La giurisdizione oggettiva, la sua funzione in tema di tutela dei diritti soggettivi incisi da un provvedimento camerale e le differenze rispetto ai processi a contenuto oggettivo.

 

Francesca Romana Stefanelli

 

Secondo un’insigne dottrina (1) possono individuarsi, attraverso la lettura delle norme costituzionali, due differenti tipi di funzioni giurisdizionali.

Gli artt.24, 25, 27 e 113 Cost. individuano quelle funzioni giurisdizionali che il legislatore è vincolato ad istituire e ad attribuire ai giudici e che perciò si definiscono funzioni giurisdizionali necessarie. Esse sono la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, la cognizione e la punizione dei reati.

Altre funzioni sono invece per la Costituzione non necessariamente giurisdizionali, possono cioè essere affidate ai giudici oppure ad organi diversi secondo una scelta discrezionale del legislatore. Nel caso in cui siano affidate al giudice, però, esse assumono carattere giurisdizionale non soltanto dal punto di vista formale, in ragione del soggetto che le esercita, ma pure da quello sostanziale. A questo gruppo di funzioni giurisdizionali apparterrebbe la discussa categoria della volontaria giurisdizione, laddove la volontarietà indicherebbe appunto la discrezionalità con la quale il legislatore  può scegliere o meno di affidare tali funzioni all’organo giudiziario.

Queste considerazioni assumono grande rilevanza ai fini dell’individuazione della c.d. “giurisdizione oggettiva”.

Nell’ambito delle funzioni giurisdizionali non necessarie, infatti, possono ancora individuarsi due differenti categorie. La prima comprende quelle funzioni che consistono nell’autorizzare o nel predisporre atti giuridici sostanziali. I provvedimenti assunti concorrono, come elementi non “principali”, a costituire le fattispecie giuridiche degli atti sostanziali che essi autorizzano o predispongono. Per questo tipo di funzioni si ritiene calzante l’inserimento nell’ambito della volontaria giurisdizione (2).

La seconda categoria comprende quei giudizi che, lungi dal concludersi con provvedimenti di autorizzazione o predisposizione di atti di diritto sostanziale, si concludono invece con provvedimenti finali di per sé costitutivi di compiute fattispecie e in grado di realizzare l’immediata tutela degli interessi in gioco. Possono costituire oggetto di queste funzioni giurisdizionali sia “pluralità di interessi che (…) l’ordinamento ritiene di non poter soggettivare”(3) perché propri di un gruppo, di una collettività, o perché comunque superindividuali, sia veri e propri diritti soggettivi imputabili il cui concreto esercizio si ponga, nelle vicende prese in considerazione dalla norma, in stretto e inscindibile collegamento con specifici interessi pubblici o superindividuali (4).

Per questo tipo di funzioni la dottrina in esame ha coniato la qualifica di funzioni giurisdizionali puramente (5) oggettive, rileggendo la nozione di procedimenti a contenuto oggettivo di alloriana memoria e così distinguendole dalle funzioni di giurisdizione volontaria. Le forme processuali con cui tali funzioni sono esercitate sarebbero, in genere, quelle della cognizione normale ma spesso il legislatore adotterebbe pure il modello camerale con l’applicazione però in quella sede delle garanzie fondamentali del processo contenzioso ( principio della domanda, principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ma, soprattutto, principio del contraddittorio) nella misura in cui esse siano compatibili con le esigenze di celerità e snellezza delle procedure camerali.

L’opportunità di distinguere la categoria della giurisdizione oggettiva da quella affine della volontaria giurisdizione si può cogliere sotto un duplice profilo (6).

La qualifica di questi provvedimenti come giurisdizional-volontari sarebbe del tutto superflua in relazione al modo di produzione del provvedimento poiché, in ogni caso, restano applicabili le norme dettate per i procedimenti in camera di consiglio.

Tale qualifica finirebbe invece con l’essere addirittura dannosa nelle ipotesi in cui il provvedimento camerale emanato al termine del procedimento incida su diritti soggettivi. Le forme di tutela previste dalla disciplina camerale non assicurerebbero ai titolari dei diritti incisi le garanzie del contraddittorio che, invece, secondo questa dottrina verrebbero assicurate configurando il procedimento come appartenente alla giurisdizione oggettiva.

