ESPROPRIAZIONE
PER PUBBLICA UTILITA MANCANZA DI VALIDA ED EFFICACE
DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITA OCCUPAZIONE
USURPATIVA CONFIGURABILITA.
(Cassazione
Sezione Prima Civile Sent. n.1814/2000
Presidente P. Reale Relatore S. Benini P.M. A.
Golia concl. conforme)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 20.7.1884, G. P. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di P. il Comune di M. e lIstituto autonomo case popolari della provincia di P., chiedendo la condanna in solido allindennità per il periodo di occupazione temporanea ed al risarcimento del danno per loccupazione appropriativa di un fondo di sua proprietà sito in contrada Equino, irreversibilmente trasformato con la realizzazione di alloggi popolari.
Si costituivano in giudizio le amministrazioni convenute, il Comune deducendo limproponibilità della domanda e lincompetenza del Tribunale, lI.a.c.p. eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e formulando in subordine domanda di rivalsa nei confronti del Comune. Alla causa ne erano riunite altre due,
iniziate dagli eredi del P. contro il Comune di M., rispettivamente di opposizione alla determinazione amministrativa dellindennità di esproprio, e di accertamento dellirrilevanza del decreto di esproprio nel frattempo emesso, in quanto successivo allirreversibile trasformazione del fondo. I tre giudizi erano riuniti.
Il giudice di primo grado, accertata una fattispecie di occupazione appropriativi in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, venuta meno per lannullamento del piano per ledilizia economica e popolare, condannava Comune e I.a.c.p. in solido al risarcimento del danno commisurato al valore venale del fondo, pari a L.5.214.077.396, oltre interessi legali e anatocistici, riconosceva diritto di rivalsa a favore dellI.a.c.p. contro il Comune, e rigettava la domanda di indennizzo per loccupazione. Proponevano appello il Comune di M. e lI.a.c.p. di P., e incidentalmente gli eredi P..
Con sentenza depositata il 17.3.1998, la Corte dAppello di P., ritenuto applicabile il sopravvenuto art.3, comma 65, l. 23.12.1996 n.662, che ha aggiunto allart.5 bis l. 8.8.1992 n.359, un comma 7 bis, riduceva la somma liquidata a titolo di risarcimento per loccupazione appropriativi a L.2.556.216.637, limitava la responsabilità solidale dellI.a.c.p. nella misura di L.843.776.356, in più condannava il Comune al risarcimento dei danni per loccupazione illegittima nel periodo anteriore allirreversibile trasformazione, liquidati in L.489.941.152, e in via solidale lI.a.c.p. limitatamente alla somma di L.163.640.344, oltre interessi legali su detti importi, a decorrere dalla pubblicazione della sentenza, escluso lanatocismo; rigettava le domande di garanzia reciprocamente formulate da I.a.c.p. e Comune di M..
Ricorrono per cassazione B. P., in proprio e quale procuratrice generale di M. C. P., L. P., G. P., G. G. di C., M. G. di C. e O. G. di C., affidandosi a tre motivi, al cui accoglimento si oppongono con controricorso sia il Comune di M. che lI.a.c.p. di P., che a loro volta propongono ricorsi incidentali, rispettivamente fondati su otto e su tre motivi (lI.a.c.p. dichiara peraltro di aderire al ricorso incidentale del Comune, fata eccezione per i motivi attinenti alla legittimazione passiva).
Tutte le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente disporsi la riunione dei procedimenti ai sensi dellart.335 c.p.c., avendo essi ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.
Con il primo motivo di ricorso, B. P., in proprio e quale procuratrice generale di M. C. P., L. P., G. P., G. G. di C., M. G. di C. e O. G.di C., denunciando violazione degli artt.9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 l.25.6.1865 n.2359, mancata applicazione dellart.39 l. cit., impropria applicazione dellart.3, comma 65, l.23.12.1996 n.662, che ha modificato lart.5 bis l.8.8.1992 n.359, ed omessa, e in parte viziata motivazione su punto decisivo, censurano la sentenza impugnata per non aver tenuto conto che loccupazione del terreno di proprietà P. e la successiva irreversibile trasformazione, furono poste in essere nella totale assenza di una dichiarazione di pubblica utilità. Il piano per ledilizia economica e popolare, da cui scaturiva la pubblica utilità dellopera, fu annullato dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione con sentenza 25.10.1988, n.165: gli atti ablatori successivi, in particolare il decreto con cui era autorizzata loccupazione durgenza, furono emessi in totale carenza di potere. Ragione per la quale non si poteva neppure configurare nella specie unipotesi di accessione invertita: realizzandosi un fatto illecito, il privato ha diritto al risarcimento commisurato al valore venale del bene, con la conseguente inapplicabilità del criterio di liquidazione del danno sancito dallart.3, comma 65, l. 662/96.
Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt.71, 72, 73 e 39 l.25.6.1865 n.2359, e motivazione inadeguata su punto decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto che lindennità di occupazione dovesse essere commisurata allimporto dellindennità di espropriazione, e non al valore venale del fondo. In primo luogo, limporto cui commisurare, in percentuale, lindennità di occupazione, non poteva essere liquidato, per le ragioni esposte al primo motivo, con lapplicazione dellart.5 bis l.359/92; in secondo luogo, il carattere eccezionale dellart.5 comporta non potersene estendere le regole, tassativamente riferite dalla norma allindennità di esproprio, anche ad ipotesi diverse, come lindennità di occupazione.
Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt.39, 71 e 72 l.2359/1865, dellart.1282 c.c., dellart.2043 c.c., e carente motivazione su punto decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver negato il cumulo degli interessi sullimporto del risarcimento rivalutato, per la pretesa ragione che ciò avrebbe comportato per i P. un duplice ingiustificato vantaggio. Diversamente, trattandosi di debito di valore in quanto derivante da fatto illecito, la rivalutazione ha la funzione di ripristinare la situazione economica del danneggiato quale era anteriormente al fatto generatore del danno, mentre gli interessi hanno funzione compensativa, con la conseguenza che le due misure sono cumulabili: ai ricorrenti la sentenza dappello ha attribuito il risarcimento del danno per la perdita del terreno, e non anche il risarcimento del danno subito per il mancato godimento dello stesso per i sedici anni per i quali lillecito, a carattere permanente, è durato fino ad oggi.
Passando
ai ricorsi incidentali, con il primo motivo di ricorso, il
Comune di M., denunciando violazione e falsa applicazione di
legge e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per
aver ritenuto lillegittimità ab origine delloccupazione,
in contrasto con i principi di intangibilità e immutabilità
del giudicato. La complessa vicenda giurisdizionale amministrativa,
che ha visto limpugnazione di una serie di atti della
procedura ablatoria, ha tuttavia fatte salve le delibere di
giunta municipale nn.528 e 5286 del 1992, in particolare di
questa seconda, con cui è stata disposta loccupazione dellarea:
lannullamento del p.e.e.p. non ha comportato lannullamento
del decreto di occupazione e degli atti ad esso presupposti e
connessi, smentendosi con questo laffermazione della Corte
dappello di P., secondo cui loccupazione fu
illegittima ab origine.
