ma è invece necessario specificare che il termine per costituirsi precede di 20 giorni l’udienza fissata dall’attore per la comparizione;

ritenuto, pertanto, che la nullità della citazione ai sensi dell’art.164, 3° comma, c.p.c. esclude che il convenuto, costituitosi tardivamente, sia incorso nelle decadenze previste dall’art.167 c.p.c. e dell’art.269 c.p.c.,

PQM

fissa nuova udienza di comparizione delle parti per il giorno 24.11.2000, ordinando al convenuto di chiamare in causa per detta udienza l’Assicurazione.

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Ai sensi dell’art. 163 c.p.c., n. 7, l’atto di citazione deve contenere, oltre all’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione, l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme dell’art. 166 c.p.c. con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all’art. 167 c.p.c.

L’art. 164 c.p.c. prevede la nullità dell’atto di citazione se manca l’avvertimento previsto dal n. 7 dell’art. 163 c.p.c.; al 3° comma prevede ancora che la costituzione del convenuto sana i vizi della citazione; tuttavia se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7 dell’art, 163 c.p.c., il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini.

Orbene, per un’autorevole dottrina “… per la validità dell’atto introduttivo non è sufficiente il mero generico rinvio ai termini di cui all’art.166 c.p.c., ma è necessaria, invece, l’esplicita quantificazione di tali termini. ……… La ratio dell’avvertimento di cui all’art.163 c.p.c., n.7, è quella di far comprendere al destinatario della citazione che, per evitare conseguenze pregiudizievoli, la sua difesa dev’essere approntata ben prima della data dell’udienza indicata nella citazione medesima. Il che, evidentemente, mira a ridurre il rischio, ben noto agli operatori forensi, che lo sprovveduto convenuto si rivolga al proprio legale solo nell’imminenza della suddetta udienza, e quando non sarebbero più possibili le attività contemplate dai commi 2° e 3° dell’art.167 c.p.c.” (G. BALENA, in La riforma del processo di cognizione, Napoli, 1994, 94; in senso analogo, LASAGNO, in AA.VV. Le riforme del processo civile, Bologna, 1992, 91). Seguendo tale orientamento, si sostiene che “... Il convenuto, dal semplice richiamo dell’art.167 c.p.c. non può dedurre, senza l’ausilio di un legale, le problematiche inerenti e derivanti da tale intempestiva costituzione. Probabilmente, il legislatore ha voluto fare riferimento all’intero n. 7 dell’art. 163 c.p.c. con la conseguenza che, l’avvertimento non deve consistere in una mera ripetizione degli articoli del codice di procedura civile, ma deve fare riferimento al termine: vi deve essere, quindi, l’esplicito avvertimento che se il convenuto non si costituirà entro venti giorni prima dell’udienza, incorrerà nelle decadenze previste dall’art.167 c.p.c.” (JACCHERI, in Giustizia Civile, 1993, II, 543). Su tale posizioni è peraltro anche la migliore dottrina, la quale afferma, che “l’avvertimento dell’art.163 c.p.c. riguarda l’intero n. 7 (non solo l’invito a costituirsi e comparire, ma anche, e soprattutto, l’indicazione del termine ultimo per la costituzione e l’indicazione delle decadenze correlate alla mancata, tempestiva costituzione). Sembra corretta tale interpretazione, nello spirito della riforma, che è di rendere nota al convenuto l’attività da compiere per evitare le decadenze” (F. P. LUISO in Commentario alla riforma del processo civile a cura di C. CONSOLO, F. P. LUISO e B. SASSANI, Milano, 1996, 83; in tal senso, anche CARPI, COLESANTI e TARUFFO, in Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 1994, 365: “sembra preferibile quest’ultima soluzione, in quanto più confacente allo spirito della riforma ed in grado di assicurare una maggiore parità tra attore e convenuto”; analoghe considerazioni sono riportate in Codice di procedura Civile, a cura di N. PICARDI, Milano, 2000, 755). Infine, è opportuno rilevare come “la tecnica prevista dal legislatore del 1990 ha alcuni precedenti: basti pensare all’avvertimento ex art.641 c.p.c. che entro venti giorni può essere fatta opposizione al decreto ingiuntivo …….. si ha, dunque, un avvertimento che in mancanza di opposizione entro quel preciso termine scatteranno alcune conseguenze pregiudizievoli. Il legislatore è stato garantista nei confronti del convenuto, ma ha sempre ricollegato la nullità ad un pregiudizio (anche se in concreto il convenuto non lo ha subito non è rilevante: è sufficiente un atto potenzialmente idoneo a fondare un pregiudizio). La ratio del comma III, dell’art.164 c.p.c. deve essere, quindi, ricollegata ad una tutela non indiscriminata nei confronti del convenuto, ma ad una tutela che nasca da una effettiva, potenziale, lesione di un diritto del contraddittorio.” (JACCHERI in Giustizia Civile, 1993, II, 543).

Antonio Milite