Per certi tipi di provvedimenti camerali è la legge a prevedere forme di collegamento tra la  tutela non contenziosa e quella contenziosa, inserendo nel processo di giurisdizione non contenziosa incidenti o fasi di struttura contenziosa nel cui ambito sono assicurate le garanzie del giudizio a cognizione piena, oppure apprestando processi di tipo contenzioso successivi a quelli non contenziosi. In tutti gli altri casi, invece, i diritti soggettivi lesi dal provvedimento camerale restano privi di adeguata tutela. L’inserimento nell’ambito della giurisdizione oggettiva di tutte quelle iposi in cui alla lesione di interessi di rilevanza pubblicistica si accompagni pure la lesione di diritti soggettivi rende invece possibile accedere ad una tutela adeguata di questi ultimi.

A chi vede inciso un proprio diritto nel giudizio camerale viene dunque concessa un’azione a tutela di quest’ultimo che si esercita in via di cognizione ordinaria e investe sia gli aspetti di legittimità che di merito (7). Si devono però distinguere due ipotesi. Nei casi in cui gli interessi che si intende tutelare attraverso la giurisdizione oggettiva non coesistono strutturalmente con i diritti soggettivi che subiscono “l’incisione”, di modo che non vi sono limiti precostituiti al loro contenuto e la loro compressione o soppressione ha luogo soltanto in seguito all’accertamento del giudice non contenzioso, non si può negare ai soggetti lesi una tutela successiva contenziosa. Nei casi in cui la suddetta coesistenza sussiste il sacrificio dei diritti soggettivi non è la conseguenza della valutazione del giudice contenzioso ma la conseguenza dei limiti che la normativa sostanziale pone al loro contenuto, dal momento che tali diritti non hanno alcuna prevalenza né parità rispetto all’interesse generale perseguito dalla norma. Per questi motivi non si ritengono necessari innesti, nel procedimento non contenzioso, di strutture o incidenti contenziosi, né opposizione contenziose successive.

Si tenga presente che, in ogni caso, in ragione dell’autonomia delle due forme di tutela  -non contenziosa e contenziosa- si deve escludere che il giudice contenzioso possa disapplicare il provvedimento emanato in sede camerale. Il legislatore, infatti, ha riservato al giudice camerale la competenza a conoscere una serie di procedimenti nei quali sono contestualmente coinvolti, e necessariamente oggetto di valutazione, sia il diritto soggettivo sia quegli specifici interessi pubblici che ne condizionano alcuni momenti di esercizio (8). Il giudice contenzioso non può, né ha gli strumenti, per sovrapporsi alle decisioni di quello camerale e sostituirle (9) ma può valutare la questione da un diverso angolo prospettico per fornire al diritto inciso la piena tutela nei limiti in cui sia compatibile con gli scopi del procedimento.  E’ possibile, infatti, che, nonostante venga accertata in sede contenziosa l’incisione su di un diritto soggettivo, essa sia comunque giustificata dalla necessità prevalente di tutelare un interesse generale (10), nel qual caso l’unica possibilità di reintegrare il diritto leso si risolverebbe nel risarcimento dei danni (11).

Se un’equiparazione della giurisdizione oggettiva con la giurisdizione volontaria sarebbe controproducente, tradirebbe, invece, gli intenti della dottrina che ne ha tracciato i caratteri un suo eventuale accostamento con i c.d. processi a contenuto oggettivo. Con questa espressione si intende indicare quei processi in cui l’oggetto dell’accertamento giurisdizionale non è il diritto soggettivo della parte bensì il dovere stesso del giudice di provvedere (12). Anche questo tipo di accertamenti, come quelli su diritti o su stati personali, culminerebbero in un giudicato e perciò farebbero con essi parte dell’attività giurisdizionale (13).