Con
il secondo motivo di ricorso, il Comune, denunciando violazione
e falsa applicazione di legge, censura il vizio di
ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata per
aver ritenuto loccupazione illegittima ab origine:
gli atti introduttivi delle tre cause riunite davanti al
Tribunale non mirano in alcun modo ad infìciare loccupazione.
La Corte dappello avrebbe dovuto rilevare il vizio di
ultrapetizione in cui è incorso il giudice di primo grado, e per
di più non avrebbe dovuto pronunciarsi in ordine ad unipotetica
illegittimità originaria delloccupazione, posto che (a
parte lazione di opposizione alla stima dellindennità),
si era chiesto, nella prima causa, il risarcimento per lirreversibile
trasformazione dopo la scadenza del biennio di occupazione, e
nellultima la disapplicazione del decreto di esproprio, ma
per motivi diversi da unipotetica domanda di accertamento
di illegittimità originaria.
Con
il terzo motivo di ricorso, il Comune, in realtà,
si limita a contrapporsi al primo motivo del ricorso principale,
assumendo la corretta applicazione, operata dalla sentenza di
merito, del comma 7 bis dellart. 5 bis, 1.
359192, come aggiunto dallart. 3, comma 65, 1. 662/96.
Con il quarto motivo di ricorso, il Comune, denunciando violazione e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver omesso di ritenere la legittimità di tutto liter amministrativo, la conversione della domanda risarcitoria in quella di opposizione alla stima e perciò la competenza in unico grado della Corte dappello. I proprietari P. non hanno mai contestato la legittimità del procedimento espropriativo, che essi hanno assecondato, proponendo opposizione alla stima dellindennità determinata in via amministrativa. Inoltre, il già decreto n. 5286 del 16.6.1992, di autorizzazione alloccupazione, adottato con richiamo allart. 20 1. 22.10.1971 n. 865, fissava il termine biennale per linizio delle operazioni espropriative, ma concedeva cinque anni per lultimazione di esse. Per tale via, o anche, ritenendo unefficacia solo biennale del decreto di occupazione, per via delle proroghe legislative in seguito intervenute, che hanno operatività automatica, il decreto di esproprio, emesso 18.6.1987, è tempestivo, in quanto intervenuto in costanza di occupazione legittima. La valutazione della procedura in termini di legittimità comporta il rigetto della domanda risarcitoria, e lammissibilità di quella indennitaria, comunque proposta dal P., rispetto alla quale, però, si configurava la competenza della Corte dappello in unico grado.
Con il quinto motivo di ricorso, il Comune, denunciando violazione e falsa applicazione delle norme in tema di legittimazione passiva, e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto la responsabilità del Comune per la trasformazione dei fondi di proprietà P., mentre loccupazione è stata effettuata dallI.a.c.p. di P. e da alcune cooperative.
Con il sesto motivo di ricorso, il Comune denuncia erronea liquidazione dellindennità di occupazione legittima e ultrapetizione. Lindennità di occupazione è stata rapportata ad un quadriennio, mentre nellatto introduttivo era stata richiesta per un biennio, inoltre essa non era dovuta, essendo il fondo improduttivo a causa di un incendio, restando, sotto tal profilo, ultronea ogni considerazione sulla natura agricola o edificabile del fondo. Sotto altro profilo, comunque, la sentenza appare aver operato corretta liquidazione dellindennità, ancorata, secondo le indicazioni della più recente giurisprudenza della Suprema Corte, al valore legale espropriativo, anziché al valore venale.
Con il settimo motivo di ricorso, il Comune denuncia il vizio di ultrapetizione in rapporto alla rivalutazione concessa dalla Corte dappello sulle somme liquidate a titolo di occupazione temporanea, che costituisce debito di valuta, senza che la parte ne avesse avanzato specifica richiesta.
Con lottavo motivo di ricorso, il Comune, in realtà, si limita a contrapporsi al terzo motivo del ricorso principale, assumendo che la sentenza di merito, ha correttamente escluso il cumulo di interessi e rivalutazione.
Passando al ricorso incidentale dellI.a.c.p. di P. (che peraltro aderisce al ricorso incidentale del Comune di M., fatta eccezione per i motivi attinenti alla legittimazione passiva), con il primo motivo, denunciandosi violazione e falsa applicazione degli artt.2043 e 2055 c.c., e insufficiente e contraddittoria motivazione, si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto responsabile lI.a.c.p., mentre, al contrario, dovrebbe escludersi ogni partecipazione al procedimento espropriativo e ogni delega alla costruzione dellopera, e con questo lesistenza del dolo o della colpa. Avendo ricevuto la consegna a titolo di detenzione di alcuni spezzoni di terreno, con la futura prospettiva di ottenerne il diritto di superficie, lI.a.c.p. non era certo tenuto ad accertare la legittimità o meno del comportamento dellente espropriante, e in tutta buona fede si accinse allattività materiale di costruzione.
Con il secondo motivo, in subordine al mancato accoglimento del precedente, quandanche si configurasse una limitata responsabilità dellI.a.c.p., avrebbe dovuto riconoscersi la fondatezza della chiamata in garanzia nei confronti del Comune di M., unico autore degli atti espropriativi e delloccupazione dei fondi P., almeno per leccedenza rispetto al costo del procedimento espropriativo quantificato ai sensi dellart. 5 bis 1. 359/92.
Con
il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli
artt.2043 e omessa motivazione su un punto decisivo, poiché la
sentenza impugnata ha fatto carico allI.a.c.p. del
risarcimento del danno per loccupazione anteriore allirreversibile
trasformazione, mentre esso ricevette la consegna dei terreni a
più riprese, e non dallinizio delloccupazione. Non
ha autonomo rilievo la richiesta dellI.a.c.p. di riforma
nella regolamentazione delle spese del giudizio, nellipotesi
di accoglimento del ricorso incidentale, riconducibile a clausola
di stile, più che ad autonomo motivo di doglianza.
Le questioni sottoposte allesame della Sezione richiedono, per la loro complessità, una premessa di metodo, al fine di una logica successione degli argomenti, nellanalisi delle doglianze sollevate dalle parti.
E preliminare la discussione sul punto della legittimità delloccupazione posta in essere dal Comune di M. (e per esso dallI.a.c.p. di P.), poiché da essa dipende la qualificazione del titolo in base al quale gli eredi P. pretendono il risarcimento per la perdita della proprietà, nonché la ricostruzione del ruolo avuto dagli enti che hanno contribuito alla trasformazione del fondo.
Sembra allora prioritario lesame del primo motivo del ricorso incidentale del Comune di M., il quale, sostanzialmente, insiste sullesistenza di un valido titolo alloccupazione del fondo, costituito dal decreto del Sindaco n. 5286/82, che, secondo una corretta interpretazione delle decisioni dei giudici amministrativi che si sono pronunciati sul procedimento espropriativo, sarebbe da ritenere atto valido ed efficace. In particolare, non dovrebbe sottovalutarsi, secondo lamministrazione, il portato della sentenza C.g.a. 28.3.1997, n. 12, che nel ricollegarsi alla precedente 25.10.1988, n. 165, avrebbe escluso un effetto caducatorio relativamente al decreto di occupazione, limitandosi quella decisione ad annullare il decreto 5286/82 solo nella parte in cui respingeva le osservazioni al p.e.e.p..
Il
motivo è infondato.
Il
Comune ricorrente incidentale non nega che la meno recente delle
decisioni citate abbia, tra laltro, annullato la delibera
di adozione ed il decreto di approvazione del p.e.e.p. nella
parte relativa agli immobili oggetto del giudizio, pur se deduce,
dal tenore della decisione più recente, che lannullamento
del p.e.e.p. non comportò lannullamento del decreto di occupazione
e degli atti da esso presupposti e connessi.
Nel
dibattito sulloccupazione appropriativa, e sui multiformi
aspetti della problematica, ancora in divenire, a causa della
latitanza legislativa, vanno inquadrati molti arresti
giurisprudenziali, volti principalmente ad attenuare le
conseguenze di una affermazione sempre più incalzante circa la
normalità del fenomeno, nellesplicarsi della funzione
pubblica, ora che anche in termini di conseguenze economiche, la
perdita della proprietà quale risultato di un fatto illecito
dellamministrazione non assicura la piena reintegrazione
patrimoniale del proprietario, che anche in relazione ai procedimenti
pendenti, può solo pretendere il risarcimento nella misura
ridotta di cui al comma 7 bis dellart. 5 bis.
Il primo risultato di una faticosa risalita verso il recupero di una migliore tutela a favore di chi viene de facto espropriato, è laver sottratto alla legalizzazione dellillecito, perpetrata con lintroduzione del comma 7 bis nellart. 5 bis, le occupazioni neppure assistite da una valida dichiarazione di pubblica utilità, in cui viene financo a mancare il collegamento teleologico tra unoccupazione, ancorché illegittima, e le finalità pubbliche perseguite con la procedura espropriativa al riconoscimento del diritto, per tali ipotesi, ad un risarcimento commisuratO a criteri dintegralità ove non si opti per la restituzione (Cass.16.7.1997, n.6515; 26.8.1997, n.7998; 10.1.1998, n.148), si perviene in virtù del fondamentale passaggio nellevoluzione dellistituto, costituito dallaffermazione del carattere permanente dellilliceità ove sia mancato il formale riconoscimento della pubblica utilità dellopera, con il risultato della imprescrittibilità dellazione di risarcimento (Cass. 4.3.1997, n. 1907). Il riconoscimento dellessenzialità, ai fini del perfezionamento della fattispecie estintivo acquisitiva, della sussistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità (il principio si trova affermato fin da Cass. 18.6.1988, n. 3940), è dato acquisito nellelaborazione pretoria dellistituto (il fenomeno delloccupazione appropriativa è caratterizzato dalla dichiarazione di pubblica utilità dellopera quale suo indefettibile punto di partenza: Cass. 25.11.1992, n. 12546; 15.12.1995, n. 12841), e recepito dalla stessa Corte Costituzionale (Corte Cost. 2.11.1996, n. 369), la quale, anzi, ha giustificato, con il formale apprezzamento dellinteresse pubblico perseguito attraverso la realizzazione dellopera, quellintervento ragionevolmente riduttivo della misura della riparazione dovuta dalla pubblica amministrazione, immediatamente realizzato dal legislatore con lart. 3, 65 comma, 1.23.12.1996, n. 662.
Linoperatività dellistituto delloccupazione appropriativa, in assenza dellindefettibile presupposto del riconoscimento, da parte degli organi competenti, della pubblica utilità dellopera, comporta che il privato, durante lillegittima occupazione, possa fruire dei rimedi reipersecutori a tutela della non perduta proprietà.
Laccertamento
e linterpretazione del giudicato (esterno) formatosi tra le
stesse parti in un giudizio diverso da quello in cui ne è
invocata lefficacia, costituiscono attività
istituzionalmente riservate al giudice di merito, risolvendosi in
un giudizio di fatto censurabile in cassazione solo se siano
stati violati i criteri giuridici che regolano lestensione
ed i limiti della cosa giudicata o se il procedimento
interpretativa seguito non sia immune da vizi logici e
giuridici: è in particolare preclusa alla Suprema Corte lindagine
circa il contenuto sostanziale della pronuncia, la cui
ricostruzione, risolventesi in un apprezzamento di fatto, è
demandata in via esclusiva al giudice di merito (Cass. 28.4.1999,
n. 277/SU).
Occorre
chiarire che nella specie la Corte dappello appare aver
fatto buon governo dei principi suddetti, con motivazione che va
esente da censure: nessuna preclusione da giudicato è
ravvisabile nella ritenuta (dal giudice amministrativo)
legittimità del decreto di occupazione. Lannullamento in
parte qua del p.e.e.p., e della dichiarazione di pubblica utilità
che vi è connessa, secondo la previsione dellart. 9, 1. 18.4.1962
n. 167, sulla acquisizione di aree fabbricabili per ledilizia
economica e popolare, comporta lillegittimità degli atti
successivi del procedimento ablatorio, ivi compreso il decreto
che autorizza loccupazione durgenza,
indipendentemente da specifiche pronunce del giudice
amministrativo su singoli atti.
Né
può sostenersi, come il Comune sembra adombrare, che lapprovazione
del progetto, in base allart. 1 1.reg. sic. 10.8.1978 n. 35,
equivalga a dichiarazione di pubblica utilità: in realtà non può
pretendersi che lassenza della dichiarazione di pubblica
utilità, addebitabile ad un vizio originario della procedura, localizzabile
nello strumento urbanistico tipico di realizzazione dei
programmi di edilizia economica e popolare, possa essere sanata
da un successivo atto della procedura, come lapprovazione
del progetto di opera pubblica, cui la legge attribuisce leffetto
di dichiarazione di pubblica utilità solo qualora valga come
localizzazione in sostituzione di pianificazione attuativa (Cass.
3.12.1997, n. 12242).
Depositando
memoria per la discussione, il Comune di M. prospetta un motivo
di doglianza (approfondito durante la discussione orale) che,
sotto lapparente intento di puntualizzare quanto
emerge dalla sentenza n. 165/88, evidenzia un aspetto
completamente diverso da quanto denunciato nel primo motivo di
ricorso, già esaminato: questo, come detto, volto a conservare
validità e autonomia al decreto che autorizzò loccupazione;
oggi, invece, per la prima volta, si dubita che la parte del p.e.e.p.,
interessata dallannullamento, sia quella concernente gli
immobili dalla cui occupazione e irreversibile trasformazione
scaturisce la richiesta di risarcimento, oggetto della presente
causa. Non vi sarebbe dunque coincidenza tra loggetto
della vicenda giurisdizionale amministrativa riguardante il p.e.e.p.,
e loggetto della presente causa, in cui, spingendo alle
estreme conseguenze la nuova prospettazione del ricorrente
incidentale, gli immobili occupati rimarrebbero oggetto, oltre
che di un decreto di occupazione mai annullato dal giudice
amministrativo, di quella parte del p.e.e.p. (e della
dichiarazione di pubblica utilità cui esso equivale) scampata
allannullamento di C.g.a.s. n. 165/88. La novità dellindicata
doglianza, ne comporta linammissibilità.
Nellipotesi
di illegittimità originaria delloccupazione, linteressato
può avvalersi dellazione di risarcimento per la perdita
definitiva del bene, con il che si viene allesame del primo
motivo del ricorso principale (cui fa fronte, solo
oppositivamente, il terzo motivo del ricorso incidentale), con
cui si lamenta, da parte degli eredi del proprietario de facto
espropriato, linapplicabilità della misura legale del
risarcimento per la perdita della proprietà, stabilita dallart.