La dottrina (14) che recentemente è tornata a riflettere sul valore di questa nozione, ha sottolineato come per lungo tempo non se ne sia colto appieno il significato limitandosi ad intenderla come “una formula nuova” per descrivere tutte quelle attività giurisdizionali volte allo scopo prevalente di realizzare il diritto obiettivo. Così intesa, la categoria dei processi a contenuto oggettivo avrebbe un ben scarso valore distintivo, dal momento che in realtà ogni funzione giurisdizionale è oggettiva nella misura in cui essa tende sempre all’attuazione del diritto oggettivo (15). Proprio per attribuire alla categoria un valore autonomo, la dottrina di cui abbiamo descritto le conclusioni al principio di questo paragrafo, ha coniato l’espressione “giurisdizione puramente oggettiva” per indicare il carattere prevalente dello scopo oggettivo su quello di tutela delle situazioni soggettive. E’, però, proprio a questo punto che le due teorie di cui stiamo dando conto si separano, su quella che può sembrare una questione soltanto terminologica ma che è in realtà di sostanza.

Dal punto di vista terminologico, l’espressione “giurisdizione puramente oggettiva” definisce la categoria in relazione ai fini cui mira. Questa scelta è criticata da chi (16) ritiene che una definizione basata sull’analisi dei fini non possa mai essere soddisfacente poichè gli scopi cui mira un’attività giurisdizionale sono sempre svariati e perciò non sono in grado di caratterizzare una funzione rispetto ad un’altra. Per questi motivi si è ritenuto di dover recuperare l’espressione alloriana di “procedimenti a contenuto oggettivo” che indicherebbe la volontà di individuare la categoria in relazione alla sua struttura e alle regole formali dettate dal legislatore per lo svolgimento di tali processi. Ma, dicevamo, la questione non è squisitamente terminologica. Individuato nell’analisi strutturale il mezzo per giungere ad una corretta definizione della categoria, la dottrina indica come suoi caratteri distintivi, elementi strutturali e formali incompatibili con quelli propri dei procedimenti di giurisdizione oggettiva quale l’abbiamo definita. I processi a contenuto oggettivo sfociano, infatti, in pronunce assistite dall’autorità di giudicato, la domanda di parte si risolve in un mero atto d’impulso, quando il procedimento non inizi ex officio, dal momento che l’oggetto è costituito dal dovere giurisdizionale di provvedere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

 

(1) L.Montesano, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1994, p.20 e ss.

(2) L.Montesano, op.cit., p.20 e 23

(3) L.Montesano, op.cit., p.25 (4) G.Arieta, Giurisdizione camerale e sindacato contenzioso, in Riv.dir.proc., 1995, p.1070 (5) Sul valore del carattere puramente oggettivo e non oggettivo tout court vedi infra in questo paragrafo. (6)Le argomentazioni usate per giustificare l’opportunità della distinzione tra giurisdizione volontaria e giurisdizione oggettiva sono di L.Montesano, voce Giurisdizione volontaria, in Enc.giur.Treccani, c.4 (7) L.Montesano, “Dovuto processo” su diritti incisi da giudizi camerali e sommari, in Riv.dir.proc., 1989, p.941 (8) G.Arieta, op.cit., p.1076 (9) A.Proto Pisani, op.ult.cit., p.427 (10) M.F. Ghirga, Il procedimento per irregolarità della gestione sociale, Padova, 1994, 510 (11) A.Proto Pisani, op.ult.cit., p.402 e ss.; M.F. Ghirga, op.cit., 510. Contra L.Montesano in Relazione cit… secondo cui la risarcibilità pecuniaria è incompatibile con la distinzione tra funzioni giurisdizionali e amminisrative dal momento che tale previsione ripropone la stessa regola che impone la giudice civile di sanzionare solo pecuniariamente le lesioni amministrative dei diritti soggettivi. (12) Il primo autore a far menzione dei processi a contenuto oggettivo fu E.Allorio, L’ordinamento giuridico nel prisma  dell’accertamento giudiziale, in Problemi di diritto, I, Milano, 1957, p.116 e ss. (13) E.Allorio riconosceva nell’attitudine a produrre la cosa giudicata l’elemento distintivo dell’attività giurisizionale (14) F.Tommaseo, I processi a contenuto oggettivo, Riv.dir.civ., 1988, I, p.495 (15) L.Montesano, op.ult.cit., p.25 (16) F.Tommaseo, op.cit., p.500