5 bis, comma 7 bis, viceversa ritenuta dal giudice
di merito. Il motivo è fondato, e, in corrispondenza, il terzo
motivo del ricorso incidentale è infondato.
Si
è anticipato che ove loccupazione non sia assistita da
una valida dichiarazione dì pubblica utilità, la giurisprudenza
più recente ha ammesso che lazione risarcitoria possa
essere esperita in sostituzione del rimedio restitutorio, ponendo
in essere un meccanismo abdicatorio che non manca di riscontri
nel nostro ordinamento positivo (Cass. 4.3.1997, n. 1907,
cit.), anche perché lordinamento non sembra sancire lobbligatorietà
della reintegrazione in forma specifica (ché anzi, è proprio limpossibilità
della restituzione per superiori ragioni di economia pubblica il
fondamento della negata riconsegna del bene, nella ricostruzione
dellistituto operata dalla giurisprudenza amministrativa:
Cons. Stato, sez. V, 12.7.1996, n. 874).
La
tesi, il cui definitivo approdo, concernente, come si dirà, linapplicabilità
del risarcimento regolamentato di cui allart. 5
bis, comma 7 bis, 1. 359/92, è condivisa da questo
collegio, richiede però una riflessione sul fenomeno delloccupazione
illegittima ab origine, che alla luce degli esiti
giurisprudenziali di cui si è detto, si va delineando, in
buona sostanza, quale ulteriore modo di acquisto della proprietà
a vantaggio dellamministrazione.
Lopzione
del proprietario per una tutela risarcitoria in luogo della pur
possibile tutela restitutoria, comporta unimplicita
rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente
trasformato: ma da ciò non consegue, quale effetto automatico, lacquisto
della proprietà del fondo da parte dellente pubblico. A
differenza dalloccupazione appropritiva, che ormai può
essere ricondotta al fenomeno ablatorio in senso lato, posto che
il legislatore, da sempre restio ad affrontare ex professo la
materia espropriativa, ha ritenuto di regolamentarne non
fosse altro che per esigenze di contenimento della spesa pubblica
- le conseguenze economiche, e che la Corte Costituzionale ha
considerato il fenomeno appropriativo nellambito dellart.
42 Cost.: in Corte Cost. 2 novembre 1996, n. 369, la dichiarazione
dincostituzionalità dellart. 1, comma 65, 1. 28
dicembre 1995 n. 549, che commisurava il risarcimento allimporto
dellindennità espropriativa, è ricondotta anche alla
violazione dellart. 42, secondo comma, Cost. In Corte Cost.
30 aprile 1999, n. 148, che viceversa ha riconosciuto la
legittimità del sistema di liquidazione di cui allart. 5 bis,
comma 7 bis, 1. 59/92, si esclude la violazione dellart.
42 Cost., che dunque viene ancora posto a parametro di riferimento,
nellambito di una considerazione che ammette la possibilità
di diversi regimi espropriativi con diverse forme di
bilanciamento dei contrapposti interessi pubblici e privati.
Per di più, una volta abbattuto il principio del risarcimento
come riparazione necessariamente integrale del danno, il
compenso al proprietario estromesso può legittimamente essere
assimilato, non solo quantitativamente, ma anche nominalmente,
allindennità. Ed è il linguaggio di cui,
realisticamente, fa uso lultima sentenza del giudice delle
leggi: in Corte Cost. 30 aprile 1999, n. 148, cit., richiamandosi
il precedente Corte Cost. 2 novembre 1996, n. 369, cit., si parla
di entità dellindennizzo per lillecito della
pubblica amministrazione e di quello relativo al caso di
legittima procedura ablatoria, e, successivamente, di indennità
in caso di illecito e di procedura legittima dellamministrazione.
In
passato, nella filosofia stessa dellassunzione delloccupazione
appropriativa tra i modi di acquisto della proprietà a titolo
originario (a favore dellamministrazione), era la perdita
del diritto dominicale quale conseguenza del suo stesso
svuotamento di contenuto per linutilizzabilità del suolo
irreversibilmente trasformato, che costituiva lelemento
saliente di distinzione dal procedimento ablatorio rituale. Ora,
anche sul piano delle applicazioni giurisprudenziali, sembra
non essere più la perdita della proprietà a dettare la
consequenziale acquisizione alla mano pubblica, bensì, con
rovesciamento logico dei termini, e riallineamento sullortodossia
dello schema espropriativo, lesigenza e luso a fini
pubblici del bene privato, a determinarne il trasferimento.
Parallelamente allampliamento della concezione
tradizionale di opera pubblica, fino a ricomprendervi ogni
intervento dei pubblici poteri diretto ad ottenere una
modificazione durevole del mondo fisico, loccupazione
appropriativa è ravvisabile anche laddove lattività di
trasformazione dellente pubblico non si sia necessariamente
estrinsecata nella realizzazione di costruzioni in senso tecnico
(Cass. 3 aprile 1997, n. 2897; 15 luglio 1999, n. 394/SU) , o
nella profonda modificazione materiale del bene, che gli faccia
assumere struttura, forme e consistenza diverse (Cass. 12
agosto 1997, n. 7532; 27 maggio 1999, n. 5166), bastando che
nel conflitto con linteresse privato del proprietario debba
riconoscersi prevalenza allinteresse pubblico realizzato
attraverso lesecuzione dellopera pubblica che pur non
comporti trasformazioni fisiche irreversibili. Lelemento
saliente dellintera vicenda acquisitiva risiede dunque
nello stesso presupposto dellespropriazione: la
dichiarazione di pubblica utilità. Loccupazione
appropriativa è caratterizzata quale suo indefettibile
punto di partenza, da una dichiarazione di pubblica utilità dellopera
e quale suo indefettibile punto di arrivo dalla realizzazione
dellopera medesima (Cass. 18.6.1988, n. 3940, cit.).
La fattispecie appropriativa costituisce comunque violazione del
principio di legalità, ma latto di destinazione della
proprietà al raggiungimento di uno scopo pubblico diviene
scriminante dellillecito.
Lattrazione
dellistituto di creazione giurisprudenziale nellambito,
se non della liceità, ma almeno della legalizzazione degli
effetti, comporta che lattività manipolatrice del bene
altrui nella sua materialità, al di fuori di ogni preventiva
delibazione della pubblica finalità dellopera, debba
essere analizzato secondo una logica differente, che sposti laccento
dallacquisizione del bene alla mano pubblica, alla
considerazione del comportamento delloccupante. Se le
definizioni che nel tempo contraddistinguono listituto oggi
regolato dallart. 5 bis, comma 7 bis, da
espropriazione sostanziale, ad occupazione acquisitiva, da
accessione invertita ad occupazione appropriativa, hanno
sottolineato, quale elemento saliente, il connotato effettuale
dellassunzione del bene alla mano pubblica, pur se come
conseguenza dello svuotamento, e quindi la perdita del diritto dominicale,
linvasione e la manipolazione del fondo privato, non
assistite da valida dichiarazione di pubblico interesse,
polarizza lanalisi del fenomeno sullattività in sé
di colui che si intromette in re aliena, senza peraltro
che lo status soggettivo delloccupante possa
rivestire una qualche rilevanza.
In
assenza di un dato storico, nella ricostruzione della vicenda, al
quale assegnare lidoneità ad assurgere a modo di
acquisto della proprietà pubblica, il fenomeno va connotato
semplicemente in base allimpossessamento perpetrato dalloccupante
e alle modalità di trasformazione fisica del dominium alienum.
Ove
difetti la dichiarazione di pubblica utilità, la semplice
utilizzazione del bene pubblico non può valere a trasformare
in esercizio di potestà amministrativa né liniziale
apprensione né la successiva manipolazione: la prevalenza dellinteresse
pubblico sulle interesse privato deve risultare da uneffettiva
valutazione e ponderazione compiuta dalla competente autorità
amministrativa, esternata in atti tipici del procedimento
amministrativo.
Delloccupazione regolata dallart.71, primo comma, seconda parte, della 1.359/1865, è stato sottolineato il carattere preliminare, come anticipazione de gli effetti del provvedimento ablativo. Quandanche venga a mancare il decreto di esproprio, il periodo di legittima occupazione consente unattività di manipolazione della realtà fisica che, diversamente, solo la preventiva acquisizione del bene privato alla mano pubblica potrebbe consentire. In mancanza di quel collegamento teleologico tra loccupazione e le finalità pubbliche perseguite con la procedura espropriativa, che costituisce presupposto comune di legittimità delloccupazione e dellespropriazione, gli effetti dellingerenza in re aliena non possono anticipare i risultati di alcuna legittima procedura, di cui mancano i presupposti. La trasformazione perpetrata dallente pubblico occupante sulla base di una dichiarazione di pubblica utilità invalida (anche se annullata ex post dal giudice amministrativo), resta fine a sè stessa.
Loccupazione preliminare si pone come passaggio del procedimento espropriativo, nella cui struttura s incardina fino a divenire un sub-procedimento dellespropriazione, tanto che lindennità della prima deve necessariamente commisurarsi alla seconda (Cass. 20.1.1998, n. 493), anche se alla fine limmobile venga acquisito dallente pubblico in mancanza di un decreto ablatorio finale (Cass. 7.11.1998, n. 11228).
Nelloccupazione
che, per convenzione, potremmo de finire usurpativa,
il giudice si occupa della domanda risarcitoria del proprietario
sotto laspetto delle non consentite trasformazioni che loccupate
abusivo abbia apportato al fondo. Ma lacquisizione del bene
alla mano pubblica resta estranea alla fattispecie, e
dipendendo da una scelta del proprietario usurpato, è inquadrabile
in una vicenda logicamente e temporalmente successiva alla
definitiva trasformazione del fondo, e se può ipotizzarsi un
modo di acquisto della proprietà a titolo originario, esso non
ha carattere accessivo (artt. 934 c.c.), ma seminai occupatorio
in relazione ad un bene che è un novum nella realtà
giuridica (in analogia allart. 942 c.c.), ove non rileva
la destinazione a soddisfare una pubblica utilità, giacché
qui neppure può porsi questione di bilanciamento di interessi.
Ove
si passi alla fissazione di criteri per la liquidazione del danno,
la piena reintegrazione del patrimonio del danneggiato simpone
come regola generale in conseguenza della connotazione del
comportamento del soggetto pubblico quale ordinario fatto
illecito generatore di danno, anche a sottolineare la distanza
concettuale rispetto agli istituti espropriativi, occupazione
appropriativa compresa.
Il
parametro di liquidazione è costituito dal valore di mercato
del bene, non già sul presupposto di un suo trasferimento, bensì
esclusivamente come perdita di utilità per il proprietario: lattività
manipolatrice del bene appare aver compromesso la realtà
materica ed economica del fondo, fino a cancellare ogni possibile
utilizzabilità connessa alla qualità del soggetto privato
titolare del diritto.
Lart.
5 bis, comma 7 bis, resta inapplicabile: il
legislatore, nel dettare questa norma, ha voluto riferirsi
esclusivamente al concetto delloccupazione appropriativa,
non potendosi dubitare che il riferimento alle occupazioni
illegittime di suoli per causa di pubblica utilità intenda
esprimere un collegamento teleologico con le finalità perseguite
a mezzo della procedura espropriativa. Vengono meno le ragioni,
pure evidenziate dalla giurisprudenza costituzionale (Corte
Cost. 30.4.1999, n. 148) per derogare alla regola generale
di integralità della riparazione ed equivalenza del pregiudizio
cagionato al danneggiato. Ed il risarcimento per il fatto
illecito consistente nella trasformazione del fondo, senza che
ricorra una causa di pubblica utilità, non può che essere
commisurato al valore pieno del terreno perduto (Cass. 16.7.1997,
n.65156; 26.8.1997, n.7998; 10.1.1998, n.148; 10.7.1999, n. 7268).
La
qualificazione del carattere illegittimo delloccupazione ab
origine preclude qualsiasi questione circa la durata delloccupazione,
oggetto del quarto motivo del ricorso incidentale. Che è
consequenzialmente infondato, non potendosi fare questione di
durata biennale o quinquennale delloccupazione, per il
semplice motivo che manca il presupposto fondamentale per la
configurabilità stessa delloccupazione durgenza
prevista dallart. 71 1. 2359/1865. La domanda del proprietario
è qualificabile come azione di danni, per cui va esclusa la
competenza della Corte dappello in unico grado.
Lillegittimità originaria delloccupazione, che comporta la risarcibilità del danno a valore pieno, induce il ricorrente incidentale a prospettare una questione di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che è oggetto del secondo motivo. Esso si rivela infondato. Si tratta di doglianza fatta valere anche nel giudizio di secondo grado, e per la quale vanno condivise le considerazioni della Corte dappello di P., restando dunque la pronuncia impugnata immune da censure sul punto. Il P. introdusse la causa davanti al Tribunale di P. chiedendo il risarcimento per la perdita della proprietà del fondo: nellesposizione delle circostanze di fatto, in corso di causa, venne altresì prospettata lillegittimità del piano alla cui approvazione è connesso il riconoscimento istituzionale del pubblico interesse alla realizzazione dellopera, e venne altresì comunicato lesito del giudizio amministrativo davanti alla C.g.a. (sentenza n. 165/88).
Nel regime dellart. 184 c.p.c., come dellart. 345 c.p.c., anteriormente alla riforma, è da ritenere consentito aggiungere alloriginaria causa petendi un diverso elemento di fatto, ove ciò non implichi limmutazione dei fatti materiali posti a base della domanda, o unalterazione delloggetto sostanziale dellazione, ma comporti solo una diversa interpretazione o qualificazione dei fatti stessi (Cass. 27.3.1984, n. 2023; 10.5.1980, n. 3084), tanto più se la modifica sia indotta da un evento necessariamente collegato con la situazione processuale, sopravvenuta alla proposizione della domanda (Cass. 29.9.1998, n. 9731).
Nella specie la domanda ha per oggetto il risarcimento per la perdita della proprietà, in assenza di rituale procedimento di esproprio, e tale è rimasta nello sviluppo delle fasi processuali: in particolare non è stato modificato il petitum, che è costituito, nellatto introduttivo, come nelle conclusioni davanti al Tribunale, dal risarcimento commisurata al valore di mercato del terreno occupato. Non è dubbio però che la causa petendi si sia accresciuta di un ulteriore elemento, il venir meno della dichiarazione di pubblica utilità, che è evidente sia stata intenzione della parte far valere, per il fatto stesso che, contestualmente alla richiesta di risarcimento per la perdita della proprietà, i P. chiedono il risarcimento del danno per loccupazione anteriore allirreversibile trasformazione del fondo. Lassenza dei requisiti di legittimità della procedura espropriativa è da ritenere acquisita al processo, in particolare lavvenuto annullamento della dichiarazione di pubblica utilità, e di essa il giudice ha correttamente tenuto conto quale elemento costitutivo dellazione.
Il tema del risarcimento per la perdita del bene non può dirsi con questo esaurito, dovendosi affrontare la questione concernente il compenso per loccupazione che ha preceduto lirreversibile trasformazione, che è oggetto del secondo motivo del ricorso principale: per connessione va qui affrontato anche il limitato profilo di doglianza di cui al sesto motivo del ricorso incidentale, concernente la riconoscibilità stessa di un pregiudizio.
Alla
pretesa dei ricorrenti in via principale dì commisurare al
valore venale il compenso per il mancato godimento del bene per
il lasso di tempo che va dallo spossessamento fino allirreversibile
trasformazione del fondo, in cui si verifica la perdita della
proprietà, si contrappone la tesi del ricorrente incidentale,
che nega lesistenza stessa di un pregiudizio per il mancato
godimento dellimmobile, a causa della dedotta improduttività
del fondo occupato.
Si
è sopra anticipato che per loccupazione non preceduta da
istituzionale apprezzamento del pubblico interesse, si sfugge
alla logica di uno schema di ricostruzione imperniato sullacquisizione
del bene da parte dellamministrazione, che dunque va
compensato come tale, e rispetto al quale loccupazione
costituisce funzionale anticipazione di effetti che, pur
richiedendo un indennizzo commisurato al primo, rimane
concettualmente autonoma. Nel fenomeno dellusurpazione, la
centralità del problema è costituita dalloccupazione in
cui viene apprestata lattività di trasformazione del bene.
Lo
svuotamento delle possibilità di utilizzazione del bene, per
effetto della condotta distruttrice del terzo, è loggetto
dellattività stessa concepita per fasi successive, dallo
spossessamento a danno del proprietario, attraverso la
progressiva trasformazione fisica, fino a cagionarne la
soppressione di ogni possibilità presente e futura di
intervento circa la destinazione della res verso
qualsiasi impiego difforme da quello impressogli dalloccupante.
Loperazione logica di distinguere, peraltro ricorrendo ad
una fictio che pure è stata oggetto di critiche, tra
occupazione e trasformazione, era dettata, nella teoria delloccupazione
appropriativa, dal carattere legittimo della prima, che
sconfinava nellillegalità della seconda, ritardandone
perfino gli effetti alla scadenza, ove la trasformazione fosse già
intervenuta. Nelloccupazione usurpativa, la
progressiva consumazione dellillecito, dalla privazione
del possesso, alla distruzione della cosa oggetto del diritto,
non è scindibile, neppure ricorrendo ad una fictio, anche
se fino al momento della perdita del bene è ben invocabile la
tutela restitutoria. Loccupazione è essa stessa esecuzione
di una condotta volta a trasformare il bene, e dunque costituisce
illecito permanente, che consente una tutela restitutoria fino al
momento in cui, presa coscienza sostanziale azzeramento del bene
in ogni ipotizzabile prospettiva dì utilizzo privato, il
proprietario non ritenga di invocare la tutela risarcitoria,
rinunciando implicitamente al proprio diritto.
La peculiarità
della condotta illecita volta alla trasformazione del fondo non
può configurarsi secondo lo schema espropriativo tipico che
notoriamente si sdoppia in una occupazione temporanea preliminare
e in un momento ablatorio, cui corrispondono voci di credito
distinte e autonome secondo proprie regole. In assenza di
dichiarazione di pubblica utilità rileva limmissione in
possesso in funzione della trasformazione, ovvero una condotta
generatrice di un danno progressivo nel suo divenire e
definitivo nel momento in cui il proprietario opti per la
rinuncia al proprio diritto piuttosto che per la restituzione. Il
danno viene liquidato in un somma corrispondente al valore venale
del bene nel momento in cui ne è localizzabile lannullamento
fisico-giuridico e, per il lasso di tempo di progressiva
trasformazione, con gli interessi al tasso legale allepoca
vigente sullimporto come sopra stabilito. Limporto
complessivo concreta obbligazione di valore, siccome derivante da
fatto illecito, ed è soggetto a rivalutazione. Per il periodo
antecedente la definitiva trasformazione, non vale osservare,
come da sesto motivo del ricorso incidentale, che il danno
sarebbe escluso dallimproduttivita del terreno. Tale
assunto si rivela infondato nella sua categoricità, considerando
che la perdita del godimento dellimmobile integra di per sé
-indipendentemente dalle caratteristiche e dallutilizzo
contingente del fondo - un evidente danno, non fosse altro che
per un condizionamento alle facoltà inerenti al diritto
dominicale, come compressione dellutilizzo, anche
potenziale, del fondo, e delle possibilità di disposizione
alle migliori condizioni (Cass. 25.6.1980, n.3985).
La
doglianza dei ricorrenti principali, di cui al secondo motivo,
appare invece fondata, nei limiti delle considerazioni che si
sono svolte, ovvero senza che loccupazione che precede la
perdita della proprietà assuma autonoma rilevanza agli effetti
indennitari, ma solo come compenso accessorio e anticipatorio
rispetto al risarcimento per la perdita del bene. Anche in
rapporto alla pretesa di un risarcimento per loccupazione
illegittima, il ricorrente incidentale, con la proposizione del
sesto motivo (di cui si è già esaminato un aspetto,
riscontrandosene linfondatezza), ravvisa la violazione
dellart. 112 c.p.c. Anche tale motivo è infondato. Come
si è rilevato, il risarcimento non può essere
artificiosamente frazionato, trattandosi di riparazione di un
danno che è concettualmente unico, e la domanda di riparazione
per equivalente è comprensiva degli effetti dellillecito
nella sua interezza. Inoltre, come anche il giudice di merito ha
rilevato, latto introduttivo della lite non mancò di
qualificare illegittima loccupazione del bene, e come
azione di danno liniziativa intrapresa (nelle conclusioni
si chiede condannarsi i convenuti al risarcimento del danno
per loccupazione prima dellacquisizione), di
guisa che lattribuzione del compenso per la sottrazione
del godimento del bene non può che esser caratterizzata,
parallelamente a quanto sopra argomentato in tema di risarcimento
per la forzata perdita del bene, dalla circostanza di fatto
evidenziata agli atti di causa, dellannullamento della
dichiarazione di pubblica utilità, e del venir meno ex tunc
del titolo allapprensione del bene. Nè può trarre in
inganno luso improprio del termine indennità di
occupazione, oltre che nella motivazione della sentenza
impugnata, in cui si qualifica però, correttamente, la pretesa
come risarcitoria, e nel dispositivo si condanna al risarcimento
dei danni per loccupazione illegittima, anche nel
ricorso principale. Il tenore della doglianza, come della pretesa
originariamente azionata, è caratterizzato dalla considerazione
del carattere illegittimo delloccupazione, e di
conseguenza non può equivocarsi sullaspettativa ultima del
richiedente: del resto la categoria indennità è
da intendere in senso ampio, come prestazione patrimoniale
dovuta per il sacrificio, consistente nella diminuzione o lesione,
di un altrui interesse.
Lultrapetizione
è ravvisata dal ricorrente incidentale anche sul carattere
limitato dellattribuzione indennitaria pretesa dai
proprietari, sul presupposto dichiarato dagli stessi, di una
durata biennale delloccupazione. Anche tale profilo va
disatteso, sia, fondamentalmente, per il carattere unitario del
danno, sia perché il giudice dappello, appare avere
implicitamente - ma correttamente - interpretato la domanda
come relativa a tutto il periodo in cui si è svolta lindebita
ingerenza dellamministrazione nella proprietà privata,
ovvero dal luglio 1982, allaprile 1986, data in cui si è
accertata lirreversibile trasformazione del fondo. La
domanda originariamente introdotta mirava a conseguire il
risarcimento non solo per loccupazione del fondo
protrattasi vanamente per due anni, ma più in generale a
farsi risarcire del danno per lillegittima
occupazione ed appropriazione del terreno: nelle
conclusioni, poi, si chiedeva il risarcimento del danno per
loccupazione durata prima dellacquisizione due anni.
Loggetto sostanziale della domanda era quindi costituito
dalla compensazione per la perdita del godimento dellimmobile
per il periodo antecedente lacquisizione del fondo per
via di irreversibile trasformazione: che il proprietario riteneva
durata, presumibilmente, due anni, senza che in ciò possa
ravvisarsi unautolimitazione della pretesa.
Laccertamento
di una diversa data di esaurimento dei lavori di realizzazione
dellopera pubblica, ha indotto il giudice dappello,
peraltro in riforma della sentenza del Tribunale, a liquidare
il danno in favore degli appellati per il periodo delloccupazione
dei beni precedente la loro irreversibile trasformazione.
Venendo
ora alla questione concernente le prestazioni accessorie allobbligazione
risarcitoria, oggetto del terzo motivo del ricorso principale e
dellottavo del ricorso incidentale, va ricordato che loccupazione
del terreno senza preventivo riconoscimento del fine pubblico,
con una manipolazione tale da indurre il privato ad invocare il
risarcimento per equivalente rinunciando alla restituzione,
trae origine da comportamento illecito delloccupante, che
crea diritti risarcitori, con decorrenza degli interessi dalla
data dellillecito (Cass. 20.1.1998, n. 494; 4 maggio 1995,
n. 4853). Si tratta di obbligazione di valore, in cui va tradotto
in moneta, per equivalente, il valore del bene al momento del
fatto (aestimatio), e la risultante somma sottoposta a
rivalutazione fino alla data della sentenza (taxatio).
Sulla somma rivalutata possono riconoscersi, quale lucro
cessante, gli interessi, con decorrenza dalla data del fatto
illecito. Questi, a differenza della rivalutazione, che mira a
ripristinare la situazione del danneggiato quale era
anteriormente al fatto illecito generatore del danno, hanno
natura compensativa per il depauperamento a carico dì non
riceve a tempo debito la disponibilità della somma, successivamente
alla consumazione dellillecito: danno che non essendo
presunto per legge, deve risultare provato, oltre che allegato,
e liquidato, non necessariamente al tasso legale, mediante lutilizzo
di criteri equitativi. Occorre precisare in proposito, sulla
scorta delle indicazioni di Cass. 17 febbraio 1995, n. 1712, che
gli interessi liquidati al proprietario sulla somma attribuita
a titolo di risarcimento del danno per la perdita della proprietà,
non possono essere calcolati dalla data dellillecito
sulla somma liquidata per capitale e rivalutata al momento della
decisione, ma devono essere computati con riferimento ai singoli
momenti riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si
incrementa nominalmente, per effetto dei prescelti indici di
valutazione (Cass. 26 agosto 1997, n. 7998; 3.1.1998, n. 13),
ovvero in base ad un indice medio (Cass. 5 agosto 1997, n. 7192)
. Gli interessi debbono essere applicati su una somma unica,
comprensiva della perdita del bene e degli interessi per il
mancato godimento prima della perdita del bene. Il terzo motivo
del ricorso principale è dunque fondato, mentre è infondato lottavo
motivo del ricorso incidentale.
In
ordine alla censura di ultrapetizione, oggetto del settimo motivo
di ricorso, per lattribuzione degli interessi (non
richiesti) sulla liquidata indennità di occupazione, essa si
rivela infondata alla luce della natura stessa dellattribuzione
patrimoniale riconosciuta al proprietario spossessato, che
compensa il danno per un fatto illecito. A differenza degli interessi
sulle indennità espropriative, quelli che accedono al
risarcimento del danno per la perdita della proprietà, ne
integrano una componente che nasce dallo stesso fatto generatore,
e dunque sono da intendere ricompresi nella domanda di
risarcimento integrale (Cass.19.5.1998, n. 498515568; 6.11.1998,
ti. 11190).
Si viene, da ultimo, alla ricostruzione del ruolo avuto dagli enti (Comune di M. e I.a.c.p. di P.) che hanno contribuito alla trasformazione del fondo, al fine della definizione delle rispettive responsabilità (quinto motivo del ricorso del Comune, primo e terzo dellI.a.c.p.), anche in considerazione della domanda di rivalsa spiegata dallI.a.c.p. nei confronti del Comune, disattesa dalla Corte dappello, con argomentazione censurata in questa sede dallo stesso I.a.c.p. (secondo motivo di ricorso).
Nellipotesi
di collaborazione di più enti alla realizzazione dellopera
pubblica, qualora loccupazione di urgenza risulti ab
initio illegittima (in particolare nel caso in cui sia stato
pronunciato lannullamento della dichiarazione di pubblica
utilità da parte del giudice amministrativo), tutta lattività
svolta nel corso dellindebita trasformazione del fondo altrui,
da chiunque esplicata, risulta, conseguentemente, illegittima,
ove causalmente collegata al danno, nonché fonte di
responsabilità per gli autori, tenuti al relativo risarcimento
ai sensi degli artt.2043 e 2055 cod. civ. (Cass. 24.3.1999, n.
2773). Pertanto, con la responsabilità dellente
espropriante concorre quella degli enti delegati alla
costruzione dì edifici sul suolo occupato qualora, nel
comportamento di chi perseveri nelloccupazione del terreno
e nella costruzione dei manufatti, pur essendo a conoscenza della
prospettata illegittimità delloccupazione, possano
individuarsi tutti gli elementi della responsabilità aquiliana (condotta
attiva od omissiva, elemento psicologico della colpa, danno,
nesso di causalità tra condotta e pregiudizio), a prescindere
dal fatto che lopera eseguita entri o no nel patrimonio
dellautore della condotta illecita (Cass. 5.11.1997, n.
10840).
Elementi
che, come messo in evidenza dal giudice di merito, ricorrono nel
caso di specie, in cui è ravvisa bile un illecito a carattere
permanente, anche tenendo conto, sotto il profilo della
consapevolezza della illiceità della condotta, che dalla
pendenza, nota ad entrambi i ricorrenti incidentali, già
anteriormente allirreversibile trasformazione dei terreni,
di giudizi amministrativi sulla denunciata illegittimità del p.e.e.p.,
emerge la negligenza nel voler proseguire loccupazione e
nel trasformare il terreno.
Dal
che discende linfondatezza del quinto motivo di ricorso del
Comune di M. e del primo motivo del ricorso dellI.a.c.p. di
P..
Riguardo
al secondo motivo di ricorso incidentale I.a.c.p., concernente lazione
di rivalsa da questo esercitata nei confronti del Comune, la
sentenza impugnata esclude un obbligo di garanzia dellente
territoriale a favore del ricorrente, per la peculiarità
del caso concreto, caratterizzato dalla identificabilità
delle specifiche responsabilità dellente delegato, limitate
allesecuzione delle opere di una parte soltanto della
superficie complessivamente occupata (33,4%).
Il diritto di rivalsa nei confronti del comune del danno asseritamente sofferto dallente costruttore che sia stato riconosciuto responsabile della trasformazione del terreno e condannato a risarcire il danno al proprietario del suolo occupato, deve essere accertato, caso per caso, sulla base del contegno tenuto dalle parti (in particolare, dallente territoriale) e con riferimento, anche ai fini della liquidazione del danno, agli obblighi, in concreto assunti e sussistenti, dei contraenti e, quindi, alle cause dellinadempimento (Cass. 23.3.1995, n. 3393). Alla luce del principio ora enunciato, la sentenza impugnata, che si limita ad assumere lindisponibilità della convenzione ex art. 35 1. 22.10.1971 n. 865 tra il comune e lente costruttore di alloggi di edilizia residenziale pubblica, in quanto non prodotta in giudizio, appare carente di motivazione: il giudice di merito, avendo accertato una compartecipazione ai fatti da parte dei due enti (conseguendone una responsabilità solidale), pur limitatamente ad una frazione dellillecito, omette di considerare in parte qua le singole colpe, ai fini della regolamentazione dei rapporti interni, resa necessaria dal regresso esercitato da uno di essi.
Con riguardo al terzo motivo del ricorso incidentale I.a.c.p., esso appare fondato poiché, pur nella limitazione della responsabilità dellistituto ad una sola parte dei terreni occupati e manipolati, il giudice di merito, ferma restando la corresponsabilità per la radicale trasformazione, dalla quale è derivata la perdita della proprietà, non si è dato carico di esaminare le deduzioni concernenti la successione ne tempo degli interventi I.a.c.p., e dunque la solo parziale corresponsabilità per loccupazione, intervenuta a più riprese in virtù di consegne ripartite di frazioni del terreno da parte del Comune, e non interamente ab origine. La sentenza impugnata applica il principio di solidarietà, in modo generalizzante, anche riguardo allattribuzione al danneggiato di una voce di credito concernente loccupazione illegittima. Pur nella diversa caratterizzazione del debito risarcitorio, che è unitario, il riconoscimento degli interessi compensativi sul valore del fondo, a decorrere dalla data dello spossessamento, per lunitaria liquidazione del risarcimento, fa prospettare la possibilità QL una limitazione dellapporto causale dellI.a.c.p., distinto dal risarcimento per la perdita della proprietà, in cui, diversamente, sussiste corresponsabilità salva graduazione di colpe, nel rapporto interno).
La sentenza di merito va dunque cassata con rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Corte dappello di P., la quale si atterrà ai seguenti principi di diritto, provvedendo anche sulle spese di questo giudizio:
-
il risarcimento per il fatto illecito consistente nelloccupazione-trasformazione
del frodo, che svuotando il diritto di proprietà, induca il
privato a rinunciare al bene, senza che ricorra una causa di
pubblica utilità per essere stato annullato il p.e.e.p. che ad
essa equivale, va commisurato al valore pieno del terreno,
restando inapplicabile il criterio di liquidazione dellart.
5 bis, comma 7 bis, 1.8.8.1992 n.359;
-
loccupazione del fondo di proprietà privata, non assistito
da valido titolo, per illiceità dellintera procedura
ablatoria in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, fa
venire meno la logica dellindennizzo regolamentato, ed
essendo configurabile un unico fatto illecito generatore di danno,
consistente nella progressiva trasformazione del fondo fino al
completo svuotamento del diritto di proprietà, il risarcimento,
sganciato dalla logica espropriativa, segue la regola generale
della integralità della riparazione e della equivalenza del
pregiudizio cagionato al danneggiato, e, imponendo una
valutazione ispirata a criteri di concretezza, va commisurato
al valore di mercato del bene con riferimento al momento in cui
la trasformazione fisica ha determinato la perdita del diritto
dominicale, con gli interessi compensativi per il periodo
precedente, a partire dalla data dello spossessamento;
-
la necessitata rinuncia alla proprietà del fondo, che consegue
alloccupazione in cui sia stata perpetrata la radicale
trasformazione con perdita dellidentità fisica e giuridica
del bene, trae origine da comportamento illecito delloccupante,
che crea diritti risarcitori: trattandosi di obbligazione di
valore, in cui va tradotto in moneta, per equivalente, il valore
del bene al momento del fatto (aestimatio), la risultante
somma sottoposta a rivalutazione fino alla data della sentenza (taxatio),
sulla rivalutazione somma unitaria, comprensiva della perdita del
bene e degli interessi per il mancato godimento prima della
perdita del bene, possono riconoscersi, quale lucro cessante (che
deve essere oggetto di prova, anche ricorrendo a presunzioni
semplici), gli interessi, con decorrenza dalla data della
definitiva trasformazione, non necessariamente commisurati al
tasso legale, mediante lutilizzo di criteri equitativi, e
computati con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali
la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente,
per effetto dei prescelti indici di valutazione, ovvero in base
ad un indice medio;
- il diritto di
rivalsa nei confronti del Comune del danno asseritamente sofferto
dallente costruttore che sia stato riconosciuto
corresponsabile della trasformazione del fondo e condannato a
risarcire il danno al proprietario del suolo occupato, deve
essere accertato caso per caso sulla base del contegno tenuto
dalle parti (in particolare, dallente territoriale), in relazione
alle rispettive colte, e con riferimento, anche ai fini della
liquidazione del danno, agli obblighi, in concreto assunti e
sussistenti, dei contraenti e, quindi, alle cause dellinadempimento;
- ferma
restando la corresponsabilità per la radicale trasformazione,
dalla quale è derivata la perdita proprietà, ove sia dedotto,
ai fini dellaccertamento di una corresponsabilità dellI.a.c.p.
delegato, che questo non ha occupato il terreno dallorigine,
ma in successione temporale, a pii riprese in virtù di consegne
ripartite di frazioni del terreno da parte del Comune, e non
interamente ab origine, occorre tener conto, stante lattribuzione
al danneggiato degli interessi compensativi sul valore del
fondo a decorrere dalla data dello spossessamento, iella
possibilità di una limitazione dellapporto causale dellI.a.c.p..
P.Q.M.
La Corte,
riuniti i ricorsi, accoglie per quanto di ragione il
ricorso principale. Rigetta il ricorso incidentale del Comune di
M.. Accoglie per quanto di ragione il ricorso incidentale I.a.c.p..
In relazione alle censure accolte cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte dAppello
di P.
Così deciso in
Roma, il 18.11.1999.